La via crucis giornaliera

Il ricordo della Passione di Gesù segna questo giorno. L’Uomo-Dio ha preso su di sé il nostro dolore e si è fatto dolore, si è caricato del nostro peccato e si è fatto peccato. E questo, solo per amore. Il mistero del dolore e della sofferenza di Cristo non ha ragione se non nel fatto che solo il suo sangue offerto in sacrificio, poteva ripagare e riparare l’antico e l’attuale peccato dell’uomo. Il venerdì settimanale, con la sua intensa carica di preghiera liturgica e gli elementi penitenziali, immette nel gorgo della misericordia di Dio e rende più vicino a noi, meno incomprensibile, il mistero della sofferenza di Dio per l’uomo, abbracciato con amore e per amore da Gesù. E’ il modo supremo col quale lo ha manifestato «nei fatti e nella verità». La vita dell’uomo è una giornaliera Via Crucis già percorsa e sublimata da Cristo. Lui l’accompagna perché non vengano meno le forze e soccombiamo sotto il peso della tribolazione, della sfiducia, della paura, dell’incoerenza, della leggerezza, della confusione che si insinua nella mente e nel cuore. Questi giorni particolari sono una particolare via crucis sicuramente non preventivata. Oggi e così, il pio esercizio diventa vita, il ricordo del mistero diventa realtà. C’è il rischio di diventare folli per il terrore di ciò che avviene attorno; il pericolo di alienarci dalla verità consolante che viene da Dio che ha vinto il peccato e la morte, travolti dalle notizie in tempo reale, inebetiti dalla paura di cose imponderabili e dalla consapevolezza e la fortuna di essere i superstiti dalla morte. Percorriamo allora questa strada tenendoci per mano con chi ci è accanto, facendoci forza a vicenda, prendendo e non rifiutando il peso della croce e portandola lietamente. Avremo la certezza di non essere soli. Prima di noi, ed oggi con noi, chi la porta con noi e per noi è Gesù. Questa è una consolante realtà. P. Angelo Sardone

La fede matura

Il Signore è il nostro Dio: con Lui si respingono gli avversari e si annientano gli aggressori. Era questa la certezza dell’antico popolo di Israele nel suo cammino verso la Terra Promessa: nella più grave difficoltà comprese che non poteva confidare in sé stesso, non poteva pensare che fossero solo le armi a difenderlo e a salvarlo. E’ quanto stiamo sperimentando in questi giorni, tra paura ed ansietà, timori e speranze. L’uomo conosce il suo limite quando è con le spalle al muro, quando, impotente, soffoca in un singulto di pianto il suo dolore, quando la sua mente annebbiata e confusa non è in grado di reagire, quando si ripiega su se stesso. Nonostante tutto, però, vuole camminare. Se non può con le sue gambe, può con il cuore, con il desiderio, può col suo pensiero che oltrepassa il mare ed i monti ed in un attimo raggiunge persone e cose, ciò che davvero desidera ed ama. Il movimento del cuore verso l’esterno, è sospinto da quello più forte verso l’interno. Nella sua mente l’uomo rivaluta il buonsenso; nel più profondo di sé trova o riscopre una presenza: la propria coscienza, la traccia evidente di un Dio, che come brezza leggera, quasi una carezza d’amore, dona sollievo, rinfranca l’anima, fa comprendere che la salvezza è nella sua Parola. Occorre continuare a fidarsi di Lui. La fede in Gesù Cristo morto e risorto, non è un ripiego in tempi di caligine: è certezza di salvezza, è maturità di vita, è credibilità. Con questa fede andiamo avanti. Anche oggi. P. Angelo Sardone

La forza di Gesù e Maria

La forza della nostra vita è Gesù Cristo. Da Lui si attinge coraggio e vigore per vivere ogni giorno il peso dell’incertezza e del mistero. Nel suo amore Dio Padre ha voluto associare a Gesù Maria, la cui vita è una eloquente storia di disponibilità. Sin dal primo istante della sua concezione, Dio le ha riservato un privilegio esclusivo per prepararla al ruolo speciale di Madre sua per il dono di Cristo al mondo e la realizzazione del progetto salvifico. Nel silenzio orante di Nazaret Ella diventa la prima volta madre ed assume l’onerosa responsabilità di collaborare nell’opera di salvezza del Figlio. Profondamente donna e creatura teme e si turba per la grandezza della dignità: in Lei si avvera, infatti, la profezia di Isaia. Infrangendo ogni regola di natura, Dio la rende madre conservandole intatta la verginità. L’assurdo diventa reale e si tramuta nel segno perenne che Dio ha dato e lasciato all’umanità di ogni tempo. La parola di Maria è la stessa eterna Parola di Gesù. Il suo più autentico messaggio al mondo è Gesù. La sua esortazione più convincente è «Fate tutto quello che egli vi dirà». Il «Fiat», ossia il «Sì» di Maria è attuale: ogni giorno continua a concepire e donare Gesù al mondo. Nella persistente incertezza e preoccupazione di questi giorni, siamo consolati dal pensiero che proprio sotto la croce di Gesù, Maria per la seconda volta è divenuta madre, “madre di tutti i viventi”. E’ lei che ci genera e si prende cura di ciascuno. Ogni giorno. Come Lei siamo chiamati a dire il nostro «Fiat», il nostro «Sì» al Signore nell’accoglienza di ciò che la Provvidenza di Dio misteriosamente riserva. Il Rosario, con la contemplazione dei misteri di Cristo, non è solo una devozione ed invocazione mariana ma anche una preghiera cristologica. Davvero non si può essere cristiani se non si è mariani! P. Angelo Sardone

Annunciazione del Signore

Annunciazione del Signore. Il Signore dà ad Acaz il segno che si era rifiutato di chiedergli, consapevole di essere stato infedele, per aver offerto in sacrificio al dio Molock suo figlio: una giovane donna concepirà e partorirà un figlio che chiamerà Emmanuele, cioè Dio con noi. Questa Vergine è Maria, la donna di Nazaret, che riceve la visita dell’Angelo Gabriele con l’annunzio da parte di Dio: «Concepirai e darai alla luce un figlio che chiamerai Gesù!». Il turbamento determinato in lei sin dalle prime parole dell’Angelo, si muta in accoglienza gioiosa e scattante «Eccomi», quando il messo di Dio chiarisce ogni suo dubbio e la rassicura; quello che avverrà in lei è frutto dello Spirito e della potenza dell’Altissimo: sarà coperta dall’ombra fecondante di Dio e diventerà madre. Chi nascerà è il Figlio di Dio, il cui corpo è stato preparato dallo stesso Dio. Per cui entrando nel mondo Cristo ripete le stesse parole di Davide: «Vengo per fare la tua volontà», cioè l’offerta salvifica del suo corpo in remissione dei peccati nel nuovo ed eterno sacrificio. Auguri a tutti coloro che portano il nome di Annunziata, Nunzio, Nunzia, Tina ed affini. La Vergine del «Sì» sia modello per pronunziare il proprio «Sì» anche in mezzo alle difficoltà ed all’incomprensione del volere di Dio. P. Angelo Sardone

Ogni giorno una speranza nuova

Ogni giorno il Signore si affaccia dal cielo e guarda la terra per ascoltare il gemito e liberare dagli affanni (cfr. Sal 101, 20-21). Ogni giorno. Questa Parola è efficace sostegno e delicata consolazione al cuore di chi è affranto nel buio della persistente difficoltà, nell’incertezza di ogni domani, nella paura della negativa evoluzione degli avvenimenti. Dio Padre ha cura dei suoi figli e se anche permette la prova, è sempre pronto a lenire ogni sofferenza, donando necessaria speranza. Nella prova la fede matura. Non si possono scandagliare i tempi e le stagioni, tentare di comprendere gli interventi e l’opera di Dio se non con un’ottica diversa da quella semplicemente umana, logica e conseguenziale: «le vostre vie non sono le mie vie, i vostri pensieri non sono i miei pensieri» (Is 55,8). Tutto, allora, può risolversi nell’accoglienza umile e fiduciosa della volontà imprescrutabile di Dio e della sua Provvidenza senza limiti, che indirizza ogni cosa per il bene. Dio è davvero il Padre che ascolta il gemito del vivente e del morente, salva la vita e non lascia vacillare i passi: «I cuori dei figli dell’uomo stanno davanti a Dio» (Prov 15,11). Il Signore non abbandona, non rompe la sua alleanza, non ritira la sua misericordia, anzi, proprio perché siamo paralitici nella mente e nel cuore, invita a prendere la propria barella e, con fede più matura, a camminare. Non è facile farlo. Occorre osare, occorre fidarsi davvero. Coraggio, proviamoci ancora una volta. P. Angelo Sardone

Giorni di riflessione

Questi, sono giorni di riflessione. Non sempre l’angoscia e la paura permettono di fermarsi e pensare; ma la mente considera, cerca di trovare la causa di ogni cosa, s’industria ad elaborare soluzioni per tenersi sotto controllo e non rischiare di soccombere. Non è facile: «Riflettevo per comprendere: ma fu arduo agli occhi miei, finché non entrai nel santuario di Dio e compresi» (Sal 72, 16-17). L’allontanamento da una vita sociale fatta di relazioni reali, non virtuali, di movimento a volte frenetico, di doveri scolastici, di impegni lavorativi, di servizio pastorale, ci ha relegati forzatamente nelle nostre abitazioni ed in nuove dinamiche di rapporti con noi stessi e con quelli che sono più vicini. C’è di mezzo il conseguimento di un bene maggiore, il bene comunitario oltre che personale, il senso civico del rispetto delle norme, il senso morale della coscienza e dell’obbedienza. Questo nuovo stato di cose ha stravolto le abitudini giornaliere e costretto a fare sosta. Quando ci si ferma, si rientra in se stessi, si va nella profondità del proprio essere, nella stanza più intima del cuore, ci si ritrova, si incontra Qualcuno. Da questo incontro nasce la speranza: la preghiera fortifica, la solitudine si riempie di presenza, lo scoraggiamento si anima di ottimismo, la fede consola e sorregge al di là di segni e prodigi. La speranza del futuro nasce da un abbandono fiducioso, ma non facile, nel Signore che «crea nuovi cieli e nuova terra, fa gioire per quello che sta per creare, per la gioia, per il gaudio» e mette a tacere le «voci di pianto, le grida di angoscia» (Is 65, 17 passim). Questa è consolazione e speranza che non nasce solo dalla riflessione umana o da un ripiegamento rassicurante ma è, prima di tutto, dono di Chi dall’alto guarda, guida ed amministra con amore la vita di ogni sua creatura. P. Angelo Sardone

22 marzo 2020. Oggi è domenica.

Oggi è domenica, giorno del Signore, giorno della famiglia, Pasqua della settimana, memoriale della risurrezione di Cristo. Questi elementi si concentrano e si esprimono nella celebrazione della S. Messa “fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa”. Oggi noi sacerdoti celebriamo la S. Messa nella chiesa a porte chiuse. I banchi sono vuoti però tu sei accanto a me sull’altare. Ti vedo con gli occhi della fede, e gioisco per questa sorprendente vicinanza che ti fa tutt’uno con me compartecipe del medesimo mistero d’amore. Oggi voi laici celebrate la S. Messa nella “chiesa domestica”, la vostra casa, la vostra famiglia. I genitori ancor di più sentono ed esprimono la loro identità ed il loro ruolo di ministri della liturgia domestica, abilitati dalla fondamentale vocazione battesimale per offrire a Dio in rendimento di grazie i propri doni: gioie, dolori, fatiche, speranze, figli, parenti, amici. Imbandite la vostra mensa col Pane della Parola: intronizzatela, ponete un fiore, accendete un cero. Mangiate codesto pane, proclamando la Parola della quarta domenica di Quaresima. E’ questo il momento dell’annuncio. Mangiate la Parola a sazietà e “ruminatela” nel vostro cuore: troverete lì la risposta ad ogni dubbio, ad ogni interrogativo. Aggiungete un posto alla vostra tavola con tutto l’occorrente: Gesù è seduto alla mensa con voi. Fate la “comunione spirituale”: è questo il vostro rendimento di grazie e la partecipazione al corpo ed al sangue di Cristo. Destinate infine a chi è solo, a chi è malato, a chi è in prima linea a combattere il morbo, a chi soccorre i bisognosi e si prodiga senza risparmio e con ogni mezzo per gli altri, il “pane della carità”, frutto di questa “speciale” Messa domestica: è il gesto visibile della testimonianza e della condivisione. Così la famiglia custodisce, vive ed annunzia il dono della fede, manifesta ed attua la sua identità e missione di Chiesa e scuola di ascolto, luogo di celebrazione della vita, principio e forza della vera comunione. Coraggio. Buona e santa domenica. P. Angelo Sardone.

Il mistero della morte, il mistero della vita

Non si è mai pronti ad avere a che fare con la morte. Pur se la subiamo nelle persone che ci hanno lasciato, soprattutto quelle più care, la pensiamo il più lontano possibile da noi. Siamo impari al suo potere. Le immagini agghiaccianti di questi giorni di decine e decine di bare allineate e di camion per il trasporto delle salme chissà dove, lontano dagli affetti, forse senza una benedizione, senza uno sguardo mesto che li vedesse svanire all’orizzonte, senza una lagrima di dolore che li bagnasse, fanno spalancare gli occhi su questo grande ed inesorabile mistero. Dalla mente prorompono interrogativi inquietanti: perché la sofferenza e il dolore? Perché la malattia e la morte? Perché questa pandemia? Che sarà di noi, domani? Tanti provano a dare risposte: discordanti, apocalittiche ed allarmanti, piene di speranza e fiducia, ciascuno secondo la propria visione di vita e di fede, con o senza Dio. La paura aumenta, ed anche la tensione. I più sensati tacciono. Chi è avvezzo alla preghiera, come S. Giuseppe, parla col suo silenzio. Un virus invisibile agli occhi nudi, impalpabile al tatto, contagia con una minuscola goccia di saliva, un inavvertito contatto o una superficie contaminata, si impossessa come un superbo guerriero, penetra dentro il corpo, ti toglie il respiro e tu muori. La Sapienza divina proclama la verità: «Se nascondi il tuo volto, vengono meno, togli loro il respiro, muoiono e ritornano nella loro polvere. Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra» (Salmo 104, 28-30). Sembravamo onnipotenti. L’impotenza invece ci mette in ginocchio e ci rende triste: siamo privati dell’Eucaristia, indispensabile sostentamento, ci manca la partecipazione fisica all’assemblea liturgica; è un doloroso scenario la chiesa coi banchi vuoti. La supplica comune, ardente ed insistente cerca di strappare al Dio misericordioso che fa nuove tutte le cose, la grazia della fine di questo terrore mondiale. Tutto sicuramente non sarà più come prima: impronteremo un nuovo modo di intendere e vivere la vita, consapevoli dell’assoluta nostra vulnerabilità e alzeremo la testa al cielo alla ricerca del volto di Dio. Il vagito di un bimbo appena nato, il mandorlo fiorito, un lumino acceso alla finestra, sono segni di speranza nella vita che, nonostante tutto, anche se parallelamente alla morte, scorre lungo il binario della storia. Coraggio, Cristo ha vinto la morte e ci ha dato la vita! P. Angelo Sardone.

La prova, una opportunità

L’emergenza e la prova possono diventare un’opportunità. Tutto quello che potrebbe sembrare chiusura, blocco forzato, inerzia, non è altro che un equilibratore del ritmo frenetico assunto come abitudine o necessità, il ritmo che regola la vita che scivola a volte senza limitazioni e controllo. Non si è più abituati al silenzio verbale e visivo, a soste prolungate anche di riposo, perchè la vita stessa che è dinamismo ed energia, te l’impedisce e ti involve nel “mordi e fuggi”. «Non progredi, regredi est», «Non andare avanti non significa star fermi ma andare indietro», sentenziavano gli antichi. Non si tratta solo di una legge sociologica o di una constatazione, ma anche di una saggia norma spirituale. I Padri dello Spirito l’hanno assunta per spronare ad andare avanti nella dinamica spirituale, indispensabile per ogni uomo e per ogni giorno. Dipende da come ci si dispone, da come si affronta la giornata, da quelli che sono i veri interessi. La ricerca di relazioni, oggi in gran parte virtuali, favoriti dai social, appaga il desiderio e la natura dell’uomo votato all’alterità, ma quante volte è semplicemente paura di rimanere soli e di deprimersi. Questi giorni segnati da una forzata austerità di contatti e relazioni urbane e dalla privazione dei sacramenti possono diventare una opportunità per aprirsi maggiormente al rapporto con Dio ed a più autentiche relazioni con gli altri, attraverso la preghiera. Essa, soprattutto la Liturgia delle Ore, ha il triplice vantaggio di farci pregare con la Parola di Dio; farci connettere con tutti in una medesima espressione verbale; far trovare nella Parola la nostra situazione di vita, le nostre esigenze, le risposte ai tanti nostri interrogativi. Coraggio: così siamo davvero più vicini, così ci sentiamo davvero uniti. P. Angelo Sardone