La risposta ad ogni paura ed alla stessa morte non è una parola, ma una persona, Gesù Cristo. Non è tanto il frutto di un ragionamento, ma la constatazione di una realtà che si sperimenta soprattutto nei momenti più duri della difficoltà e del dolore. Quando dense nubi si addossano alla mente, quando la paura avvinghia il cuore, quando la solitudine strazia e l’impotenza fa sentire inutile, allora è il momento di guardare in alto e di tendere gli occhi verso l’Altro. Tutto ciò che circonda può essere tribolazione ed angoscia, limitazione di libertà e costrizione, ma è pur vero che «la verità germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo» (Sal 84,12). Puntualmente. Dicono che i Santi ogni giorno si preparavano a morire. Esorcizzavano la paura della fine della vita con la certezza dell’incontro con Dio, con il pensiero della liberazione dal momentaneo leggero peso della tribolazione, con la gioia della pienezza dell’amore e della vita senza fine. La retorica non ci sta più se si pensa che lo stesso Gesù Cristo nell’orto della passione, ha avuto paura ed ha sudato sangue. Questa teologia della realtà presenta l’Uomo-Dio che ha assunto la dimensione umana e vulnerabile della creatura per fortificarla, per trasformarla. Le ansie, la tristezza, la paura, le lagrime, sono state fatte proprie da Lui e sublimate nel sacrificio che non si è fermato al Getsemani ma si è compiuto pienamente nel mistero della risurrezione, infrangendo le leggi della tomba e divenendo vera sorgente di ogni benedizione. La nostra certezza è dunque Gesù perché è Lui la risposta più vera, più convincente, più attuale a quel mistero del dolore e della morte che avvolge la vita sulla terra. L’adesione a Cristo si esprime con l’accoglienza della sua volontà e la preghiera che è bene accetta se proviene da un cuore povero ed umile. P. Angelo Sardone