Astro del ciel

«O Astro che sorgi, splendore della luce eterna, sole di giustizia: vieni, illumina chi giace nelle tenebre e nell’ombra di morte» (Antifona al Magnificat dei Vespri del 21 dicembre). Oggi ricorre il solstizio d’inverno, la notte più lunga dell’anno. Le giornate guadagnano luce, mentre comincia l’inverno. Il termine, derivante dal latino solstitium (il sole si ferma), indica il momento in cui il sole nel suo moto ellittico attorno alla terra raggiunge la minima altezza rispetto all’orizzonte terrestre. Nella preparazione al Natale, il giorno dopo la notte più lunga, la Chiesa inneggia a Cristo che viene come un sole che sorgendo, squarcia le tenebre e vince il buio. Il Verbo fatto carne addita se stesso luce e fonte della luce «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Gv 8,12). Egli è «sole di giustizia», secondo la felice espressione del profeta Malachia che denunzia la vuotaggine del culto religioso fatto di orpelli esteriori. L’immagine liturgica dell’astro, richiama il canto natalizio forse più noto dopo il «Tu scendi dalle stelle», «Astro del ciel, pargol divin, mite agnello redentor!» che riprende con espressioni diverse il testo di «Stille Nacht» scritto nel 1816 dal sacerdote salisburghese Joseph Mohr affidato nel Natale 1818 al compositore Franz Xaver Gruber (1787-1863), che scrisse la famosa melodia nota in tutto il mondo. Come in altri casi, il testo italiano non è propriamente la traduzione dell’originale tedesco, ma offre comunque, chiunque
l’abbia scritto, elementi biblici ed immagini consone al Natale. P. Angelo Sardone

La giovane vergine che concepisce

«Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (Is 7,14). La conclusione dell’intervento di Isaia presso il Re di Giuda è perentorio e risolutivo, a dimostrazione che Dio non vuole che ci si fidi di aiuti stranieri né tanto meno di dei stranieri. Dal momento che il re non se la sente di chiedere un segno al Signore ed ha i suoi buoni motivi per farlo, è il Signore stesso che dà il segno straordinario e definitivo per la storia di Israele e per la sua benedizione e protezione: una giovane donna partorirà il Figlio stesso di Dio. Il Messianismo qui ha un suo punto nodale: il Dio con noi sarà la manifestazione visibile di Dio e del suo amore compassionevole e benigno. Anche se dal punto di vista storico il figlio, Ezechia, nascerà dalla moglie di Acaz, ciò sarà il segno inconfutabile del Regno messianico definitivo. La profezia è di gran lunga superiore all’evento storico. Saranno proprio gli evangelisti Matteo e Luca che citando il passo di Isaia, riconosceranno la nascita del Salvatore Gesù Cristo. Inoltre il termine ebraico “Almah” che significa contemporaneamente giovane donna e donna appena sposata, ha un chiaro riferimento sia alla verginità di Maria che alla nascita di Gesù da lei. La bellezza di questi testi rimane sempre sorprendente a conferma che la storia della Redenzione parte da Israele e si compie in Cristo che darà origine al nuovo Israele. Di questo nuovo popolo e di questo Regno siamo parte integrante noi cristiani di oggi. P. Angelo Sardone

Il grande giudice Sansone

«Ecco, tu concepirai e partorirai un figlio; sarà un nazireo di Dio dal seno materno fino al giorno della sua morte» (Gdc 13,5). La preparazione al Natale sia attraverso il canto delle Profezie che con la rievocazione di eventi storici collegati per analogia al Bambino che deve nascere, è un approfondimento concreto ed una riflessione adeguata sul mistero dell’amore di Dio. Esso passa attraverso la storia e dimostra la perenne presenza dell’Altissimo nella vita e nella storia dell’uomo. La nascita di Sansone, uno dei Giudici di Israele, riecheggia parte delle medesime parole che l’Angelo Gabriele riferirà secoli dopo a Maria di Nazaret all’annuncio del Salvatore. Il celebre Sansone è l’unico dei Giudici di Israele del quale si raccontano più vicende nel Libro dei Giudici, dalla predizione della sua nascita da una donna sterile, fino alla morte ad opera dei Filistei. La duplice apparizione di un angelo, assicura prima la donna e poi anche suo marito Manoach, che avrà un figlio, ma dovrà avere per lui attenzione ed accortezza massima perché non gli siano mai tagliati i capelli, non beva bevande inebrianti, perché sin dal seno materno sarà un Nazireo, cioè un consacrato a Dio. Questa ultima identità giustifica l’inserimento di Sansone tra i Giudici di Israele. Le analogie tratte dal Vecchio Testamento preparano il grande evento della venuta storica nella carne mortale del Figlio di Dio, il consacrato per eccellenza al Padre, il quale non sarà solo giudice di Israele ma di tutto il mondo quando tornerà nella gloria a conclusione della vita sulla terra. Consacrati nel Battesimo, anche noi percorriamo l’itinerario di salvezza andando incontro a Cristo che viene. P. Angelo Sardone

Il segno dall’Alto

«Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto» (Is 7,10). Il Libretto dell’Emmanuele, una porzione del libro del Primo Isaia, compreso tra il 5 ed il 12 capitolo, è sicuramente uno dei testi più significativi dell’Avvento perché in linea con altri vaticini profetici predice la venuta del Messia e descrive i doni di cui sarà rivestito. Un oracolo di grande valore, classico per eccellenza, è quello riportato al capitolo 7: in piena guerra Siro-Efraimita (732 a.C.) esortando Acaz, re di Giuda, a non aver paura dei due re che gli hanno mosso guerra e che non sono altro che due tizzoni fumanti, il profeta annunzia la venuta di una giovane donna, una «Almah», che concepirà e partorirà un figlio che chiamerà Emmanuele, che significa Dio con noi. L’intervento del profeta viene di seguito all’ingiunzione al re di chiedere un segno a Dio. Acaz se n’era guardato bene perché si sentiva in colpa proprio verso il Dio di Israele in quanto recentemente aveva sacrificato suo figlio a Molok un dio pagano. Jahwé non attende la richiesta, anzi prende egli stesso l’iniziativa prospettando il segno per eccellenza che avrebbe sconvolto l’intera umanità: nella giovane donna che partorisce, verosimilmente la moglie di Acaz, vi è in prospettiva Maria di Nazaret; il bimbo che da lei nascerà sarà l’Emmanuele, Dio con noi. Questo elemento di grandissimo valore storico e teologico torna nella riflessione di questi giorni prossimi al Natale, per significare come la Storia della salvezza passi anche attraverso la storia profana e diriga gli avvenimenti secondo una logica ultraterrena, le cui finalità sono sempre il bene delle creature di ogni tempo. P. Angelo Sardone

Quarta domenica di Avvento

Sintesi liturgica.  IVª Domenica di Avvento. In piena guerra siro-efraimita Jahwè invitando il re Acaz ad avere fiducia solo in Lui, mettendo da parte re e dei stranieri, tramite Isaia gli dà un segno concreto: da una giovane donna nascerà l’Emmanuele, il Dio con noi. La profezia viene confermata dall’angelo del Signore nel sogno a Giuseppe per assicurarlo che quello che è avvenuto in Maria, la sua promessa sposa, è opera dello Spirito santo ed è il compimento storico di quanto promesso da Dio. Dovrà prenderla con sé e toccherà a Lui dare al bimbo che nascerà il nome Gesù, che significa salvatore. E’ nato dal seme di Davide secondo la carne e costituito da Dio suo Figlio secondo la potenza dello Spirito. Da Lui si riceve la grazia di essere apostoli e diffusori della fede tra tutte le genti. P. Angelo Sardone