286. «Andate e proclamate al popolo, nel tempio, tutte queste parole di vita» (At 5,20). La gelosia dei Sadducei, il gruppo sacerdotale operante al tempo di Gesù, con la loro forte influenza politica, provoca la prigionia degli Apostoli a Gerusalemme. Una inspiegabile ostilità vuole impedire il processo della nuova evangelizzazione avviata dai testimoni della Risurrezione che pian piano attua un vero e proprio distacco dal Giudaismo. Essi negavano la risurrezione e l’esistenza degli angeli e degli spiriti e quindi non vedono di buon grado sia l’evento straordinario di Cristo risorto che l’annunzio conseguente dei suoi discepoli. Sta di fatto però che nottetempo l’Angelo del Signore apre le porte della prigione, spinge fuori gli Apostoli ingiungendo loro di andare nel tempio, il luogo più sacro della fede ed il cuore della nazione, a proclamare tutte le parole di vita promessa da Gesù con la sua risurrezione. Obbedienti gli Apostoli, non possiamo sapere chi e quanti fossero, cominciano ad insegnare nel tempio di buon mattino e con tanto coraggio. Il sommo sacerdote che era un sadduceo, si preoccupa di investigare sulla confusione che si è generata perché crede che i prigionieri siano ancora in cattività. C’è invece la novità: il carcere è serrato, le guardie al loro posto, ma la prigione è vuota. Resosi conto dell’insuccesso, il comandante li conduce via senza adoperare violenza, non fosse altro che per paura di essere lapidato dal popolo che vede, partecipa e giudica adeguatamente. La Parola di Dio ieri, come oggi, non può essere incatenata: il sopruso umano e il perenne ostacolo alla sua propagazione concepito da menti perverse, devono cedere il passo alla potenza stessa della Parola che si fa strada a partire proprio dal luogo più sacro, la Chiesa. P. Angelo Sardone