314. «Il Dio che voi adorate senza conoscerlo, io ve l’annunzio» (At 17,23). Proseguendo la sua predicazione, lasciati Timoteo e Silvano a Berea vicino Tessalonica ai piedi del monte Olimpo in Grecia, Paolo giunge ad Atene, una città idolatra e curiosa che, nonostante non avesse molti abitanti, portava ancora i segni della sua antica grandezza nei templi, nei monumenti ed ancor più nell’essere il centro della formazione filosofica di allora. Paolo parla con tutti e predica apertamente, ma viene giudicato come seminatore di chiacchiere e predicatore di divinità straniere. Gli ateniesi sono attratti da queste novità che ritengono passatempi. Giunge intanto all’Areopago, su una collina dove poteva discutere con più calma lontano dalla folla. Intesse allora una interessante ed intelligente catechesi proposta ad un ambiente pagano ma colto. Si adatta alla situazione citando poeti e filosofi e facendo riferimento alla religiosità del popolo riscontrata nei monumenti sacri e particolarmente in un altare dedicato “al Dio ignoto”. Paolo annunzia proprio quel Dio ignoto, creatore del mondo, che non abita in costruzioni fabbricate da uomini, che dà respiro e vita a tutti, facendo un compendio di alta levatura filosofica e teologica fino a giungere al mistero della risurrezione di Cristo. Il tasto della risurrezione risulta fatale: alcuni degli ascoltatori lo derisero, altri più elegantemente gli dissero che l’avrebbero ascoltato un’altra volta. L’annunzio della risurrezione è un dato di fede e non di parole auliche e cultura altisonante, a meno che non si parta da una umiltà vera e concreta di accoglienza, anche da parte di chi non sa. P. Angelo Sardone