Temi diversi, senza ordine e volte anche con ripetizioni, sono affrontati con quadri raggruppanti e in modo non organico nel libro del Siracide, un testo deuterocanonico del Vecchio Testamento. Il libro fu definito da S. Cipriano “Ecclesiastico” perché era di uso ufficiale nella Chiesa. In esso, in particolare, la sapienza viene identificata con la legge proclamata da Mosè. A questo libro fa riferimento spesso la Lettera di Giacomo. Un passaggio interessante di autentica sapienza è senz’altro una sentenza antica quanto nuova alla quale farà riferimento anche Gesù: il frutto manifesta con chiarezza la bontà di un albero, la sua coltivazione, la cura ad esso praticata. In maniera analoga la parola rivela i pensieri del cuore: tra una parola pronunziata e l’origine del pensiero, la mente, si trova il cuore. Dalle radici dell’essere si spande la linfa ed il frutto prende consistenza. Se le radici sono buone, se è altrettanto valida la linfa, il frutto non può che essere buono. Tutto dipende da come l’albero è coltivato, dalla cura giornaliera che si pone, lasciando che la stagione e la natura faccia il suo corso. La parola sta al cuore, come il frutto sta all’albero: l’uguaglianza di questi due rapporti trova nella vita spirituale una sponda vigorosa. Se si pratica bene la vita di fede, irrorata dalla grazia dei sacramenti, coordinata da parole che si traggono dalla Parola di vita e ne sono frutto, i risultati saranno positivi e rigogliosa la raccolta. Le false apparenze, facili da mostrare attraverso tutti i canali della notorietà, sono scalzate dalla verità e dalla fecondità del frutto. Nel setaccio della coscienza rimarranno i rifiuti destinati allo scarto ed al fuoco. P. Angelo Sardone