«Giorno radioso e splendido, giorno senza tramonto»: così la Liturgia saluta in canto la Risurrezione di Cristo che celebra nella “Pasqua”, cioè il passaggio, il tempo che non è più tempo, l’evento che ha sconvolto la storia e l’ha condizionata per sempre come “chairos” cioè tempo propizio, tempo di grazia. La liberazione del popolo di Israele dalla cattività egiziana alla libertà della Terra Promessa diede origine alla festa: Gesù la fece propria riattualizzandola e caratterizzandola col mistero della sua morte e risurrezione. Il cielo terso di questa mattina con i suoi colori meravigliosi, il profumo della natura risvegliatasi dal letargo invernale, il silenzio e la pace che circondano le case e le strade, richiamano la bellezza e l’intensità di questa, che non è semplicemente una festa di primavera, ma è la “festa della vita”. Essa proietta nella città di Dio, nel Paradiso, dove la luce è perenne, la gioia è esaltante, la contemplazione è vita. Oggi celebriamo la Pasqua avvolti in un silenzio irreale: serve per ascoltare e leggere quanto Dio continua a dire e a scrivere nel cuore dell’uomo e nell’universo. Le campane che suonano a festa proclamano che la Quaresima si è conclusa. La Pasqua si protrarrà ancora per quaranta giorni fino all’Ascensione ed ancora per altri dieci fino alla Pentecoste, suo compimento. Le sirene che continuano a suonare ricordano però che non è finita la quarantena, perdura nel timore e nella speranza. La Pasqua è l’inizio di una vita nuova, non “ottimismo ma dono di Dio”. Timore e tremore, i sentimenti delle donne e degli Apostoli Pietro e Giovanni accorsi al sepolcro, devono caratterizzare questo nuovo principio di vita. Il Signore ci insegna il timore vero che non promana dalla trepidazione della natura umana contaminata dal virus della pandemia ed ancor di più del peccato, ma lo si apprende con l’osservanza dei comandamenti e della legge di Dio stampata nel cuore, con le opere di una vita innocente, con la conoscenza e la pratica della verità. Gesù che ha ricostruito il tempio del suo corpo in tre giorni, «ricostruirà in te il suo tempio con gioia» (Tb 13,11). Questa è la speranza e la certezza di questa Pasqua come vita nuova, occasione di grazia per ri-cominciare da uomini e donne nuovi con sentimenti nuovi, cuore nuovo, amore vero, decisione ferma, impegno duraturo. Ri-sorgere significa stare in piedi nuovamente, nascere di nuovo, ri-prendere in mano la propria vita, ri-programmare il futuro in docile ed attento discernimento con Dio. Gesù rimesso in piedi dalla potenza di Dio è il segno più evidente che ce la possiamo fare nonostante la debolezza, la miseria, la sofferenza. Ci riusciremo se cercheremo il risorto che è già dentro di noi. Auguri vivissimi. Buona e santa Pasqua. P. Angelo Sardone