«Non amate il mondo, né le cose del mondo! Tutto quello che è nel mondo la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita non viene dal Padre, ma viene dal mondo» (1Gv 2,15-16). La breve unità letteraria riportata da S. Giovanni all’inizio della sua prima Lettera ai cristiani, è una delle più studiate ed approfondite. Manifesta un carattere parenetico, cioè esortativo o di ammonimento. Aveva tutte le ragioni il santo Apostolo, di raccomandare ciò scrivendo a comunità cristiane che ieri, come oggi, erano funestate dallo spettro dell’eresia e dal facile accomodamento alla mentalità mondana più convincente ed edonistica. L’eterno male del mondo è codificato in tre espressioni secche e precise: la concupiscenza della carne, cioè la debolezza e la fragilità della dimensione umana dominata da istinti e passioni anche contro natura; la concupiscenza degli occhi, ossia le passioni per cupidigia, curiosità ossessiva, la ricerca insaziabile dei beni ed il godimento sfrenato della vita; la superbia della vita, il fasto della vita, ossia la presunzione nell’uomo determinata dal possesso dei beni e della loro assoluta importanza, la ricerca dello sfarzo e l’ostentazione del lusso. Tutto questo, con buona pace di chi, anche cristiano pio e devoto, afferma il contrario, non viene da Dio. Si tratta di aspetti ingannevoli della vita che da sempre dominano le menti umane che devono difendersi, oggi soprattutto, dalle influenze di persone, modi di pensare e di agire, favoriti dall’uso incontrollato ed irresponsabile dei mezzi di comunicazione sociale, diventati comuni in nome del progresso e di una modernità che tante volte rasenta ed esprime volgare stupidità. P. Angelo Sardone