«Date mano alla falce, la messe è matura; pigiate, il torchio è pieno e i tini traboccano: grande è la loro malvagità!» (Gio 3,13). Fa un certo effetto leggere parole di questa portata pronunziate direttamente dalla bocca di Dio con la mediazione dell’incauto profeta che si presta a farsi comunicatore di un avvertimento impressionante. Le suggestive immagini tratte dalla natura e dalla vita dei campi, tipiche del nomadismo di Israele, evocano la situazione particolare di un popolo sempre restio alla fedeltà vera, alla perseveranza nel bene, facilmente ammaliato dalle situazioni e convenienze abitative o allertato dalla paura incombente dei popoli vicini. La misericordia di Dio si esprime come giudizio e giustizia in un giorno ed un luogo preciso: la valle di Giosafat, valle della Decisione e il giorno del Signore. La valle di Giosafat nel contesto biblico è la sede del giudizio apocalittico di Jahwé. Il giorno del Signore secondo come già Amos aveva profetato, è giorno di tenebre e di oscurità, giorno di ira feroce che renderà desolata la faccia della terra. Il quadro della profezia odierna è fosco e decisamente pauroso: sono compromessi e coinvolti gli astri del cielo; la voce di Dio diviene come un ruggito di leone. Egli è comunque rifugio e fortezza per chi confida in Lui. Sono sempre attuali queste considerazioni che superano il tempo e delineano la vigilanza di Dio sull’intera umanità. Anche se l’uomo d’oggi non pensa facilmente a queste cose, sono gli stessi avvenimenti a richiamarlo al realismo della precarietà delle cose e della conclusione della vita, sottoposta così minacciosamente alla paura della fine e del giudizio di Dio. P. Angelo Sardone