«Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise» (Gen 4,8). Nella narrazione degli esordi dell’uomo e della donna sulla terra, al peccato dei primogenitori, che riguarda tutti, fa seguito il fratricidio, una violenza che irriga di sangue la terra. Alla rivolta contro Dio fa seguito la lotta dell’uomo contro l’uomo. Caino, lavoratore del suolo ed Abele, pastore di greggi offrono a Dio il prodotto del loro lavoro: le primizie della terra ed i primogeniti del gregge. Dal racconto biblico si evince per la prima volta la preferenza di Dio nei confronti degli umili ed il rigetto delle cose umanamente ritenute grandi, un tema che tornerà nei vangeli soprattutto nell’esemplificazione del figlio minore preferito al maggiore. L’offerta di Abele è gradita al Signore al contrario di quella di Caino che rimane irritato. Jahwé gli fa notare che quando si agisce bene il volto è sempre alto; quando invece si cova l’invidia e la gelosia, il male, il peccato è come accovacciato nell’intimo orientato istintivamente verso l’uomo, ma passibile di dominio. Il resto è noto: indotto ad andare in campagna Abele viene ucciso dal fratello; si consuma la prima tragedia familiare; per la prima volta il sangue umano scorre e macchia la terra facendo elevare un grido verso l’alto. La gelosia è davvero terribile dinanzi al successo o alla prosperità di un individuo. La campagna è il luogo aperto, spazioso, dove è possibile realizzare il proprio lavoro e cercare il proprio nascondiglio dagli uomini, ma non da Dio. Questo sangue continua ad essere sparso nel tempo e nella storia e non è solo frutto delle guerre e delle devastazioni ambientali e telluriche, ma della gelosia e del potere umano, del desiderio di possesso che a volte non fa guardare in faccia neppure chi ha la stessa carne e lo stesso sangue. P. Angelo Sardone