Naaman: il suggerimento sensato

La semina del mattino

«Va’, bàgnati sette volte nel Giordano: il tuo corpo ti ritornerà sano e sarai purificato» (2Re 5,10). Naamàn, autorevole e stimato comandante dell’esercito arameo ostile ad Israele è lebbroso. Una prigioniera ebrea a servizio di sua moglie gli indica la possibilità di guarigione attraverso un uomo che opera in Israele. Credendo si tratti del re, il comandante si avvia carico di doni e speranza di guarigione, ma ha sbagliato persona. Non si tratta del re ma di Eliseo, che parla al posto di Dio. Il profeta lo manda a chiamare e gli ordina semplicemente di andare a bagnarsi sette volte nel fiume Giordano, il fiume sacro. Il suo corpo ritornerà sano e sarà purificato. Il comandante avvezzo a ben altri interventi contesta inizialmente il fatto che si tratti di un fiume, sicuramente meno famoso di quelli del suo paese, ma poi convinto dai suoi servi, gente semplice, si ravvede e fa quanto detto. Il miracolo si compie ed il corpo torma come quello di un ragazzo. Il prodigio constatato lo purifica anche interiormente e nella fede. Sa finalmente che c’è davvero Dio, quello di Israele. La superficialità, l’orgoglio e l’ignoranza, soprattutto delle cose di Dio, talora impediscono di credere e di affidarsi a Dio ciecamente. Molte volte sono specialmente le persone semplici ad indicare la strada sensata della considerazione ragionata, onde poter sortire gli effetti sperati. Tutti ci portiamo dentro un po’ o tanto di Naaman, ma se ci fidassimo davvero non solo di chi ci vuol bene, ma anche di coloro che nella semplicità e col buonsenso offrono un consiglio spassionato, le cose andrebbero molto diversamente da come vanno. P. Angelo Sardone 

S. Giuseppe patrono della vita interiore. Festa dei papà

«Io susciterò un tuo discendente, uscito dalle tue viscere. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio» (2Sam 7,14). La promessa di Dio rivelata al re Davide dal profeta Natan, si concretizza in Gesù di Nazaret che umanamente, secondo il disegno del Padre, prende forma mortale nel grembo della Vergine Maria ed ha in Giuseppe, l’umile falegname di Nazaret, il padre putativo, l’“aggiunto” nella Santa Famiglia, come significa il suo nome. Sarà riconosciuto in terra davanti alla Legge ed alla società ebraica come lo sposo di Maria, suo intemerato custode, il tutore del Messia. L’8 dicembre 1870 con l’intento di indicarlo come sicura speranza per la vita della Chiesa dopo Maria, Pio IX col decreto «Quemadmodum Deus» proclamò San Giuseppe «Patrono della Chiesa universale» e l’anno successivo con la lettera apostolica «Inclytum Patriarcham» (7 luglio 1871), gli riconobbe un culto superiore a quello di tutti gli altri santi. Essendo sempre vissuto “decentrato” all’ombra di Gesù e Maria e uomo del silenzio, fu per Gesù padre amato, padre di tenerezza, accogliente ed obbediente. Noi figli di S. Annibale M. Di Francia, lo veneriamo «patrono della vita interiore» e rinnoviamo oggi i voti di devozione. A lui si ispira ogni papà cristiano per il suo ruolo e figura essenziale per la crescita dei figli, punto di riferimento, di confronto e sviluppo della loro stessa identità. Auguri a tutti i papà ed a coloro che portano in nome di Giuseppe, Pippo, Peppino, Giuseppina, Pina, Giusy, ed in particolare a tutti i papà che generano nella carne e nello spirito, con la gratitudine per il loro ruolo umano e spirituale nella sequela ed accompagnamento di figli e figlie. P. Angelo Sardone

Solennità di S. Giuseppe

Sintesi liturgica

Solennità di S. Giuseppe. Dalle viscere di Davide nascerà un suo discendente che edificherà la casa di Israele, avrà un trono stabile e gli sarà figlio. È la prefigurazione del vero tempio, Gesù Cristo figlio di Dio. La genealogia dell’evangelista Matteo riporta nel terzo stadio il nome di Giuseppe, lo sposo di Maria dalla quale è nato Gesù. Il grande patriarca del nuovo Testamento si colloca come ultimo anello della catena umana che garantisce la figliolanza di Gesù secondo la legge. È l’uomo giusto e non ripudia la moglie incinta per opera dello Spirito Santo: accoglie il mistero voluto da Dio Padre, impone al figlio il nome Gesù ed è ritenuto suo padre. Ama Gesù “con cuore di Padre” (Papa Francesco), custodisce la sposa come gemma preziosa. In forza della fede crede con fermezza, diventa erede: la sua speranza è premiata e gli è accreditata come giustizia. P. Angelo Sardone

Giuseppe venduto dai fratelli

«Israele amava Giuseppe più di tutti i suoi figli, perché era il figlio avuto in vecchiaia» (Gn 37,3). Comincia così la storia biblica triste e gloriosa del patriarca Giuseppe, penultimo figlio di Giacobbe, avuto da Rachele. Per merito suo e per suo favore, onde sfuggire alla carestia e vivere inizialmente in un luogo sicuro, il popolo di Israele si ritroverà in Egitto dove soggiornerà per 430 anni. La sua vicenda umana è legata profondamente al padre che lo amava più degli altri e gli aveva fatto una tunica con le lunghe maniche. Il Signore lo aveva inoltre dotato di doni particolari e ciò lo rendeva inviso agli altri fratelli che lo consideravano “il sognatore”. Inviato dal padre a Sichem dove si trovavano i fratelli a pascolare, il poverino incappò nella triste vicenda di un diabolico complotto di morte. Perché non fosse ucciso, tanta era l’invidia e la gelosia dei suoi fratelli, Ruben, uno di loro che desiderava salvarlo a tutti i costi, propose il suo abbandono in una cisterna vuota col desiderio di sottrarlo vivo e di rimandarlo a casa. L’altro fratello, Giuda, invece, che pur non voleva mettergli mano addosso, escogitò la vendita per 20 sicli di argento ai mercanti madianiti diretti in Egitto. Si trattava in ogni caso di un tentativo di salvezza che si inquadrava nel piano provvidenziale di Dio. L’invidia e la gelosia sempre accecano grandi danni senza minimamente guardare in faccia a nessuno. Si svendono con facilità e per nulla, finanche gli affetti più sacri, vittime delle proprie accecanti ambizioni e della cupidigia ossessiva ed egoistica che non salvaguarda neppure i vincoli della carne e del sangue. P. Angelo Sardone

Dio scruta mente e cuore

«Io, il Signore, scruto la mente e saggio i cuori, per dare a ciascuno secondo la sua condotta» (Ger 17,10). Maledizione e benedizione si concentrano sull’uomo che confida o meno nel Signore ed ha in Lui il suo sicuro sostegno. Nella misura in cui ci si appoggia a Dio o non lo si fa, si merita o no la sua benedizione, le tristi conseguenze di un camminare da solo e puntare sulle sole proprie forze e sulla propria carne, cioè le potenzialità umane che talora sono possono essere piene di orgoglio e superficialità. Il Signore è sostegno e fiducia del cuore dell’uomo molte volte infido e ribelle alla totale guarigione. Sfiducia ed inganno rendono torbida la vita, alienandola spesso dallo sguardo benedicente e dal sicuro rifugio in Dio. L’eccessiva od esclusiva confidenza in se stessi con l’illusoria pretesa di farcela a tutti i costi anche dinanzi a situazioni grandemente superiori, può rendere orgogliosi; la resa incondizionata e senza giusta critica ad un potere dispotico, di qualunque natura sia, non rende l’uomo felice e lo allontana da sé e da Dio. Le conseguenze sono nefaste: l’uomo si rende arido, dimora nel deserto della vita. Al contrario quelle positive sono una rigogliosa esistenza alimentata da acque salutari lungo la cui corrente essa si vivifica. I benefici sono tanti: dalla pace interiore, alla gioia, alla responsabilità, alla condivisione, al retto modo di pensare e di agire. Il Signore che scruta mente e cuore, solleva, anima, sostiene, guida. Se non viene meno la fiducia in Lui, la vita si arricchisce sempre più e sprizza di gioia, anche in mezzo alle difficoltà ed ai problemi giornalieri. La seria esperienza di un Cristianesimo coerente lo conferma, proprio perché Dio guarisce il cuore e lo rende saldo col suo amore. P. Angelo Sardone

La donna, il grande dono di Dio all’uomo

«La si chiamerà donna, perché dall’uomo è stata tolta» (Gen 2,23). È la prima parola che nel paradiso terrestre l’uomo pronunzia quando, svegliandosi dal sonno indotto da Dio, si avvede della mirabile creatura che il Creatore gli ha messo accanto, donandola a lui. La natura umana, come voluta da Dio, senza equivoci di sorta, riporta la donna all’uomo e viceversa in un fecondo scambio di amore, condivisione, integrazione. Il mirabile disegno di Dio vuole la donna congiunta all’uomo nella sua distinta identità fisica e sessuale non come sottoprodotto o sua schiava, ma come eletta ed irripetibile complementarietà. La sua vera grandezza sta nella sua identità: bellezza, finezza, pazienza, intelligenza viva ed intuitiva, determinazione, umiltà, fortezza, pudore, innata pietà. I luoghi comuni anche quelli letterari e vaganti sui social, non potranno mai esprimere al meglio la grande ricchezza che essa costituisce per il creato, la vita, le relazioni sociali. La donna, oggi affermata nella Chiesa, nella società, nei luoghi dove si pensa e si decide, costituisce il valore aggiunto a tutto ciò che l’uomo finora ha potuto pensare, programmare, stabilire. La femminilità e l’avvenenza fisica sono la manifestazione genuina della bellezza d’animo e della solidità di forza interiore che si esprime nella gestazione di una vita, nel parto di un figlio, nella sopportazione dignitosa e disarmante di un acerbo dolore, nella donazione del suo corpo e della sua vita a Dio in un matrimonio mistico che, in una Comunità religiosa o stando in famiglia, genera una moltitudine di figli. Gloria alla donna sulla quale si infrangono le onde spumeggianti di stereotipi sociali legati allo sfruttamento del suo corpo, alla violenza fisica e psicologica, alla violazione della sua dignità di essere umano. Gloria a Dio che concede al mondo ed all’uomo un bene così grande del quale non si può fare a meno! P. Angelo Sardone

La via della santità: un obbligo per il cristiano

«Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo» (Lv 19,2). La caratteristica fondamentale del popolo di Dio, antico e nuovo, è la santità. Non si tratta di un’opzione lasciata alla responsabilità ed alla volontà dell’uomo, ma dell’essenza stessa della fede, dell’Ebreo prima e poi del Cristiano. Il precetto è contenuto nel codice del Levitico con evidenti legami col Decalogo, proclamato solennemente da Mosé, dietro formale ingiunzione di Dio. Dio che è tre volte santo, esige che il suo popolo, staccato e distinto dagli altri popoli, sia santo, tenda alla santità ed alla perfezione. Il concetto e la realtà della santità ha come supporto una serie di indicazioni ben precise che si riferiscono propriamente alle relazioni ed ai rapporti col prossimo. Quasi a dire: non c’è santità effettiva che elevi e proietti verso Dio, che non si costruisca e passi attraverso la relazione ed il comportamento verso il prossimo. Ciò sarà ribadito fortemente dagli insegnamenti di Gesù. Il furto, il falso giudizio, l’oppressione, la maledizione, l’ingiustizia, la calunnia, il rancore, la vendetta, sono elementi che intralciano il cammino di santità e disorientano la vita dell’uomo. Tutto ciò che è contrario segna la strada preferenziale per un itinerario effettivo di grazia e di salvezza. La santità cui il cristiano deve aspirare non è quella delle nicchie degli altari, ben venga anche, ma quella della ferialità che non è fatta di grossi prodigi e manifestazioni, ma di cose semplici, umili, ripetute, che passano attraverso la precarietà e la giornaliera debolezza umana. «Fatti santo!» amava ripetere a chiunque P. Giuseppe Marrazzo mio confratello del quale è in corso la causa di canonizzazione. È un buon augurio anche per te. P. Angelo Sardone

Le primizie del campo, le primizie della vita

«Gridammo al Signore, al Dio dei nostri padri, e il Signore ascoltò la nostra voce, vide la nostra umiliazione, la nostra miseria» (Dt 26,7). Il rito dell’offerta delle primizie dei frutti del suolo destinati al Signore, è in analogia all’offerta dei primogeniti degli uomini e degli animali. Lo prescrive la Legge. Dovevano essere consegnate al sacerdote di turno che li deponeva davanti all’altare, mentre il pio Israelita faceva la sua confessione di fede che sintetizza la storia della salvezza a partire dalla liberazione dall’Egitto. Tutto è dono: la vita, la terra promessa, i frutti. Un tratto importante di memoria storica è proprio la cattività egiziana, stigmatizzata da crude espressioni che fanno risaltare la schiavitù, l’oppressione, i maltrattamenti, le umiliazioni. In questo particolare stato, lungi dall’abbandonarsi alla disperazione, gli Ebrei si rivolgevano al Signore, il Dio dei Padri gridandogli la dolorosa situazione di vita. L’atteggiamento e l’opera di Dio è segnata da alcuni verbi importanti: “ascoltò la voce, vide l’umiliazione e la miseria, fece uscire dall’Egitto, condusse nella terra promessa, diede copiosi frutti”. La proclamazione di fede diviene preghiera, la storia passata si concretizza nel presente pieno di gratificazione. Il quadro liturgico delinea l’atteggiamento riconoscente dell’uomo verso Dio per la ricchezza dei suoi doni. La libertà ricevuta da Jahwé viene ricambiata con l’offerta delle primizie della terra che a Lui sono riservate. Occorre riconoscere l’abbondanza dei doni ricevuti da Dio in natura e grazia per sentire l’esigenza di offrirGli in cambio le primizie del personale raccolto, dalla terra e dalla vita. P. Angelo Sardone

Terreni irrigati dall’acqua di Dio

«Ti guiderà sempre il Signore, ti sazierà in terreni aridi, rinvigorirà le tue ossa; sarai come un giardino irrigato» (Is 58,11). Le condizioni morali e spirituali che il Signore detta attraverso i profeti, non sono fine a se stessi, ma hanno il riscontro nei benefici che da essi conseguono. La lunga lista dei “se” che fanno da premessa alle indicazioni divine, si evolvono e realizzano nelle risposte che il Signore offre. L’eliminazione dell’oppressione, la maldicenza, la generosità verso chi è nel bisogno fisico, spirituale e morale, l’adempimento della norma del riposo del sabato per dedicarsi a Dio ed ai fratelli, sono tutte cose compensate largamente dalla Provvidenza di Dio. Egli guida sempre chi gli si affida, sazia di pane e di ricchezza nei luoghi e nei tempi di aridità, rinvigorisce le ossa e le ginocchia vacillanti, rende floridi come un giardino irrigato dall’acqua corrente. Queste promesse non sono aleatorie, ma impegni solenni che il Creatore prende con le creature, a patto però che le stesse si impegnino a loro volta ad ascoltare e metterli in pratica. Bisogna essere attenti a queste indicazioni per non correre il rischio di udirle e non ascoltarle, di lasciarsi prendere dal desiderio di praticarle ma non eseguirle, di diventare vittime di entusiasmi passeggeri e leggeri a seguito di qualche forte emozione spirituale in luoghi o con persone particolari, e poi non mettere in pratica gli intendimenti. Il cammino della Quaresima è serio ed impegnativo. Non ci si può accontentare di slogan spirituali propagandistici ed immagini scontate che circolano sui social ai quali, forse, non si aggiunge altro se non emozione o irritazione da parte di chi li riceve. P. Angelo Sardone