I SANTI MEDICI, valenti intercessori

«Quando lo Spirito si fu posato su di loro, quelli profetizzarono» (Nm 11,25). Lo Spirito santo opera efficacemente in coloro sui quali scende e li rende mezzi di evangelizzazione. L’esperienza biblica lo dimostra con abbondanza. La sua effusione trasforma menti e cuori rendendoli strumenti di salvezza e di guarigione spirituale e materiale. Oggi si ricordano due testimoni della fede molto popolari, i santi Medici Cosma e Damiano. Secondo alcune tradizioni, fanno parte di un gruppo familiare di cinque fratelli e costituiscono da sempre un eccezionale riferimento spirituale per tanti cristiani. Erano “anargiri” cioè prestavano gratuitamente i loro servizi professionali senza farsi ricompensare di oro o di argento. La loro vita e le loro gesta sono riferiti succintamente dalla Tradizione che li vuole nativi nell’Arabia e martiri a Ciro nella Siria, ed attesta come sin dai primi secoli della Chiesa il loro culto fosse praticato e molto sentito. Lo conferma anche l’inserimento dei loro nomi nel Canone romano e l’omonima basilica eretta in Roma in loro onore. Vi è un forte legame tra la festa di questi Santi e il mistero di Cristo: essi mettono in evidenza la realizzazione concreta del disegno di salvezza, proclamando «le meraviglie di Cristo» anche attraverso la loro intercessione per la guarigione dell’anima e del corpo. Per la pietà popolare, i tantissimi fedeli che a loro si rivolgono con fede e la stessa Liturgia, il giorno della loro festa ha una grande importanza. Auguri a tutti coloro che portano i loro nomi, perché possano ricalcare nella vita i loro esempi e la loro eccellente testimonianza cristiana. P. Angelo Sardone

S. VINCENZO DE’ PAOLI: a lui si ispirò S. Annibale M. Di Francia

«Mi ha mandato per annunziare ai poveri il lieto messaggio e a risanare chi ha il cuore affranto» (Lc 4,18). Dopo aver subìto le tentazioni da parte del demonio, in Giudea, Gesù fece ritorno in Galilea e precisamente a Nazaret luogo nel quale era stato allevato e lì diede inizio alla sua predicazione nella locale sinagoga. Gli fu dato il rotolo del libro che si stava leggendo, il profeta Isaia. Lo aprì e lesse il passo iniziale del capitolo 61. In esso il profeta asserisce di aver ricevuto lo Spirito e di essere stato mandato a compiere la missione risanatrice particolarmente per i poveri e gli afflitti. Gesù affermò che quella parola in quel momento in Lui trovava compimento. La medesima missione si è realizzata nel corso dei secoli con tanti Santi che hanno espresso come Cristo un’attenzione straordinaria verso i poveri con l’evangelizzazione e l’assistenza. Oggi si ricorda il francese S. Vincenzo dei Paoli (1581-1660), colosso della carità, dedito nel suo apostolato a servizio degli ultimi. L’attenzione verso i bisognosi caratterizzò in pieno la sua esistenza nel duplice versante del soccorso spirituale e della promozione umana e sociale. Fu sorprendente la sua carriera apostolica: a 19 anni fu ordinato sacerdote; parroco e precettore di ragazzi, fondatore delle Dame di carità, laiche al servizio dei poveri, dei Preti della missione, delle Suore della carità; formatore di seminaristi e sacerdoti, influente presso la corte del Re di Francia. Al suo zelo di carità si ispirarono diversi Santi tra i quali S. Annibale M. Di Francia che, come lui, amava chiamare i poveri “duchi, baroni e principi”. Laici ed ecclesiastici, uomini e donne ancora oggi ricalcano le sue orme in un servizio encomiabile ai poveri, antichi e moderni. Auguri vivissimi a chi ne porta il nome. P. Angelo Sardone

XXVI Domenica del Tenpo ordinario. Sintesi liturgica

Lo Spirito posatosi su settanta anziani li rende profeti. Altri due uomini, pur rimasti fuori dell’accampamento, cominciano a profetizzare destando sconcerto nel popolo che chiede a Mosé di impedirlo. Il Signore pone lo Spirito su ciascuno e tutti possono diventare profeti. Succede la stessa cosa con Gesù: un tale scaccia i demoni nel suo nome e gli Apostoli vogliono impedirglielo perché non appartiene ai suoi seguaci. Il Maestro chiarisce che chi ha fatto questo certamente non potrà schierarsi contro di Lui. Dona quindi una serie di indicazioni pratiche in riferimento alla generosità, allo scandalo ed ai criteri per resistere ad esso e superare ogni difficoltà. Analoghi avvertimenti offre Giacomo nella sua lettera-omelia soprattutto ai ricchi. Le ricchezze sono marce e le proteste dei lavoratori senza salario arrivano al cielo. I piaceri e l’accumulo dei beni spingono il Signore ad intervenire in maniera adeguata e giusta. P. Angelo Sardone

Zaccaria, il profeta della ricostruzione

«Rallégrati, esulta, figlia di Sion, perché, ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te» (Zc 2,14). Il profeta Zaccaria, contemporaneo di Aggeo, come lui si preoccupò della ricostruzione del tempio, della restaurazione della nazione e soprattutto dell’osservanza delle leggi e del richiamo alla fedeltà. Non si sa quasi nulla della sua vita: era sacerdote ed operò tra il 520 ed il 500 a.C. Otto visioni costituiscono la prima parte il suo libro, mentre i rimanenti otto capitoli possono riferirsi ad un altro autore comunemente detto deutero (cioè secondo) Zaccaria.  La Parola odierna è di consolazione e di speranza che stimola all’azione. La salvezza verrà anche attraverso la ricostruzione del Tempio e la restaurazione del vero culto a Dio, guardando all’era messianica. Il Messia infatti, sarà il “dio con noi” colui che porrà la sua dimora in mezzo al popolo rendendolo unito. La città di Gerusalemme e di conseguenza il popolo d’Israele, viene personificata come “figlia di Sion”, i cui tratti sono quelli della sposa e della dimora di Dio. Proprio ad essa viene annunciata la gioia del ritorno di Dio, in maniera che supera la umana reazione dinanzi ad una situazione di rifiuto spirituale ed infedeltà. Dio ritorna con la sua potenza, la gloria, l’efficacia della sua azione vittoriosa sui nemici. Le vicende storiche di Israele si intersecano con quelle della storia perenne del popolo di Dio sempre bisognoso di salvezza e di consolazione per superare le frustrazioni continue determinate dal peccato e dall’allontanamento dalla fede. Dio rimane sempre con noi ed abita oltre che nei nostri cuori, nella tenda eucaristica di ogni tabernacolo. P. Angelo Sardone

Aggeo, il profeta del “coraggio”

«Coraggio, popolo tutto, perché io sono con voi; il mio spirito sarà con voi, non temete» (Ag 2,4-5). Aggeo è uno dei dodici profeti minori, non molto conosciuto, del quale non si sa nulla, fatta eccezione per la citazione nel Libro di Esdra. Il suo testo è brevissimo, due capitoli appena che contengono cinque allocuzioni scritte in terza persona e datate tra il mese di agosto e dicembre del 520 a.C. Porta a compimento la triade dell’azione di Dio distinta in fasi storiche: prima dell’esilio “punizione”; nell’esilio “consolazione”, dopo l’esilio “restaurazione”. Era cominciata la ricostruzione del tempio a Gerusalemme ma si era anche interrotta. Il profeta rassicura il popolo che, nonostante il tempio non potrà uguagliare la gloria e la maestosità di quello di Salomone, la sua gloria sarà maggiore di quella del primo perché Dio stesso porterà la vera ricchezza del tempo messianico. È Dio che conduce la storia ed è presente in mezzo al popolo col suo Spirito. Il popolo è scoraggiato, i prodotti della terra sono stati colpiti. Il capovolgimento che sta per avvenire unito alla ricostruzione del tempio sono il vero preludio dell’era messianica che sarà un’era di salvezza e di pace. Quante volte nella storia di ogni tempo si ripete la parola “coraggio” che etimologicamente richiama il cuore, indicando propriamente una forza d’animo nel sopportare con serenità e rassegnazione i dolori, nell’affrontare i pericoli, nel fare anche cose che comportino sacrificio. Tutti ne abbiamo bisogno, soprattutto oggi sballottati da pensieri confusi ed indicazioni fuorvianti! P. Angelo Sardone

La grande preghiera di Esdra

«Il nostro Dio ci ha resi graditi ai re di Persia, per conservarci la vita ed erigere il tempio del nostro Dio» (Esd 9,9). Il libro di Esdra contiene una preghiera da lui innalzata al colmo della costernazione per aver appreso che il popolo d’Israele e particolarmente i sacerdoti ed i leviti, una volta rimpatriati, non si erano separati dai culti e dagli abomini delle popolazioni locali. I gesti che compie sono tipici di una situazione di enorme disagio: si lacera il vestito ed il mantello, si strappa i capelli e la barba e si siede addolorato. La preghiera è una sorta di confessione proclamata nel pianto e nella vergogna. È una candida ammissione delle colpe del popolo moltiplicate a dismisura. Nonostante ciò e la schiavitù subita a causa dei peccati, Dio ha fatto la grande grazia di liberare un resto dandogli asilo in un luogo santo. Nella sua bontà li ha resi graditi ai re di Persia che li hanno favoriti permettendo che tornassero nella loro patria per ricostruire il tempio, restaurare le sue rovine ed avere finalmente un riparo in Giuda e a Gerusalemme. Questa bellissima preghiera è definita anche una predicazione e si ispira ai profeti. La giustizia di Dio viene superata dalla sua misericordia, perchè è una giustizia che porta la salvezza. Ai superstiti, consapevoli della loro colpevolezza, Dio concede di ricominciare. Il tratto storico appesantito dalla colpa di aver aderito agli abomini e alle nefandezze che si traducono in idolatria, diviene la griglia entro la quale può iscriversi anche oggi la preghiera dei cristiani che vanno rendendosi sempre più un piccolo resto chiamato dal di dentro a ricostruire su basi più solide e a farsi compattare da Cristo. P. Angelo Sardone

S. Andrea apostolo ed evangelista

«Cristo ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti» (Ef 4,11). Nella lettera agli Efesini S. Paolo considerando alcuni pericoli che possono minacciare l‘unità della Comunità ecclesiale, tra cui le discordie, le dottrine eretiche, la necessaria divisione dei ministeri, oppone loro i principi ed il programma della vera unità in Cristo. In riferimento ai ministeri dell’insegnamento precisa che è Cristo che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti ed altri ancora come evangelisti, rendendoli idonei a compiere il proprio ministero. S. Matteo, la cui festa oggi si celebra, incarna i due ministeri di apostolo ed evangelista. È identificato in Levi, il pubblicano. Della sua chiamata parlano tutti e tre i Sinottici. Il tratto autobiografico riportato nel suo vangelo si limita ad affermazioni secche: Gesù lo vide, gli disse “Seguimi” ed egli si alzò e lo seguì. Lo scompiglio determinato da questa chiamata fuori dai canoni dei perfetti o per lo meno di coloro che non erano sulla bocca di tutti per il loro comportamento scorretto, era infatti un pubblicano, giustifica nel corso del pasto in casa sua l’intervento chiarificatore di Gesù che ribadisce di essere venuto a chiamare i peccatori e non i giusti. Il suo vangelo è il primo in ordine di tempo ed il più lungo di tutto, 28 capitoli. E’ scritto in aramaico, un racconto popolare con la composizione dei discorsi di Gesù, come testimoniato dai primi Padri della Chiesa, destinato ai cristiani di origine ebraica. La Tradizione narra che predicò il Vangelo in Africa ed in Etiopia dove fu trucidato dai pagani, mentre celebrava il divino sacrificio. Il suo nome significa “uomo di Dio”, il segno che lo raffigura tra i quattro evangelisti è un angelo. Auguri a tutti coloro che portano il suo nome. P. Angelo Sardone

XXV domenica del Tempo ordinario

Per gli empi il giusto è sempre scomodo perché con la vita e le sue azioni rimprovera le colpe e rinfaccia le trasgressioni. La verità delle sue parole è messa in dubbio. Dio, invocato a suo sostegno, lo libera dagli avversari e lo salva dalla morte infame. Questa sorte è toccata a Gesù: la predicazione della sua passione è ricorrente, esplicita, e si conclude con la risurrezione. Si fa fatica a comprendere tutto questo: anche gli Apostoli nonostante i ripetuti insegnamenti hanno preferito discutere su chi tra loro fosse più grande. La logica di Cristo è la quella del contrario: chi vuol essere primo deve essere l’ultimo e il servitore di tutti. L’esempio più convincente è il bambino, piccolo, indifeso, attraverso: chi lo accoglie, accogliere Gesù stesso ed il Padre. Gelosia e contese portano disordine, guerre, liti, azioni cattive e rendono infruttuosa la preghiera. La sapienza invece invocata dall’Alto, porta misericordia e buoni frutti. P. Angelo Sardone

Raccomandazioni pastorali utilissime ed attuali

«Ti ordino di conservare senza macchia ed irreprensibile il comandamento fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo. (1Tim 6,14-15). A conclusione della sua lettera S. Paolo confermando il grande affetto e la sua stima per Timoteo, mentre ribadisce l’esigenza di trasmettere il Vangelo in maniera corretta, gli dà l’ordine perentorio di conservare la serie dei comandamenti che ha illustrato nel corso della trattazione ed in particolare il comandamento dell’amore. Il deposito della fede deve essere il contenuto della predicazione e della catechesi da conservare, annunciare e illustrare. Non si tratta di un precetto particolare, ma dell’insieme dei precetti che costituiscono l’ideale della vita cristiana, il «deposito, la sana dottrina, la tradizione». Sono gli elementi posti a base della dottrina e della prassi conseguente. L’uomo di Dio deve praticare la giustizia, la pietà, la fede, la carità, la pazienza, la mitezza che si contrappongono ai vizi dei falsi maestri prima menzionati. La vita cristiana autentica necessita di queste virtù: esse devono superare le regole normali di un buon comportamento, divenendo come un tesoro da osservare e conservare. Timoteo è invitato a prendere come esempio Gesù Cristo la cui testimonianza è stata ferma nel corso del processo subito e si manifesterà ancor più nel suo ritorno glorioso. Queste norme di vita pastorale sono indispensabili non solo per i presbiteri chiamati a testimoniarle con la vita, ma anche per i cristiani comuni depositari di un dono di fede che soprattutto oggi va difeso ed annunziato con fermezza e convinto coraggio. P. Angelo Sardone

I santi Cornelio e Cipriano

«Non trascurare il dono che è in te e che ti è stato conferito, mediante una parola profetica, con l’imposizione delle mani» (1Tim 4,14). La grazia che corrobora la fede e la risposta alla chiamata di Dio viene a Timoteo dal dono gratuito ricevuto con l’imposizione delle mani nell’ordinazione e dalla profezia fatta su di lui. S. Paolo glielo ricorda invitandolo a non trascurare il carisma che è in lui. Sono qui espressi gli elementi primordiali del sacramento dell’Ordine. L’imposizione delle mani serve a creare capi e maestri delle comunità cristiane (vescovi e presbiteri) con la collaborazione degli stessi presbiteri, che indicano la comunione spirituale di tutti con la persona eletta al ministero. Sulla scia di Timoteo si collocano i santi Cornelio papa e Cipriano martire, giovane vescovo di Cartagine, entrambi del III secolo, ricordati dalla Chiesa oggi e lodati con una sola voce. Entrambi, affermando l’unità della Chiesa, si batterono contro Novaziano un prete scismatico che affermava la debolezza della Chiesa dinanzi ai transfughi. Doveva essere salvaguardata l’unità dei cristiani con i rispettivi vescovi, e dei vescovi col papa di Roma. La loro sintonia tenne fermi alcuni principi soprattutto contro lo scisma. Morirono sotto l’imperatore Valeriano, il primo a Civitavecchia e Cipriano a Cartagine, decapitato. È molto bello notare questa sintonia che non è fatta solo di principi teologici e giuridici, ma soprattutto di condivisione di spiritualità ed intenti pastorali. In questo tempo ricco di forti e laceranti contraddizioni anche all’interno della Chiesa, la loro testimonianza ed unità è la risposta più efficace alla verità del Vangelo di Cristo. P. Angelo Sardone