La semina del mattino
220. «Tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch’io» (1Cor 9,23). L’annuncio del Vangelo è stato il primo compito assolto da Gesù nel suo itinerario terreno, essendo Lui stesso la Parola. Coinvolti in questa responsabilità i discepoli divennero messaggeri della Parola che salva ed inviati (di qui il nome “Apostoli”), facendo ruotare l’intera loro vita nel e per il Vangelo. La loro vocazione fu proprio in funzione di una collaborazione efficace come “servi della Parola”. L’ascolto e l’assimilazione degli insegnamenti di Gesù li resero trasmettitori fedeli mentre la fede si diffondeva attraverso l’ascolto. L’apostolo Paolo, il più grande missionario di tutti i tempi, afferrato da Cristo è divenuto il comunicatore più profondo di quanto ha ascoltato ed ha sottomesso tutto il suo essere ed il suo agire al ministero consegnatogli da Cristo. La predicazione del Vangelo esige prima di tutto una personalizzazione esistenziale determinata dal primo interlocutore, Gesù Cristo, e dalla potenza e grandezza del messaggio da comunicare. Tutto il contenuto evangelico si deve esprimere come vincolo di intima comunione con Dio e con i fratelli. Ciò crea ancora oggi nei cristiani un rapporto anche affettivo e di grande responsabilità nei confronti di un dono che è stato elargito perché sia diffuso e coinvolga il maggior numero di ascoltatori. Implica inoltre per chi lo comunica, una sorta di assimilazione con gli altri, facendosi tutto a tutti nel tentativo di salvare ad ogni costo qualcuno. Chi diffonde il Vangelo con la sua vita diviene necessariamente parte di esso e sua concreta testimonianza. P. Angelo Sardone