Trasformati a sua immagine

La semina del mattino

  1. «Questi è il Figlio mio, l’amato: Ascoltatelo!» (Mt 17,5).

La Trasfigurazione è l’evento anticipatore della gloria di Cristo sulla croce e nella risurrezione. Non bastavano le parole per esprimere la grandezza di quanto sarebbe accaduto: era necessario far sperimentare la grandiosità dell’evento, con un segno strabiliante. I tre discepoli spettatori di tanta maestosità, sono gli stessi testimoni della sua Passione. Il tutto avviene in disparte, sul monte Tabor, lontano dal chiasso della valle, a maggiore contatto col cielo. Dinanzi agli occhi stupefatti di uomini ancora duri a credere ed a comprendere l’identità del Figlio di Dio, Gesù è trasfigurato dalla gloria del Padre. Si trasforma nell’aspetto: il volto brilla come il sole; le vesti diventano candide come la neve. A porre il sigillo di verità, appaiono Mosè ed Elia che rappresentano la Legge ed i Profeti, gli sono accanto e conversano con Lui. Gli apostoli cadono con la faccia a terra spaventati, ma poi immersi nell’estasi e nella contemplazione desiderano che ciò non finisca mai. Risuona la voce del Padre che attesta che Gesù è il Figlio suo, e chiede di ascoltarLo. Quando si rialzano non vedono più nulla; devono tenere il segreto su quanto hanno visto e sperimentato. E’ così preannunziata la definitiva adozione a figli, trasformati dalla gloria del Padre e pronti all’ascolto dell’amato suo Figlio. Cittadini della terra, resi nuovi dalla Grazia, portiamo sul viso e nella vita lo splendore del volto di Cristo e le vesti candide della Chiesa, camminando verso la patria del cielo. P. Angelo Sardone

La fedeltà del Signore

La semina del mattino

  1. «Ti ho amato di amore eterno, per questo ti sono fedele!» (Ger 31,3)

La fedeltà del Signore rimane in eterno, come il suo amore e la sua alleanza. Fedeltà, amore ed alleanza sono complementari ed elementi propri del rapporto sponsale di Dio con l’umanità. La fedeltà si esprime in un impegno vincolante basato sulla reciproca fiducia e sulla volontà di tenere saldo e stabile un legame. La fedeltà di Dio è immutabile: l’uomo spesso è infedele. La parola data come un impegno o un patto sottoscritto, sono vincolanti nella fedeltà. Le scelte della vita, le realizzazioni vocazionali, dal matrimonio al sacerdozio, alla vita consacrata, come anche gli impegni e le responsabilità sociali, si stabiliscono a partire da un vincolo che è dono di amore e che esige fedeltà. Il vero amore non è passeggero, volubile, stagionale come talora possono essere i sentimenti. L’antica e la nuova alleanza stabilita da Dio con l’uomo si muove sui passi dell’amore e della fedeltà: è eterna. La vita sulla terra è il banco di prova per l’uomo e il tempo per ricevere e dare fiducia, onde realizzare il progetto creazionale. La fedeltà dell’uomo spesso vacillante, succube dei tentennamenti, facilmente condizionata da situazioni, eventi e persone, si consolida nella misura in cui ci si abbandona alla fedeltà di Dio. Quando non si è fedeli a Dio, viene meno anche la fedeltà verso gli uomini. Gesù ha ratificato sulla croce il nuovo ed eterno patto di alleanza: le braccia aperte, il costato squarciato, il capo chino e le piaghe sanguinanti sono l’alfabeto più eloquente del suo amore. P. Angelo Sardone

Patrono e modello dei parroci

La semina del mattino
33. «Va, profetizza al mio popolo!» (Am 7,15).
Il compito del profeta è delineato nel suo nome: non parla da sé, ma riferisce quanto gli ha detto il Signore. A poco valgono le sue capacità, la sua condizione sociale, le sue benemerenze: le sue parole e la sua stessa vita possono creare imbarazzo. Può essere ostacolato o fermato perchè non dotato o non ritenuto all’altezza del compito. Le effettive sue capacità si manifestano però nell’umiltà dell’obbedienza, anche nell’ambiente più insignificante dove opera con zelo amorevole, pienamente consacrato al servizio del suo popolo. Nella sua missione ciò che parla è prima di tutto la vita anche con prerogative di insufficienza o di affermata cultura, di emarginazione o di vistosa notorietà. Questo conferisce al più sconosciuto degli uomini ed al più piccolo dei borghi della terra, una nomea grandiosa ed una risonanza universale. S. Giovanni M. Vianney (1786-1859), il curato di Ars, nella Francia, con la sua vita umile e mortificata e la testimonianza di piena dedizione pastorale a Dio ed ai fratelli, per la semplicità e la ricchezza del suo sacerdozio fu strumento dell’infinita misericordia di Dio. Lunghe ore di preghiera davanti al tabernacolo di notte e di giorno, file interminabili di fedeli di ogni età e ceto sociale al suo confessionale, lotte diaboliche continue, estenuanti mortificazioni, sono il corredo di un uomo che a mala pena riuscì ad essere ordinato prete, ma che da Ars fece brillare la luce folgorante del servizio pastorale e dell’eroismo sacerdotale. È patrono dei parroci e loro modello per la guida delle anime. P. Angelo Sardone

Signore salvami!

La semina del mattino
32. «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?» (Mt 14,31).
Dio è presente nella vita dell’uomo in svariate maniere. Il suo intento non è quello di spaventare, ma di incoraggiare, sorreggere, portare la calma e mettere fine a situazioni incresciose e pericolose. Viene incontro nel mare tempestoso della vita, di notte o di giorno, cammina comodamente sull’acqua e spesso viene confuso con un fantasma. La prova la cerchiamo sempre noi quando percepiamo che il Signore è presente, che viene incontro anche nel buio più fitto, ma non avendo una fede salda cerchiamo il riscontro della verità mettendolo alla prova e chiedendo di essere noi ad andare incontro a Lui. L’esperienza vissuta da Pietro nel mare di Galilea è la stessa che viviamo spesso nel lago circoscritto della nostra esistenza, degli ambienti di vita, delle emozioni spirituali e degli slanci esaltanti, senza fare i conti con la limitatezza della fede che fa barcollare e perdere l’illusorio equilibrio creato e conquistato con briciole di certezza. Ci sono tutte le ragioni: il buio del dubbio, il vento forte delle contraddizioni, la paura del domani, la sfiducia in se stessi e negli altri. Eppure, visto che è il Signore che invita ad andare incontro a Lui, ci avventuriamo. Quel poco di autonomia entusiastica di fede limitata, si azzera dinanzi alla furia delle difficoltà del mondo e della vita, e rischiamo di affondare nel mare delle nostre stesse incertezze. La mano provvidente di Cristo ci afferra e solleva non senza un dolce rimprovero. P. Angelo Sardone

Dividendo si moltiplica

La semina del mattino
31. «Voi stessi date loro da mangiare» (Mt 14,16).
Una ingiunzione piuttosto insolita se non curiosa. In un luogo deserto dove non c’era possibilità di compera, con degli uomini che non avevano addosso denaro, per una folla straordinariamente numerosa ed affamata, in un’ora tarda del giorno. Eppure il Maestro, certo provocatoriamente, così comanda ai discepoli. Avviene il miracolo: 5 pani e 2 pesci, non si sa di chi fossero, aumentano vistosamente e sfamano oltre 5.000 uomini, più le donne ed i bambini, se non alla pari, in numero grande. Cosa sorprendente: i pani si moltiplicano mentre si dividono, man mano che passano di mano in mano. Mentre si distribuiscono, aumentano di numero. Nella logica umana questa operazione è una assurdità. In quella del Maestro non solo funziona ma rende bastante e sovrabbondante il nutrimento. Gli Apostoli impararono la lezione di fede, perché di questo si trattava tanto era fuori del normale ciò che era avvenuto. La Chiesa ravviserà in quel miracolo l’anticipazione dell’Eucaristia, mistero della fede la cui comprensione supera il limite della mente umana e dei sensi. I sacerdoti nel loro precipuo ministero sono chiamati a dar da mangiare a chiunque ha fame, a distribuire con generosità il pane della Parola ed il pane dell’Eucaristia. Questi pani sono sempre abbondanti, ce n’è per tutti: i pezzi che avanzano sono raccolti e custoditi per sfamare tant’altra gente. Da questi due pani nasce poi il Pane della carità che è condivisione e fraternità. La fede e l’amore operano la moltiplicazione, il dubbio e l’egoismo azzerano ogni cosa. P. Angelo Sardone

I grandi amori: Eucaristia e Maria

La semina del mattino
30. «Migliorate la vostra condotta e le vostre azioni e ascoltate la voce del Signore» (Ger 26,13). La parola dei profeti non è sempre confortante, soprattutto quando diventa esigente e, nel nome di Dio, chiede la trasformazione della mente e dei costumi. Va al cuore, mette in luce verità nascoste, scuote ed induce alla riflessione ed al cambiamento della condotta di vita. I Santi come i profeti sono mediatori di una Parola che salva, testimoni di una Persona che redime facendo piena luce sulla coscienza. Da un’ardente passione di amore verso il popolo di Dio da ammaestrare soprattutto nell’ordine morale e dei costumi per la ricerca della verità, fu animato il vescovo e dottore della Chiesa S. Alfonso Maria de’ Liguori (1696–1787). Era un brillante avvocato napoletano che dopo un insuccesso forense per una evidente manipolazione della verità da parte degli avversari, lasciò la sua professione e divenne sacerdote. Con una grande sensibilità per le coscienze volle seguire Cristo e servirlo nei poveri ed in coloro che erano abbandonati all’ignoranza della fede. Divenne fondatore dei Redentoristi. Nel suo fecondo apostolato coltivò la musica (è autore tra l’altro di Tu scendi dalle stelle), coniugò lo studio delle lingue, del diritto, della teologia morale, con l’attività pastorale nelle missioni popolari, l’amore straordinario all’Eucaristia ed alla Vergine Maria, la preghiera, la riflessione sui Novissimi, la redazione di scritti ascetici che tutt’oggi orientano la formazione cristiana. P. Angelo Sardone

Ad majorem Dei gloriam

La semina del mattino
29. «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi?» (Mt 13,54).
L’osservazione fu sollevata con meraviglia a Nazaret ad indirizzo di Gesù dai suoi paesani scandalizzati dal linguaggio e dalla autorità con la quale Egli parlava. Lo avevano sottovalutato, pensando di sapere tutto di Lui, della sua casa, dei suoi parenti: era in fondo il figlio di un semplice falegname. Invece rimasero sconvolti dinanzi a tanta capacità, profondità di parola e strepitosi prodigi che però Gesù non fece lì perché si sentì disprezzato nella sua stessa casa. Un metodo per cercare e trovare, capire e rispondere alla sapienza del Nazareno, lo ha approntato e vissuto S. Ignazio di Loyola (1491–1556), il Fondatore della Compagnia di Gesù (i Gesuiti) soprattutto attraverso la pratica degli Esercizi Spirituali. Essi sono un «modo di esaminare la coscienza, meditare, contemplare, pregare oralmente e mentalmente ed altre attività spirituali, per preparare e disporre l’anima a togliere da sé tutti i legami disordinati e cercare e trovare la volontà divina nell’organizzare la propria vita per la salvezza dell’anima». E’ un intenso programma, un pellegrinaggio spirituale interiore che parte da una confessione generale. La sua vita da cavaliere, il temperamento focoso ed irrequieto cambiarono quando, ferito ad una gamba, lesse e meditò la vita di Cristo e di alcuni Santi. Passò allora a servire Cristo procurando di fare tutto «per la maggiore sua gloria». La Compagnia è diventata una palestra di santità e dottrina. P. Angelo Sardone

L’umiltà merita uno sguardo

La semina del mattino
28. «Volgerò lo sguardo sull’umile e su chi ha lo spirito contrito» (Is 66,2).
Lo sguardo del Signore è aperto sul mondo e sulle creature: è benevolo e basta per dissipare ogni male (Pro 20,8). Il Dio che ha creato l’universo si prende cura di tutto e di tutti e, nel rispetto della libertà, orienta l’uomo verso ciò che è buono, giusto e santo. Dimora nell’intimo della sua coscienza e con lui intesse un dialogo di amore, sempre pronto ad ascoltare, anche quando sembra distante o assente. Con preferenza posa il suo guardo su chi è umile, su chi sa riconoscere il proprio limite ed i propri errori, su chi ascolta la sua Parola, è privo di superbia, non si ritiene migliore o più importante degli altri. Solo gli stolti non resistono al suo sguardo (Sal 5,6). L’umiltà è una virtù spesso svalutata. Si privilegiano i furbi e talora si premiano i presuntuosi e gli arroganti che non cedono il posto ed il passo, ma tendono a prevalere. Il successo che pure fa sentire intraprendenti e capaci, ha bisogno di costanza per reggersi sulla cresta dell’onda, mantenere alto il profilo e inventare sempre qualcosa di nuovo per appagare ed appagarsi. Genera anche evanescenza, vulnerabilità e depressione quando per un motivo o l’altro i venti non soffiano a favore. L’umile non è un debole, un inferiore, un incapace che non reagisce. E’ davvero grande chi è intriso di umiltà, generoso, accogliente, grato, chi condivide. Su di lui il Signore volge lo sguardo. L’umiltà è verità. Si impara da Gesù Cristo, maestro e modello. P. Angelo Sardone

L’azione e la contemplazione

La semina del mattino
27. «Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno» (Lc 10,42).

Nella vita tutto è importante ma non tutto è necessario: ci sono cose di cui si ha assolutamente bisogno ed altre delle quali si può fare anche a meno. Alcune sono indispensabili: la salute, il lavoro, la fede, il cibo; altre possono essere superflue, non strettamente necessarie, talora anche nocive. La qualità della vita è data dall’aria che respiriamo, dal cibo che mangiamo, dalle relazioni che intessiamo, dalla gioia che assaporiamo, dai dolori e dalle inevitabili sofferenze che rassodano l’esistenza e le conferiscono maturità e pienezza. Per chi ha fede la necessità assoluta è Dio, la sua Parola, la sua azione provvidente: da Lui viene la felicità piena ed il senso autentico delle persone, cose, avvenimenti. La storia delle due ospitali donne di Betania sorelle di Lazzaro, è emblematica: l’accoglienza del Maestro in casa è quanto di più sacro gli si possa riservare in nome dell’amicizia e della fraternità. Mentre Maria è contemplativa ed estatica, Marta è attiva e laboriosa. Il suo delicato lamento ad indirizzo di Gesù che sta parlando e ancor di più nei confronti della sorella tutta presa dall’ascolto, le merita un dolce rimprovero del Maestro che loda l’atteggiamento di Maria come valore superiore a qualsiasi altra cosa, la parte migliore che non viene tolta. Lui che è nutrito da Marta, vuole nutrirla con la sua Parola. L’azione è importante, ma ancor più di valore è la contemplazione. P. Angelo Sardone