277. «Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni» (At 2, 24). Durò solo tre giorni la vittoria della morte sull’uomo Gesù di Nazaret. Ciò che era vittoria, si rivelò in effetti una sconfitta. Mentre per tutti gli uomini prima di Lui e dopo di lui la morte è stata ed è la conclusione della vita, per il Figlio di Dio la morte fu semplicemente un passaggio obbligato dall’assunzione del peccato che porta naturalmente alla morte. Essendosi fatto peccato, Cristo ha legato a sé ed alla croce i peccati dell’umanità di tutti i tempi e li ha espiati col versamento del suo sangue. La storicità dell’evento è narrata ed attestata dai Vangeli. Gesù è morto davvero: non è una favola o un dato fideistico inventato. Il test mirabile della veridicità della sua azione salvifica è proprio la risurrezione, senza la quale la fede cristiana sarebbe vana. Nella predicazione apostolica è chiaro ed esclusivo l’intervento di Dio che ha risuscitato Cristo dai morti. Tutta la predicazione profetica, anzi tutta la storia sacra sin dagli inizi porta al sepolcro di Cristo, ma non si ferma là: ha senso e si esplica mirabilmente nell’evento della Risurrezione. Le testimonianze sono molteplici: la tomba vuota, il corredo funerario posizionato nella tomba, gli Angeli della risurrezione, le donne e gli Apostoli, un bel numero di persone non certo inebetite da vino mattutino, ma sconvolte nell’intimo da una verità per la quale avevano stentato di credere. La Risurrezione di Cristo non è opera di un trafugamento notturno ma della potenza di Dio. Anche la nostra personale risurrezione è frutto di un intervento di Dio corredato dal nostro assenso fiducioso e perseverante. P. Angelo Sardone