«Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni» (Ger 1,5). Ogni chiamata del Signore, ogni vocazione, precede la stessa nascita del chiamato. Si tratta di un dono che Dio ha coltivato nel suo amore e nella pienezza dei suoi tempi rende manifesto a ciascuno. Quello del profeta Geremia è un esempio concreto. Nato ad Anatot presso Gerusalemme intorno al 645 a.C. spesso nel suo libro apre squarci autobiografici a cominciare dal racconto della sua chiamata come una vera e propria rivelazione da parte di Jahwé. Vive ed opera inizialmente in un tempo di pace segnato dalla cosiddetta “riforma di Giosia” (621). Il compito a lui affidato è quello di comunicare quanto il Signore gli rivela, senza avere paura, con la certezza di sapere che il Signore gli è sempre accanto, pronto a salvarlo da qualunque guerra potrà essere intentata contro di lui. Il mistero della chiamata, soprattutto quella di speciale consacrazione passa attraverso i parametri divini che superano la visuale umana a cominciare già dal tempo. Nel cuore di Dio è inscritto il nome di colui e di colei che nel suo amore gratuito vuole scegliere, eleggere per una missione. Ogni vocazione, soprattutto quella sacerdotale e di speciale consacrazione, trova il suo senso pieno, con il discernimento ed il dovuto accompagnamento, guardando al popolo di Dio. Nessuno vive per se stesso: anche la scelta del monachesimo, della clausura, come l’esercizio dei consigli evangelici nella vita attiva non si risolve nello spazio di un monastero, di un istituto religioso o di una casa canonica, ma negli spazi ben più ampi del mondo e dei cuori. P. Angelo Sardone.