I 90 anni di Padre Pietro Cifuni, concittadino del cielo e familiare dei Santi

Nella giornata odierna, 3 gennaio il caro ed indimenticabile P. Pietro Cifuni avrebbe compiuto 90 anni, essendo nato il 3 gennaio 1932. Da quasi due anni (13 aprile 2019) la sua dimora è in cielo ma resta nel ricordo di tanti di noi in terra come figura esemplare di padre, religioso rogazionista secondo il Cuore di Dio, uomo eccezionale di saggezza ed amore singolare per il laicato rogazionista. La sua generosità, il suo buon cuore testimoniano ancora oggi la nobiltà del suo cuore ed i valori umani trasmessi a tutti. Lo ricorderò particolarmente questa sera nella celebrazione della S. Messa delle ore 19.00 qui a Matera offrendo per lui il sacrificio eucaristico. Ho in animo di organizzare nel corso dell’anno un momento celebrativo dei suoi 90 anni, proprio a Pisticci, suo paese natale, con un tributo di gratitudine memoriale ed una celebrazione eucaristica in suo suffragio. P. Angelo Sardone

Il Nome santissimo di Gesù

«Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra» (Fil 2,10). Otto giorni dopo la sua nascita, seguendo la consuetudine in Israele ed obbedendo a quanto l’Angelo aveva detto loro, Maria e Giuseppe imposero al Bambino il nome «Gesù». Il termine corrisponde all’ebraico Yēshūa‛ che significa «Yahweh è salvezza», forma tardiva di «Yoshūa‛», Giosuè, nome molto comune nel Nuovo Testamento. Il Nome di Gesù sin dai primi tempi è stato sempre onorato e venerato nella Chiesa e dal secolo XIV ebbe il culto liturgico. Grande ed infaticabile apostolo fu San Bernardino da Siena che diffuse questa devozione affermando che esso «è luce ai predicatori, poiché fa luminosamente risplendere, annunciare e udire la sua parola». Egli inoltre confezionò il trigramma IHS (Iesus hominum Salvator, Gesù Salvatore degli uomini) inscritto in un sole dorato con dodici raggi. La Compagnia di Gesù (i Gesuiti) lo prese come suo emblema diventandone sostenitrice del culto e della dottrina. Il giorno della celebrazione liturgica mutò nei vari secoli in una delle domeniche di gennaio, per poi fissarsi al 2 gennaio fino agli anni Settanta del Novecento, quando fu soppressa. San Giovanni Paolo II la ripristinò nel Calendario Romano collocandola al 3 gennaio come memoria facoltativa. S. Annibale Maria Di Francia volle per i suoi figli spirituali che tutto il mese di gennaio fosse consacrato al Nome SS.mo di Gesù nutrendone uno specialissimo culto e ritenendo questo Nome «dolce, santo, amabile, divino, glorioso». Col suo genio inventivo e devozionale, fece riprodurre il nome IESUS e vi aggiunse le lettere M.I.A.B. che corrispondono a Maria (M), Giuseppe (I), Antonio (A) e Bernardino (B). P. Angelo Sardone

Buon Anno 2022 con Maria la Madre di Dio e Madre nostra

«Ti benedica il Signore e ti custodisca» (Nm 6,24). Il nuovo anno si apre con questa espressione che il Signore aveva comandato a Mosè di riferire ad Aronne ed ai suoi figli, i Leviti, perché così dovevano benedire il popolo di Israele. Si tratta di una benedizione propriamente sacerdotale che il Signore riserva ai suoi figli attraverso il sacerdote, preposto all’esercizio del culto ed alla mediazione dei rapporti tra l’uomo e la divinità. La benedizione del sacerdote è del Signore, origine e fonte di ogni benedizione, Lui che è al di sopra di tutte le cose. Lui solo è buono, ha fatto bene ogni cosa, colma di beni tutte le sue creature, e sempre, anche dopo la caduta dell’uomo, continua a effondere benedizioni in segno del suo amore misericordioso: fa brillare il suo volto, custodisce e concede la pace. Il nome di Dio riportato tre volte, secondo la concezione semitica, assicura la presenza di Dio che protegge. Da ciò scaturisce la consapevolezza di essere sotto lo sguardo di Dio e di abbandonarsi con fiducia a Lui per poter affrontare e sopportare ogni avversità. Il Signore custodisce chi segue le sue vie, fa giustizia agli orfani e alle vedove, e dà pane e vestito a chi è straniero (Dt 10,17-18). In questa logica e con questa prassi per il cristiano viene meno qualsiasi altro riferimento a maghi ed oroscopi. La Chiesa dà oggi la sua benedizione celebrando Maria di Nazaret, la Madre di Dio: Ella accompagna sempre verso il Figlio suo e mai allontana alcuno da Lui. Non si può essere cristocentrici se non si è saldamente mariani. Auguri. Buon anno con ogni benedizione del Signore e l’efficace e materna protezione di Maria. P. Angelo Sardone

Capodanno 2022

Sintesi liturgica
Capodanno. Tramite il sacerdote Aronne Dio benedice il suo popolo. La sua benedizione è custodia, grazia e pace, secondo la triplice e solenne ripetizione de «il Signore». La terra conoscerà così la sua via e la sua salvezza. La più bella e completa benedizione dopo il Figlio è Maria dalla quale nella pienezza dei tempi è nato il Figlio Gesù. In Lui non siamo più schiavi ma figli adottivi ed eredi. Nel presepio di Betlemme i pastori trovano il Bimbo adagiato nel presepio, insieme con Giuseppe e Maria che conserva e medita nel cuore gli avvenimenti nei quali è stata coinvolta. È Lei la Madre di Dio, la “Theotokos”, come la definì solennemente il Concilio di Efeso il 431. Come i pastori tornando dalla grotta glorifichiamo e lodiamo Dio per tutto ciò che abbiamo visto, meditandolo nel cuore e diffondendo la pace, il primo dono del nuovo anno. P. Angelo Sardone

L’anticristo e la fine

«È giunta l’ultima ora. Molti anticristi sono già venuti. Da questo conosciamo che è l’ultima ora» (1Gv 2,18). L’argomento centrale della Prima Lettera di Giovanni è il combattimento all’anticristo ed ai suoi emissari, i maestri dell’errore, gli eretici che insegnano che Gesù non è il Figlio di Dio. L’espressione giovannea “dell’ultima ora”, indica gli ultimi tempi, quelli escatologici, dell’ultima venuta di Cristo. È significativo che l’ultimo giorno dell’anno, tempo di verifica e di proiezione prospettica nel nuovo anno, la liturgia proponga alla riflessione ed alla preghiera un tema così importante. La venuta dell’anticristo, o meglio degli anticristi, si è realizzata e continua nella storia con sistematicità, e ciò è il segno della fine. Molti eretici e scismatici sono usciti dalle stesse file dei cristiani, dalla Chiesa, ma al dire di S. Agostino, essi non appartenevano alla Chiesa, non erano radicati e fondati nella verità; non sarebbero usciti se fossero stati veramente “dei nostri”. Il pericolo più grande, a suo dire, è dato dal fatto che molti ancora ce ne sono nella Chiesa che “pur non essendo ancora usciti sono degli anticristi”, cioè avversari di Cristo. Ciò se provoca dolore da una parte, dall’altra rende consapevoli che non “erano dei nostri”. Chi non è contrario a Cristo non esce dalla Chiesa, perché è unito al suo corpo. Gli anticristi sono come gli umori cattivi che il corpo espelle naturalmente. Queste grandiose verità sono di una attualità sorprendente e coinvolgente. L’anno che si chiude interpella ciascuno per una revisione seria e matura e per una scelta personale futura da operare nella verità. Buona fine dell’anno nella gratitudine a Dio di ogni dono e nella prospettiva di rimanere fondati nella verità e nell’obbedienza alla fede. P. Angelo Sardone 

La forza dei giovani

«Ho scritto a voi, giovani, perché siete forti e la Parola di Dio rimane in voi e avete vinto il Maligno» (1Gv 2,14). Tra le categorie dei destinatari della prima Lettera di S. Giovanni, inviata come enciclica alle comunità dell’Asia Minore minacciate dalle incombenti eresie, ci sono i giovani. Essi, secondo l’esperienza dell’Apostolo, per abbracciare la vera fede hanno dovuto superare difficoltà e tentazioni diverse, risultando vincitori sul maligno sempre all’erta. Questa sottolineatura viene ripetuta due volte nel giro di pochi versetti. I giovani sono dichiarati “forti” perché la Parola di Dio è in loro come sorgente di forza, mentre non lo è negli eretici. Il maligno lotta contro l’uomo, ma non vince perché la fortezza è propria dei giovani solo perché dentro di loro è forte Gesù, “colui che è stato inerme davanti ai persecutori” (S. Agostino). La giovinezza è tempo nel quale occorre ancor più lottare per vincere, purché si rimanga umili nel combattimento. E ciò avviene nella misura in cui la Parola rimane ferma dentro il cuore e la vita. Questo, evidentemente, è un privilegio che allarga le conoscenze e sostiene il vero amore, perché una conoscenza senza amore non salva. Le grandi verità bibliche trovano spazio nella storia di tutti i tempi e sono confermate da concrete risposte. Quello caratterizzato da S. Giovanni Paolo II è stato senz’altro un papato all’insegna dei giovani non solo per l’intuizione e la realizzazione delle Giornate Mondiali della Gioventù con straordinari eventi di fede e di massiccia partecipazione, ma soprattutto per la qualità spirituale e formativa che tali eventi hanno lasciato nel solco della storia. P. Angelo Sardone

Tommaso Becket vittima della verità

«Chi dice: “lo conosco” e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c’è la verità» (1Gv 2,4). L’osservanza dei comandamenti di Dio è la via maestra per la salvezza. Nella primitiva catechesi giovannea, sottolineata particolarmente nella sua Prima Lettera ai Cristiani, questo concetto viene illuminato e raccomandato come indispensabile per conoscere la via della purificazione dell’amore del Signore. I primi due capitoli sottolineano l’esigenza di camminare nella luce, evidenziando il contrasto tra tenebre e luce, verità e menzogna, peccato e grazia. La vera conoscenza di Dio si specchia nella retta osservanza della sua legge, da quella naturale stampata nel cuore di ogni individuo che vede la luce della vita, a quella positiva racchiusa nei dieci Comandamenti. Diviene inganno diabolico l’affermazione di conoscere Dio quando ciò non è suffragato dalla conseguente osservanza di quanto Dio raccomanda. La strenua difesa della verità fa divenire scomodi agli occhi dei superbi e fa dichiarare “intriganti” coloro che invece vogliono salvaguardare la verità sottraendola alle opportuniste menzogne di sovrani senza scrupoli. La storia è piena di simili esperienze. Tommaso Becket, vescovo di Canterbury, (1117-1170) reo di aver difeso i diritti della Chiesa in Inghilterra, si inimicò il sovrano e fu costretto all’esilio per anni. Rientrato in patria sconfessò i vescovi compiacenti al volere perverso del re e meritò la palma del martirio, ucciso dai sicari in cattedrale, cinto dei sacri paramenti senza opporre resistenza. I bugiardi rimangono tali. Chi propugna la verità testimonia il vero fino all’eroismo del martirio. P. Angelo Sardone

La strage continua

«Dio è fedele e giusto tanto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità» (1Gv 1,9). Le malvagità determinate dal peccato hanno segnato e continuano a macchiare la vita dell’uomo sulla terra. Il sopruso, l’orgoglio la smania del dominio e la paura che qualcuno lo sottragga, sono le cause più ricorrenti delle stragi, da quelle più eclatanti che segnano la storia, a quelle più ridotte ma non di meno intensità di impatto mediatico e di sofferenza. I primi tempi dalla nascita di Gesù sulla terra sono segnati da un vile, atroce delitto fatto consumare da Erode il Grande, la strage degli Innocenti, bambini dai due anni in giù, vittime ignare, strappate dal seno delle madri nella speranza di uccidere il Bambino Gesù che poteva scalzarlo dal trono quale nuovo re. L’inganno subìto dai Magi fece andare sulle tutte le furie l’iniquo gerarca che già si era spaventato per la loro affermazione della presenza dei Re dei Giudei e che non esitava ad usare la violenza per sopprimere qualsiasi rivolta o sommossa. Questa volta non si trattava di adulti, ma di inermi bambini betlemiti che, inconsapevolmente erano diventati colpevoli di essere nati allora, per il semplice fatto che sicuramente tra loro doveva esserci il nuovo Re dei Giudei. E così avvenne la strage. I bimbi strappati dalle braccia delle madri furono passati a fil di spada. Venti, secondo gli studi, molti di più secondo l’immaginario; si tratta comunque di vittime innocenti che richiamano lo strazio di Rachele che piange i suoi figli. La strage non si è chiusa lì. Continua anche oggi nei confronti di vittime innocenti di interessi egoistici, rei di essere stati chiamati alla vita per un errore di calcolo o per essere un fastidioso ingombro. P. Angelo Sardone