La semina del mattino. 177. «Signore, non imputare loro questo peccato» (At 7,60). Il tempo liturgico che segue immediatamente il S. Natale presenta i cosiddetti «comites Christi» i «vicini al Signore», cioè quelle figure che hanno testimoniato col martirio la fede in Cristo. La lotta acerrima contro i seguaci di Gesù, soprattutto dopo l’iniziale affermazione della fede in Cristo morto e risorto, fa la prima vittima in Stefano, protodiacono e protomartire della nuova era iniziata dal Maestro di Nazaret. Il suo nome richiama l’origine greca e significa «corona», facendo riferimento anche alla corona del martirio della quale fu cinto. Le sue gesta sono raccontate nei capitoli sesto e settimo degli Atti degli Apostoli. Il teso sacro lo definisce «uomo pieno di fede e di Spirito Santo». Ne è prova il lungo discorso biblico, una mirabile sintesi dottrinale storico-teologica del vecchio Testamento fino a Gesù, che egli rivolge con coraggio ed intraprendenza ai membri della sinagoga ed ai sacerdoti agguerriti contro di lui. La potenza misteriosa dello Spirito lo sorregge nella difesa delle accuse di blasfemia, e gli fa mostrare il volto trasfigurato simile a quello di un angelo. La sua tragica fine è segnata dalla lapidazione inflitta dal linciaggio popolare istigato dall’odio del sinedrio a seguito della sua affermazione di contemplare il cielo aperto e il Figlio dell’Uomo alla destra del Padre. Le sue parole conclusive sono simili a quelle pronunziate da Gesù sulla croce: la richiesta di perdono per gli uccisori. La corona di gloria che esprime carità, supera la crudeltà dei rei Giudei. Auguri a tutti coloro che ne portano il nome. P. Angelo Sardone