«Preghiamo e domandiamo al Signore nostro che ci dia grazia e salvezza. Si misero a pregare e a chiedere che venisse su di loro la salvezza» (Tb 8,4). La narrazione del libro di Tobia diviene avvincente soprattutto quando l’Arcangelo Raffaele prende in custodia Tobia e lo conduce ad Ecbatana nella Media, per prendere in sposa Sara sua cugina, figlia di Raguele. È uno dei tratti biblici più noti e significativi soprattutto in riferimento alla concezione del matrimonio ed al dono reciproco degli sposi, mediato dalla grazia di Dio. Sara è vittima del demonio Asmodeo che la notte stessa del matrimonio ha fatto morire uno dopo l’altro i sette mariti ai quali suo padre l’aveva data volta per volta. L’enorme difficoltà viene superata dall’intervento divino tramite Raffaele che dà sicurezza a Tobia invitandolo a non avere paura ma a fidarsi di Dio. Entrambi i coniugi, introdotti nella camera nuziale, vivono una intensa liturgia nella quale avendo dichiarato innanzitutto il proposito di prendersi e donarsi non per lussuria, innalzano al Signore la loro preghiera di benedizione. In particolare Tobia precisa la rettitudine di intenzione con la quale prende in sposa Sara e chiede con semplicità di farli giungere insieme alla vecchiaia. Il doppio «amen» finale suggella la preghiera e l’affidamento a Dio. Dormirono tutta la notte senza che succedesse nulla. La trattazione e l’episodio di Sara e Tobia tante volte viene proclamato nel corso della liturgia nuziale ad esempio di come si intenda impostare la vita matrimoniale che fa superare anche le difficoltà inevitabili o quelle straordinarie, con la fiducia nel Signore e l’abbandono completo nelle sue mani. P. Angelo Sardone