La prospettiva divina nei confronti di Geremia è chiara sin dalle prime battute del libro: sarà vittima di soprusi e di guerra continua a causa del Suo nome e della Parola da annunziare. Ma non sarà vinto perché è forte della presenza di Dio. Analoga prospettiva, anche se coronata dal martirio, è quella di Giovanni Battista, primo profeta del Nuovo Testamento, il più grande tra i nati di donna, maestro di alcuni dei primi discepoli di Gesù. Oggi la liturgia ricorda il suo martirio con la decapitazione ad opera di Erode Antipa. Uomo tutto d’un pezzo, cosciente della sua vocazione di precursore del Messia, rivolge con coraggio e fuoco, alla maniera di Elia, a tutte le classi sociali, un messaggio di rinunzia all’ipocrisia e di autentica conversione, consono alla vita austera che egli stesso conduce. Il rimprovero secco e l’aperta denunzia al re del suo adulterio con Erodiade, moglie di suo fratello Filippo, gli causò l’arresto e la prigione nel carcere del Macheronte sulla riva orientale del Mar Morto. Salomè, figlia di Erodiade con la sua danza invaghì talmente bene il re nel giorno del suo compleanno da riuscire a strappargli l’insulsa promessa di accordarle qualsiasi cosa. Su istigazione della madre, la ragazza chiese la testa di Giovanni Battista che le fu consegnata su un vassoio quale trofeo di vittoria. Era messa così a tacere per sempre la voce scomoda del profeta del deserto, che predicava la conversione sincera e la superiorità del Messia. Ci vorrebbe anche oggi qualche voce di pari intensità ed invitto coraggio per denunziare la corruzione di ogni genere. Fa paura la gogna mediatica cui si è sottoposti nella proclamazione della verità ad ogni livello. Si preferisce piuttosto il silenzio e talora si diventa complici di un dissolvimento morale che causa confusione e sfacelo. P. Angelo Sardone