S. Giovanni, acuto e profondo evangelista

«Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché voi siate in comunione con noi» (1Gv 1,3). L’Ottava del Natale è caratterizzata dalla celebrazione liturgica memoriale di alcuni Santi che hanno avuto a che fare direttamente con Gesù e col suo mistero. Dopo S. Stefano, S. Giovanni Evangelista, detto così per distinguerlo dal precursore di Cristo, Giovanni Battista. Fa parte della schiera dei dodici scelti da Gesù per essere i suoi più fidati collaboratori, apostoli, cioè inviati a predicare il Vangelo del Regno dopo la risurrezione. L’attestazione evangelica lo presenta pescatore nel mare di Galilea insieme con suo fratello Giacomo ed il padre Zebedeo. Entrambi, insieme con Pietro furono coinvolti direttamente da Gesù in alcuni avvenimenti importanti narrati dai Vangeli. L’Evangelista Giovanni, di una intelligenza penetrante della parola di Dio, dopo S. Paolo, è lo scrittore più fecondo del Nuovo Testamento, autore del quarto vangelo, il più teologico, rivelatore delle misteriose profondità del Verbo, lo scritto profetico dell’Apocalisse e tre Lettere ai primi cristiani. La sua prima Lettera sottolinea la comunione con Dio come “ontologica relazione vitale” (Fuillet) che ha origine dalla conoscenza di Dio e si attua con l’osservanza dei comandamenti. La sua testimonianza è veritiera perché intende comunicare quello che ha visto, sentito, toccato con le sue mani, perché si sviluppi una piena comunione con Dio e con i fratelli. L’incarnazione di Cristo ha comunicato la vera vita cristiana. P. Angelo Sardone

Vigilia di Natale

«Io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio» (2Sam 7,12-14). Le profezie messianiche sono esplicite e si concretizzano attraverso i passaggi storici e teologici con alcuni personaggi biblici. È interessato particolarmente il grande re e profeta Davide, dalla cui discendenza viene Gesù. Il suo vivo desiderio di costruire una casa al Signore, perché vi abitasse, viene incalzato dall’iniziativa di Dio che, tramite il profeta Natan, gli comunica che sarà Jahwé stesso a costruire a lui una casa: susciterà infatti un suo discendente, lo farà re e renderà stabile il suo regno. Ma soprattutto gli sarà Padre ed egli gli sarà Figlio. È la prima chiara espressione del messanismo regale: ogni re sarà un’immagine imperfetta del re ideale che verrà. Il mistero del Natale si concentra in questo alto valore teologico e storico che adempie le attese di millenni e si pone in continuità con quanto sin dagli inizi il Dio dei Padri aveva comunicato al suo popolo in vista della venuta del Salvatore. Ciò che l’uomo desiderava fare per Dio edificandogli una casa, lo fa Dio stesso non con un luogo ma con una persona, il suo stesso Figlio che diventerà con la nascita umana, la presenza di Dio nel mondo. Essa sarà prima fisica fino alla risurrezione e poi in corpo, sangue anima e divinità nel sacramento e mistero dell’Eucaristia. Bisogna ritornare alla considerazione del mistero del Natale secondo l’ottica cristiana del primo Millennio per non lasciarsi sopraffare da un Natale materiale e consumistico, di stucchevole buonismo che si amalgama con leccornie varie e talora è scevro di atteggiamenti di vera carità e sincera accoglienza. Buona vigilia di Natale. P. Angelo Sardone

Malachia, Elia e Giovanni Battista: una triade di coerenza

«Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me» (Ml 3,1). Il nome Malachia significa “il mio messaggero” ed è tale l’anonimo profeta al quale si riferisce il libro omonimo redatto probabilmente dopo il 516 a.C. durante il periodo persiano. Uno dei temi presenti nella sua predicazione è l’annunzio del giorno di Jahwé preceduto dall’arrivo di un messaggero. Egli si colloca nell’era messianica per ristabilire l’ordine morale e quello cultuale che si esprime e culmina nel sacrificio perfetto offerto a Dio da tutte le nazioni. Questa idea è una delle più alte del messianismo e dell’universalismo dell’Antico Testamento. Il messaggero viene annunziato come il profeta Elia. L’evangelista Matteo applica tale testo a Giovanni Battista, nuovo Elia, il precursore di Gesù. La sua parola, come quella del grande profeta sarà di fuoco: servirà a raffinare e purificare; sarà come un detergente potente per la stoffa ricavato dalla cenere di legno in uso ai lavandai. La sua presenza e la sua predicazione sortiranno l‘effetto di preparare il terreno appianato al Messia e disporre i cuori ad una concreta e reale conversione per evitare lo sterminio. La figura emblematica e straordinaria del Battista suscita sempre tanta ammirazione per la radicalità della sua testimonianza, la crudezza e fermezza della sua parola, la massiccia coerenza che lo porterà alla morte anzitempo per aver difeso con invitto coraggio la verità e la moralità dei costumi. Di Elia e Giovanni Battista ce ne vorrebbero tanti altri nella Chiesa e nella società per svegliare chi dorme e rimettere nella mente e nel cuore parole sensate e scelte adeguate e coraggiose di vita. P. Angelo Sardone

L’Emmanuele, il Dio con noi

«Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (Is 7,14). È questo uno degli oracoli più importanti e famosi nella storia della salvezza, pronunziato da Isaia. Inquadra il mistero del Messia nella sua nascita da una giovane donna. Il contesto biblico è quello della guerra siro-efraimita del 732 nella quale i re di Aram (Damasco in Siria) e di Israele (o di Efraim, al nord della Palestina) marciano contro Gerusalemme che aveva rifiutato di coalizzarsi con loro contro l’Assiria. Acaz, re di Giuda, si era rivolto al re di Assiria Tiglat Pileser III che era intervenuto sbaragliando i due eserciti. Proprio in quel contesto tramite Isaia, Dio assicura il re dell’insuccesso dei due suoi avversari, profetizza la scomparsa prossima del regno del Nord e lo spinge a chiedere un segno. Il Re se ne guarda bene perché tempo prima aveva sacrificato un suo figlio al dio Molock. Ed allora è il Signore stesso che gli dà il segno: la nascita di un nuovo re sul trono di Davide che avverrà attraverso una “almah”, cioè una giovane donna o una donna appena sposata, tale era definita la sposa del re, che concepirà e partorirà l’Emmanuele, il Dio con noi, il re che continuerà la casa di Davide. Gli evangelisti Matteo e Luca e la tradizione cristiana hanno riconosciuto in questo vaticinio la nascita di Cristo da Maria “vergine” secondo la traduzione greca di “partenos” che traduce a sua volta l’ebraico “almah”. Ciò concorda pienamente con l’annunzio dell’angelo Gabriele a Maria quando la rassicura che il frutto del suo grembo sarà opera esclusiva dello Spirito Santo e non di uomo e la citazione esplicita del passo di Isaia fatto dall’evangelista Matteo. P. Angelo Sardone

Betlemme di Efrata

«E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele» (Mi 5,1). Tra i profeti messianici quasi in sordina, ma non meno in efficacia per un celeberrimo vaticinio, si distingue Michea, operante nell’VIII secolo, contemporaneo di Isaia. Il suo nome, come Michele, significa «Chi è come Dio?». In riferimento al Messia afferma con chiarezza che Egli uscirà da Betlemme, la città di Davide, sarà dominatore in Israele e portatore di pace con un messaggio di perdono e salvezza. Nascerà da una donna che «deve partorire». Il riferimento topografico è quello di un piccolo ed insignificante villaggio che si contrappone al dominio grande che sarà invece suo appannaggio. L’allusione alla donna richiama Maria di Nazaret. Il primo riferimento a Betlemme è presente nella Genesi quando si parla di Rachele, moglie di Giacobbe, che morì e fu sepolta sulla via di Efrata, ovvero Betlemme. L’oracolo profetico si riferisce ai secoli successivi e preconizza la nascita di Cristo da Maria proprio dove era nato Davide, a Betlemme, la “casa del pane”. Da Betlemme dunque uscirà il nuovo dominatore che possiede il diritto, la facoltà ed il potere di regnare, Gesù, il Re per eccellenza, le cui origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti, nella mente di Dio e nei recessi della storia. Queste grandiose verità sono il corredo teologico straordinario non di un mito ma di una realtà storicamente avvenuta e preparata da secoli di storia e di interesse di Dio verso l’umanità desiderosa di salvezza. P. Angelo Sardone