«Il Signore, Dio degli eserciti, manderà una peste contro le sue più valide milizie; sotto ciò che è sua gloria arderà un incendio di fuoco» (Is 10, 16). Nel cosiddetto Libretto dell’Emmanuele che abbraccia i capitoli 7-12 del profeta Isaia, è contenuta un’invettiva di Jahwé contro il re dell’Assiria, probabilmente Sennacherib e la sua invasione del 701. Senza saperlo questo re diventa nelle mani di Dio uno strumento per eseguire i suoi giudizi sul popolo d’Israele, una “verga del suo furore”. Ciò non toglie però che, pur non essendo cosciente del suo ruolo e della sua missione, il re di Assiria non abbia responsabilità, soprattutto in ordine al suo orgoglio. Infatti la Parola di Dio lo tratteggia come colui che si sente super intelligente, che rimuove i confini delle genti, che scava la ricchezza dei popoli, che mette a tacere tutto e tutti. Al Signore non piace la sfrontatezza di questo orgoglio: punirà il suo operato e la sua alterigia boriosa con la peste contro le sue milizie, quelle più valide, e metterà un fuoco sotto la sua gloria. La Sapienza di Dio torna puntualmente in ogni circostanza della vita del suo popolo di ieri e di oggi per combattere e punire le sbavature dovute ai facili ed illusori momenti di gloria, anche quando qualcuno si sente latore di una missione ben precisa. Dinanzi agli occhi di Dio ciò che conta è ciò che si è e non ciò che si ha. Bisogna sempre rapportarsi a Lui che abbatte i superbi ed innalza gli umili. Ciò determina anche l’opportuno buonsenso che non deve mai mancare nel parlare e nell’agire, anche quando si ha coscienza di essere strumento di bene, di annunzio, di punizione o di salvezza per gli altri. P. Angelo Sardone