Santa Scolastica: la potenza della preghiera

«Una tribù la darò a tuo figlio, per amore di Davide, mio servo, e per amore di Gerusalemme, che ho scelto» (1Re 11,13). La grandezza di Salomone fu limitata alla fine della sua vita dal disorientamento che subì a causa delle ingerenze politiche e comportamentali soprattutto per via dei matrimoni con donne pagane che gli fecero deviare il cuore inducendolo a seguire altri dei. Non rimase integro nel cuore per il Signore, nonostante gli fosse apparso due volte invitandolo a non seguire altri dei. Il Signore gli annunciò quindi che gli avrebbe strappato il regno per consegnarlo ad un suo figlio con un’unica tribù. Al contrario rimane grande la fama di santa Scolastica (480-547), sorella di S. Benedetto, dovuta alla perfetta alleanza con Dio ed alla fedeltà di amore a Lui. È una luminosa figura di donna consacrata a Dio, che sulle orme del fratello, impegnò totalmente la sua vita per Dio nel silenzio, nella contemplazione e nella assoluta priorità data a Lui nella gestione della sua vita. S. Gregorio nella sua opera, «I Dialoghi», riporta i tratti conclusivi della vita di S. Scolastica contrassegnati dall’ultimo incontro col santo fratello, la gioia di rimanere con lui tutto il giorno e tutta la notte in sacra conversazione ed il racconto della sua morte avvenuta tre giorni dopo. La potenza della sua preghiera e l’intervento di Dio con la pioggia battente che rendeva impossibile il rientro di S. Benedetto in monastero, indusse il santo abate alla trasgressione, ma ebbe però il compenso di vedere l’anima della sorella morta, salire verso il cielo come una colomba. L’esempio di questi due santi fratelli testimonia l’amore di Dio che esalta e premia chi gli è fedele fino in fondo. P. Angelo Sardone

La Regina di Saba e l’eloquenza di Salomone

«Quanto alla sapienza e alla prosperità, superi la fama che io ne ho udita» (1Re 10,7). Al tempo del re Salomone, nel sud ovest della penisola arabica, nel moderno Yemen, era fiorente il Regno di Saba, un grande centro commerciale, retto da una regina. Avendo sentito parlare della fama e della saggezza del re, questa si recò a Gerusalemme forse per stabilire relazioni commerciali dal momento che il Re di Israele aveva il controllo delle carovane che dall’Arabia si dirigevano verso la Siria e l’Egitto. Portò con sé un corteo molto numeroso, cammelli carichi di aromi, oro in grande quantità e pietre preziose. La Scrittura racconta che la regina volle sottoporre al re diverse questioni e rimase incantata dalle sue precise risposte come anche della organizzazione perfetta della servitù, del vitto presente sulla tavola e soprattutto della saggezza di Salomone. Lodò il re affermando che quanto aveva sentito dire di lui era solo la minima parte di quello che effettivamente egli era. La sua ammirazione si tramutò nel dono munifico di molteplici oggetti e del legname di sandalo col quale Salomone fece fare ringhiere per il tempio. Inoltre divenne anche una preghiera di lode e gratitudine al Signore per il dono di questo re collocato sul trono di Israele. In compenso il re le donò quanto lei desiderava ed aveva domandato. È un bellissimo quadro biblico che esalta la grandezza regale di Salomone in accordo pieno con la volontà del Signore. Quando si scosterà da Lui tutta la sapienza si tramuterà in disonore e repulsione da parte di Dio. Nella vita di oggi tante volte succede la stessa cosa. P. Angelo Sardone

La grande preghiera del re Salomone

«Ascolta la supplica del tuo servo e del tuo popolo Israele, quando pregheranno in questo luogo» (1Re 8,30). Per il cristiano la Bibbia è anche un libro di preghiera. In essa, oltre i 150 salmi, nella sequenza dei 73 libri che la compongono, sono spesso riportate preghiere formulate da personaggi diversi fino a Gesù che nel Padre nostro insegna la preghiera che riassume tutto il vangelo. Il caso del re Salomone è uno dei più significativi. Dopo che il Signore con l’Arca dell’Alleanza prese possesso del tempio e dopo che il re ebbe fatto un discorso appropriato al popolo, si pose davanti al Signore e di fronte all’intera assemblea di Israele, in modo che tutti potessero vederlo e sentirlo, stese le mani al cielo e cominciò una lunga preghiera personale. In essa, con un passo graduale il re si rivolge a Dio esaltandone il nome unico e grande, la fedeltà all’alleanza, la sua misericordia, la coerenza in tutto. A Lui chiede di tenere gli occhi sempre aperti sulla sua casa, il tempio, e di ascoltare la voce che dal tempio stesso si innalza verso il cielo. Conclude questo primo tratto chiedendo al Signore che dal cielo, luogo della sua dimora, ascolti la voce di questa preghiera sua, del popolo e di quanti dopo di loro pregheranno. È un bellissimo esempio di preghiera, soprattutto perchè formulato da chi, elevato in dignità e responsabilità, porta davanti a Dio insieme con le sue esigenze quelle di un popolo a lui affidato. Questo ministero continua oggi nella Chiesa attraverso la preghiera dei sacerdoti che non solo si fanno modelli per il gregge, ma attraverso la preghiera offrono al Padre il proprio gregge e si offrono al Padre per il gregge. P. Angelo Sardone

I salmi di Davide espressione di amore e di lode a Dio

«Davide cantò inni a Dio con tutto il suo cuore e amò colui che lo aveva creato» (Sir 47,2). Il libro del Siracide, nel tessere l’elogio dei personaggi illustri del vecchio Testamento, nella sezione dedicata ai re d’Israele riserva dieci versetti al grande re e profeta Davide. In forma storica e poetica sono sintetizzate le gesta del re dal quale proviene Cristo: dalla sua chiamata da dietro il gregge del padre Iesse a Betlemme, alla sconfitta del gigante Golia; dall’annientamento dei Filistei al grande suo peccato. In particolare viene esaltata la sua dedizione a Dio, con le parole di lode ed i suoi inni, espressioni   di amore. Di ciò aveva dato già prova con la sua abilità musicale quando era entrato a far parte della corte di Saul. La tradizione biblica attribuisce a lui la composizione dei 150 Salmi, di cui 73 portano espressamente il suo nome nel titolo. Essi tracciano la storia d’amore di Dio con l’umanità attraverso i passaggi storici del popolo di Israele e le diverse situazioni, comprese quelle del peccato. La questione storica dei Salmi è abbastanza complessa. Certamente la più antica raccolta dei Salmi porta il suo nome, risale alla monarchia e propriamente a Davide che in un certo senso ha introdotto ed organizzato la musica nel culto, conferendo splendore alle feste e facendo lodare il nome santo del Signore. Dei Salmi ne parlò S. Pio X nella Costituzione Apostolica Divino afflatu (1° novembre 1911), sottolineando come da essi è nata la «voce della Chiesa», la salmodia, l’innodia, che loda Dio con le stesse parole con le quali Dio stesso si è lodato (S. Agostino). Coi Salmi, la verve artistica, teologica, contemplativa, poetica e musicale di Davide continua a vivere soprattutto nella preghiera liturgica. P. Angelo Sardone 

Le raccomandazioni di Davide a Salomone

«Sii forte e móstrati uomo. Osserva la legge del Signore, tuo Dio, procedendo nelle sue vie ed eseguendo le sue leggi» (1Re 2,2-3). Da Betsabea, che fu moglie di Uria, Davide ebbe il figlio Salomone. Prossimo alla morte, volle fargli alcune raccomandazioni riportate nel primo Libro dei Re. Il cronista registra fedelmente quanto il re ormai vecchio, nella saggezza acquisita con la sua esperienza, lascia in eredità al figlio che sarà la gloria assoluta della dinastia. Il primo tratto dell’eredità è l’incitamento ad essere forte e uomo fino in fondo. Il secondo, ad osservare scrupolosamente la legge di Dio; la terza a camminare nelle vie del Signore mettendo in pratica i suoi comandi, le sue norme e le sue istruzioni. Il compenso che ne verrà sarà la buona riuscita in tutto quello che farà e dovunque lo farà. In confronto alla grandezza, alla sontuosità del suo regno ed alla sua durata, questo testamento testimonia il compimento di una missione realizzata secondo il volere del Signore e segnata profondamente dal contatto con Lui e dalla strada aurea della sua legge. In queste espressioni si concentra il meglio che un padre possa raccomandare e donare al proprio figlio: è frutto della maturità acquisita anche in mezzo di tribolazioni, guerre, dolori. Da sempre nella dimensione sociale della vita tanti padri lasciano ai loro figli non solo l’eredità materiale, ma anche e soprattutto quella spirituale e morale che traccia loro il sentiero della verità, dell’onestà, del rispetto altrui e dell’adempimento della legge di Dio. Oggi i figli hanno bisogno di questo, più di ogni altra cosa. P. Angelo Sardone

Giornata mondiale della Vita Consacrata

«Allora l’offerta di Giuda e di Gerusalemme sarà gradita al Signore come nei giorni antichi» (Ml 3,4). I fatti che l’evangelista narra a compendio dell’infanzia di Gesù si svolgono tutti a Gerusalemme: la città è il luogo della Presentazione del Signore al Tempio e della sua offerta a Dio, con un significato propriamente sacerdotale. Il cerimoniale si caratterizza con il vocabolario liturgico, cultuale e sacrificale: presentare, offrire, coi relativi frutti del sacrificio, la luce, la gloria. In questa circostanza, come il resto dei vangeli ampiamente dimostrano, Gesù viene indicato come colui che è offerto al Padre ma anche come colui che offre. Erano passati 40 giorni, tanti ne occorrevano alla madre per potersi recare al Tempio per la sua purificazione dopo il parto, trattandosi di un figlio maschio e per riscattare il neonato. Giuseppe e Maria si recarono al Tempio di Gerusalemme per compiere questo rito e presentare il bambino. Lo Spirito Santo spinge al tempio Simeone, uomo giusto ed Anna, una profetessa dedita ad una sorta di celibato consacrato. L’incontro con i genitori e Gesù determina l’illuminazione e la proclamazione di alcune significative profezie. Gesù rivela ancora una volta la sua grandezza, la gloria e la luce che apre alla fede. Alle parole di Simeone si ispira il rito della benedizione delle candele, la cosiddetta “candelora”. In analogia a questa festa ed al significato dell’offerta della propria vita, il 1997 Giovanni Paolo II istituì per il 2 febbraio la Giornata Mondiale della Vita consacrata con l’intento di “valorizzare sempre più la testimonianza delle persone che hanno scelto di seguire Cristo da vicino mediante la pratica dei consigli evangelici e, per le persone consacrate, occasione propizia per rinnovare i propositi e ravvivare i sentimenti che devono ispirare la loro donazione al Signore”. Oggi è la festa di noi religiosi, uomini e donne, di vita attiva e contemplativa, appartenenti a tutti gli Ordini e Congregazioni religiose, consacrati a Dio col vincolo dei santi voti. La vicinanza e la preghiera del popolo di Dio sostenga la nostra fedeltà e la testimonianza dei beni futuri. P. Angelo Sardone

La morte di Assalonne figlio di Davide

«Figlio mio Assalonne! Fossi morto io invece di te, Assalonne, figlio mio, figlio mio!» (2Sam 19,1). Tra i diversi figli che Davide ebbe, ne spiccava uno, Assalonne, il cui nome significa “il padre, cioè dio, è pace”. Era figlio di Macha figlia del re di Geshur. La Scrittura attesta che era molto lodato per la sua bellezza. Aveva ucciso il fratellastro Amnon che aveva violentato sua sorella Tamar. Per questo era fuggito dagli occhi del padre. Pur essendo stato perdonato aveva cominciato a coltivare ambizioni regali fino ad intentare una campagna offensiva nei confronti di Davide, autodichiarandosi re ad Ebron. Ciò dimostra la particolare situazione ambientale della famiglia di Davide, conseguenze della poligamia e lo scarso sforzo del grande re per guidare i suoi figli che manifestano la mancanza del senso del dovere. La rivolta di Assalonne metteva in effetti in evidenza lo scontento nei confronti del governo del padre. La battaglia divenne guerra aperta: nella foresta di Efraim si scontrarono gli eserciti di Davide e di Assalonne. Il giovane fu sconfitto e, malgrado il padre avesse chiesto che non gli fosse fatto alcun male, mentre fuggiva sopra un mulo, a causa della folta capigliatura rimasta impigliata tra i rami di una quercia, era rimasto appeso all’albero finchè Joab, capo delle forze di Davide non lo uccise. Enorme fu il dolore di Davide. La storia biblica spesso si ripete nella storia odierna laddove tanti padri pur essendo stati avversati dai figli con comportamenti scorretti se non ostili e denigranti, li piangono comunque, vittime del proprio orgoglio e della loro inopportuna ostinazione. P. Angelo Sardone

Festa del Nome SS.mo di Gesù

«In nessun altro nome c’è salvezza» (At 4,12). L’autorevole affermazione di S. Pietro dinanzi ai capi, gli anziani, gli scribi ed il sommo sacerdote, Caifa a Gerusalemme, testimonia sin dagli inizi l’importanza teologica ed ecclesiale ed il saldo fondamento della fede nel Nome, cioè nella persona di Gesù Cristo, il Salvatore. Non solo Egli opera la salvezza, ma è la salvezza. Chiunque si accosta a Lui e vive di Lui, assapora già in terra il mistero della liberazione dal peccato e lo stato di grazia. Il nome di Gesù poi, secondo gli insegnamenti e l’esperienza di sant’Annibale Maria Di Francia, è garanzia di ascolto certo da parte di Dio Padre in ogni richiesta. Sul saldo fondamento evangelico di S. Giovanni, il santo canonico messinese fonda l’istituzione della novena di riparazione al Nome di Gesù e, il 31 gennaio, la grande Supplica all’Eterno Divin Genitore nel nome di Gesù. Ciò è cominciato nella sua Opera dal 1888 e tuttora permane nella sua validità e con l’impegno di tutti nelle diverse parti del mondo, essendo una delle devozioni “primarie”. Con 34 petizioni che richiamano gli anni della vita di Gesù, compresi i nove mesi nel grembo di Maria, e facendo memoria di quanto avvenuto, si presenta la gratitudine a Dio per l’anno trascorso, tutti i benefici ricevuti e la richiesta fiduciosa per il compimento di altri desideri ed opzioni. La presentazione della Supplica nello stesso orario, le ore 12.00, ed il coinvolgimento delle persone che ruotano attorno ai diversi Istituti maschili e femminili, parrocchie e santuari rogazionisti, testimonia la concordia e l’unità di intenti che rende feconda ed accolta ogni richiesta nella preghiera. Chi vuole può unirsi in sintonia spirituale. P. Angelo Sardone