Dio rigetta il disobbediente
«Ascolta la voce del popolo, qualunque cosa ti dicano, perché non hanno rigettato te, ma hanno rigettato me, perché io non regni più su di loro» (1Sam 8,7). Le vicende del popolo d’Israele seguono quelle degli altri popoli in ciò che si riferisce ai costumi sociali e giuridici. Nonostante la presenza costante di Dio e gli insegnamenti del profeta Samuele, diventato ormai vecchio, il proposito è quello di allinearsi al modo di pensare e gestirsi degli altri popoli, a partire dalla costituzione di un re. Ciò significava palesemente adombrare la giurisdizione ed il potere di Dio. La contaminazione ad ogni livello con gli usi e costumi dei popoli circostanti portava proprio a questo. Il modo di pensare di Dio non si allinea con questo desiderio ma, nel rispetto della libertà dell’uomo, concede al suo profeta di ascoltare la voce anche stonata del popolo, chiarendo però che il rifiuto da esso manifestato non è solo del profeta, ma dello stesso Dio. Intanto, giusto per essere chiaro, il Signore delinea i diritti che il re avrà sul popolo, dai figli e dalle figlie, dai campi e gli oliveti, ai servi e agli armenti e dall’imposizione delle tasse. Il popolo rifiutò l’ascolto del profeta e chiese con insistenza un re che fosse giudice e capo dell’esercito. Le vicende storiche raccontate nei libri sacri riporteranno alla lettera i disagi preannunziati da Dio. Il popolo d’Israele, popolo teocratico, cioè illuminato, retto e guidato dall’unico potere di Dio si allineerà con gli altri popoli. Quando si rifiuta in blocco il dettato di Dio, giungono le conseguenze dello strappo e ci si incammina in sentieri nei quali la responsabilità rimane esclusiva di chi ha scelto la piacevole ed illusoria libertà di agire come si vuole. P. Angelo Sardone