I tre giovani nella fornace

«Benedetto il Dio di Sadrach, Mesach e Abdènego, il quale ha mandato il suo angelo e ha liberato i servi che hanno confidato in lui» (Dn 3,95). Alla disfatta di Gerusalemme ad opera di Nabucodonosor, seguì la deportazione degli Ebrei in Babilonia. Volendo circondarsi di persone eminenti per cultura, bellezza e sapienza, il re ordinò che gli fossero condotti uomini validi, provenienti dal popolo giudeo per introdurli alla cultura ed alla lingua dei Caldei. Furono ammessi alla sua corte quattro giovani, Daniele, Anania, Misaele ed Azaria cui furono cambiati i nomi in Balthasar, Sadrach, Mesach e Abdenego ed introdotti alla cultura caldea. Fu inoltre ingiunto di trattarli con tutti i riguardi soprattutto a tavola. Essi rifiutarono queste attenzioni preferendo continuare a cibarsi di legumi ed evitare carni grasse e proibite. A Daniele poi fu riconosciuta una sorprendente capacità di interpretare i sogni ed i segni. Essendosi opposti all’adorazione di una statua di oro fatta coniare dal re, i tre, eccetto Daniele, furono gettati in una fornace ardente. L’intervento prodigioso del Dio dei Giudei li salvò nonostante fossero state aumentate le scorte di legname e bitume per rendere più avvolgenti le fiamme. I tre giovani non morirono, anzi un Angelo fu visto passeggiare con loro tra le fiamme. Dinanzi a questo prodigio strepitoso lo stesso Nabucodonosor rimase perplesso e si lasciò andare in espressioni di grande fede riconoscendo la grandezza di potere del Dio di Israele. Tante volte occorrono cose sorprendenti per indurre anche i più duri a ragionare e rendersi conto, soprattutto nei confronti di Dio, che c’è sempre qualcuno sorprendente che opera cose strepitose ed inconciliabili con tutto ciò che può essere naturale. P. Angelo Sardone

Il trionfo della verità

«O uomo invecchiato nel male! Ecco, i tuoi peccati commessi in passato vengono alla luce. La tua menzogna ti ricadrà sulla testa» (Dn 13,52-55). La Quaresima è un cammino pedagogico. Alla scuola della Parola e della Liturgia con esempi e testimonianze provenienti dal passato ci si prepara alla celebrazione del mistero della Pasqua. La Parola di Dio si stacca dall’evento cronachistico e propone, sulla base di elementi storici o didattico-sapienziali, criteri di lettura delle situazioni della vita ed insegnamenti opportuni per rendere l’esistenza umana e cristiana più consapevole e responsabile. É nota la storia biblica di Susanna, che non nasce dalla fervida inventiva di un romanziere, ma è concepita in un racconto di immaginazione drammatica che vuole evidenziare la difesa degli innocenti ed il castigo della malizia e dei maliziosi, unitamente agli abusi comuni nei procedimenti giudiziari. La bellissima donna era moglie di Joakim, divenuta oggetto del desiderio libidinoso di due anziani della comunità giudaica in Babilonia. Non potendo raggiungere il loro scopo di sedurla e giacere con lei, istruiscono un vero e proprio odioso procedimento contro di lei allo scopo di condannarla inesorabilmente. L’intromissione del giovane Daniele che gridava l’innocenza della donna delicata di aspetto e molto bella, fece in modo che la vicenda si risolvesse nella verità dell’assoluta innocenza e del grave errore giudiziario che il popolo stava compiendo con la inesorabile condanna senza indagare la verità. Spesso questa storia si ripete ed i risvolti non sono sempre positivi! Dio salva chiunque spera in Lui e smaschera con le loro stesse parole i falsari e detrattori della verità. P. Angelo Sardone

Lazzaro, vieni fuori

«Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d’Israele» (Ez 37,12). La prospettiva pasquale è di morte e risurrezione. L’itinerario quaresimale che conduce verso il traguardo della crocifissione e della morte di Cristo, si conclude con l’evento della risurrezione che costituisce il fondamento della fede cristiana. La morte in sé segna la conclusione della vita, ma nel caso di Gesù Cristo essa è il principio della vita senza fine, espresso dalla sua vittoria. Chiamare i morti alla vita è presupposto esclusivo di Dio, autore e signore stesso della vita. Per Lui non c’è morte, ma solo vita. Nel linguaggio profetico, questo insegnamento è ricorrente. Ezechiele presenta un capitolo intero del suo libro, il 37, detto delle ossa aride, manifestando nel segno, l’infinita potenza di Dio di ridare vita alle ossa inerti, vittime della morte e della corruzione. Tramite il profeta, Jahwé parla agli esuli scoraggiati di Babilonia ed annunzia loro la restaurazione, il ritorno in patria e la ripresa della vita, preannunziando già la risurrezione finale. Il sepolcro dell’uomo è talora il suo orgoglio e la sua superbia, che generano il peccato, allontanano da Dio e causano la morte. Dio solo ha il potere di aprire il sepolcro e di richiamare alla vita, proprio come Gesù fece con il suo amico Lazzaro. La sua vicenda storica è esempio concreto di quanto Dio possa fare e realizzare nel corso di ogni tempo. La risurrezione ordinaria dalla situazione di morte a causa del peccato attuale, si realizza attraverso il pentimento sincero, la confessione delle proprie colpe ed il perdono ricevuto. P. Angelo Sardone

Eccomi: Maria scattante

«Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele, perché Dio è con noi» (Is 7,14). La celebre profezia messianica pronunziata da Isaia fa da sfondo alla solennità odierna dell’Annunciazione del Signore, che celebra l’intervento di Dio per la realizzazione del regno del Messia. Il contesto storico della guerra siro-efraimita del 731 a.C. è il luogo teologico nel quale si colloca l’annunzio a Maria della nascita di Cristo, come bene hanno interpretato gli evangelisti e poi tutta la tradizione cristiana. Tutto questo si verificherà attraverso un re, successore di Davide che Dio darà per la salvezza al suo popolo. Al di là della circostanza storica, per la quale il profeta Isaia intravede un figlio del re Acaz, lo stesso nome simbolico che gli sarà dato, Emmanuele, proietta in una dimensione futura la realizzazione del regno messianico definitivo. Ciò si concretizzerà con Gesù Cristo e passa attraverso la disponibilità di Maria, giovane donna di Nazaret, che accoglie nella sua casa l’arcangelo Gabriele e nel suo cuore e nella sua vita l’annunzio del progetto salvifico di Dio, dando il suo pieno assenso. La festa odierna conserva anche la sua consistenza mariana, essendo congiunti Cristo e la Vergine, il Verbo che si fa figlio di Maria e la Vergine che diviene Madre di Dio. Essa ricorda l’evento dell’annuncio fatto ad una donna di Nazaret e si specifica in molteplici elementi: il concepimento di Gesù nel seno di Maria, la divina maternità, la partecipazione al mistero pasquale del Figlio. Si articola in punti diversi: dal particolare saluto, al turbamento di Maria e al chiarimento richiesto, dalla risposta dell’angelo all’assenso incondizionato di Maria. Auguri a tutti coloro che portano il nome di Nunzio, Nunzia, Annunziata e derivati. P. Angelo Sardone

La condanna di Gesù

«Condanniamolo a una morte infamante, perché, secondo le sue parole, il soccorso gli verrà» (Sap 2,20). Il tempo della Quaresima prepara nell’ascolto della Parola, al grande evento della Pasqua, cioè la morte e risurrezione di Cristo. Il cammino itinerante dietro la Parola di Dio, aiuta ad immergersi nella contemplazione e nella comprensione del mistero che segna il fondamento della fede cristiana. I testi profetici annunziano con chiarezza gli eventi. Ci sono elementi sapienziali che provengono non dalla letteratura storica ma dalla riflessione profonda che gli autori sacri, sotto l’evidente ispirazione di Dio, propongono alla riflessione. La liturgia sceglie con dovizia alcuni passi salienti che introducono ad una comprensione più adeguata del mistero. Il libro della Sapienza, identificativo di una corrente di pensiero e di teologia biblica nella sezione letteraria dei testi didattico-sapienziali, offre delle coordinate che in alcuni casi possono collocarsi sul versante propriamente profetico. La sapienza incarnata è Cristo e su di lui si addensano le considerazioni che fotografano quasi la situazione ed i presupposti della sua condanna. Nella trattazione della vita, come è vista è gestita dagli empi, si colloca uno squarcio che bene si addice a Gesù Cristo. Nella persona dei fedeli di Alessandria di Egitto scherniti e perseguitati si intravede la stessa sua persona, vittima della ingiusta condanna e con carnefici uomini e donne che ancora oggi si ergono a giudici implacabili di un innocente vittima di invidia e gelosia altrui. La storia di Cristo si ripete nell’oggi della storia. P. Angelo Sardone

La potenza della preghiera

«Desisti dall’ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo» (Es 32,12). Il cammino del popolo d’Israele verso la terra promessa è stato travagliato ed irto di tante difficoltà. La stanchezza, lo scoraggiamento, la delusione, si tramutavano frequentemente in rivolta contro Dio. Nonostante che Jahwé fosse sempre intervenuto in loro soccorso dando carne e pane da mangiare, acqua da bere, l’ostinazione tipica di un popolo di dura cervice, diventava aperta sfida a Dio e ricerca di altre fonti di sicurezza e di chiarezza nel duro e faticoso itinerario verso una terra sconosciuta. Mentre Mosé era sul monte a colloquio con Dio, il popolo pervertito, si costruisce un manufatto aureo dinanzi al quale si prostra e che invoca come il vero Dio. Il condottiero è assolutamente inconsapevole di ciò che sta accadendo a valle con la complicità arrendevole di suo fratello Aronne. È Dio stesso ad avvertirlo e chiedergli di scendere dal monte confidandogli propositi minacciosi. La mediazione del profeta, l’unico che parla con Dio, diviene efficace, andando a toccare con la sua preghiera le corde più intime della misericordia divina, inducendo quasi il Signore a ragionare per non cadere nel ridicolo nel riscontro con gli altri popoli. La memoria del passato e dell’antico amore per i grandi patriarchi diviene decisivo perché Dio desista dal suo giusto proposito di nuocere nei confronti del popolo insofferente e ribelle. Come dicevano i Padri della Chiesa e ripeteva il beato Giacomo Cusmano, la preghiera è davvero il mezzo onnipotentissimo per piegare lo stesso Dio. Bisogna farne esperienza con umiltà e perseveranza. P. Angelo Sardone

Misericordia e consolazione: epiteti di Dio

«Il Signore consola il suo popolo e ha misericordia dei suoi poveri» (Is 49,13). Dio non solo è misericordioso ed usa misericordia verso il suo popolo, ma è misericordia. Preceduto dal secondo canto del Servo di Jahwé, il capitolo 49 di Isaia canta la gioia del ritorno in Israele dopo il suo esilio quarantenne. Nella gioia si staglia il tema caro al profeta Osea ed allo stesso libro del Deuteronomio, la benevolenza di Dio, la sua eterna misericordia. Nella mentalità biblica la consolazione è una vera e propria esperienza di rapporto tra l’uomo e Dio che si evidenzia maggiormente nei momenti di difficoltà. Tutta la seconda parte del profeta Isaia viene definito il «Libro della Consolazione» perché manifesta l’atteggiamento che viene da Dio stesso di assicurare al suo popolo, insieme con l’appartenenza a Lui, la protezione, l’assistenza e la presenza che supera una dimensione propriamente psicologica. Secondo l’esperienza di Davide, riportata nei suoi salmi, la consolazione nella solitudine, nella miseria e nell’abbandono, si poggia e si avverte a partire dalla Parola di Dio. La misericordia indica un atteggiamento di Dio di benevolenza ampia e comprensiva della dimensione umana, la bontà del cuore da cui scaturiscono gentilezza e amore. L’uomo di oggi e la moderna società, nelle traversie della vita tra gli eventi dolorosi, hanno bisogno di grande consolazione e di profonda misericordia, realtà che si possono trovare solo in Dio. Anche le parole hanno il loro peso: un gesto gentile ed una parola consolatoria può aiutare a lenire il dolore, a far avvertire la partecipazione e contribuire ad entrare nell’alveo della misericordia di Dio che ama i poveri e li consola. P. Angelo Sardone

Le acque del tempio

«Vidi l’acqua che usciva dal tempio, e a quanti giungerà quest’acqua porterà salvezza» (Ez 47,1-12). É’ ricorrente nella Bibbia l’immagine ed il tema dell’acqua. Il testo del profeta Ezechiele è un classico nella letteratura del Vecchio Testamento nella prospettiva della Gerusalemme escatologica, impensabile senza un torrente di acqua viva. La visione profetica presenta una sorgente che scaturisce dal tempio e diviene un fiume grande e potente nel suo passaggio per la valle del Giordano rigenerando la vita nel paese. La stessa immagine sarà ripresa nell’Apocalisse da S. Giovanni (21,1) con componenti quasi analoghe: l’acqua della vita scorre sotto il trono della nuova Gerusalemme e la salvezza consisterà nel ricevere l’acqua della fonte viva. L’acqua è segno evidente della benedizione di Dio. Il Catechismo della Chiesa cattolica è ricco di riferimenti: fin dalle origini del mondo l’acqua, umile e meravigliosa creatura, è la fonte della vita e della fecondità. Il fiume di acqua viva che scaturisce dal trono di Dio e dell’Agnello è uno dei simboli più belli dello Spirito Santo. Il Corpo di Cristo risorto è il tempio spirituale da cui sgorga la sorgente d’acqua viva, segno del Battesimo, insieme al sangue scaturito dal fianco trafitto di Gesù crocifisso che è segno dell’Eucaristia, entrambi sacramenti della vita nuova. Ed infine, l’acqua dalla roccia era figura dei doni spirituali che vengono da Cristo. Questa ricchezza sorprendente necessita di essere conosciuta e compresa per non correre il rischio di scorrere inutilmente nella indifferenza e nella ignoranza cristiana. P. Angelo Sardone

San Giuseppe: custode e nutrizio

«Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio» (2Sam 7,14). La celebre profezia di Natan si applica anche a Giuseppe, sposo di Maria di Nazaret, la cui festa liturgica si celebra oggi. Uomo giusto, della Casa di Davide, di mestiere falegname e di origine betlemita, aveva sposato Maria con la quale abitava a Nazaret. Segna la conclusione dell’Antico Testamento: in lui i patriarchi e i profeti conseguono il frutto promesso, Gesù. Il suo nome e la sua vicenda di vita sono riportati nei Vangeli dell’infanzia di Gesù, presente alla nascita di Cristo, alla sua circoncisione, alla perdita nel tempio ed al suo ritrovamento. A lui Dio «affidò la custodia dei suoi tesori più preziosi» (Pio IX): Gesù e Maria; fu depositario insieme con la sua sposa del mistero nascosto nei secoli e rivelato da Dio. Il servizio della sua paternità si fonda giuridicamente sul matrimonio con Maria, con l’autorità di imporre il nome al figlio, col “cuore di Padre” (Francesco). La sua dignità è grande: fu custode di Maria e, nell’opinione degli uomini, padre del Figlio di Dio, Gesù che a lui fu sottomesso, gli «obbediva e gli prestava quell’onore e quella riverenza che i figli debbono al loro padre» (Leone XIII). La sua caratteristica è il silenzio ed il nascondimento: per questo in modo particolare da S. Annibale M. Di Francia viene invocato come «patrono della vita interiore». Egli affermava che bisogna manifestare nei suoi confronti una devozione tenera, semplice ed ingenua; occorre pregarlo col cuore ed insistentemente. S. Giuseppe è il patrono della Chiesa cattolica e della buona morte, avendo concluso la sua vita presente Gesù e Maria. Auguri a tutti coloro che portano il suo nome. P. Angelo Sardone

Il cuore più che l’apparenza

«Samuele prese il corno dell’olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli, e lo spirito del Signore irruppe su Davide da quel giorno in poi» (1Sam 16,13). Una volta ripudiato Saul a causa della sua infedeltà, Jahwé nell’intento di assicurare al popolo di Israele una continuità monarchica nella fedeltà a Lui, invia il profeta Samuele a Betlemme, nella casa di Iesse, alla ricerca del «consacrato». Gli passano dinanzi i sette figli del betlemita, ma su nessuno di essi cade la scelta. Il Signore stesso aveva dato al profeta una indicazione: non guardare alla corporatura, alla possanza fisica, perché al contrario degli uomini, io non guardo l’apparenza, ma il cuore. Finalmente, rilevato dai campi dove sta conducendo il gregge, giunge il più piccolo, Davide, fulvo di aspetto. Su di lui cade la scelta di Dio e Samuele lo consacra re di Israele versandogli in testa e sul corpo l’olio dell’unzione. Da allora lo Spirito prende possesso del giovane le cui imprese resteranno mirabili nella storia di tutti i tempi: sarà grande condottiero, poeta, musicista ed anche peccatore. Dalla sua stirpe verrà Gesù Cristo. Di lui si parlerà diffusamente in diversi libri del Vecchio e del nuovo Testamento e saranno frequenti i richiami teologici ed ecclesiali alla sua grande personalità. Le scelte umane spesso fanno riferimento alla grandezza ed all’esteriorità: vale tanto chi ha ed appare. Il criterio divino si muove in direzione contraria: Dio guarda al cuore e tante volte sceglie chi agli occhi degli uomini ha poco valore per manifestare in quella pochezza la sua grandezza. La celebrazione liturgica di S. Giuseppe è trasferita a domani. Oggi è la Festa del papà. Auguri a tutti coloro che sono tali: possano imparare da S. Giuseppe il «segreto della loro paternità, avendo egli vegliato sul Figlio dell’Uomo» (Benedetto XVI). Ai Giuseppe, Pino, Peppino, Giuseppina, Giusy, Pina, auguri vivissimi. P. Angelo Sardone