Autore: Angelo Sardone
Timore per il consacrato del Signore
«Tu sei più giusto di me, perché mi hai reso il bene, mentre io ti ho reso il male» (1 Sam 24,18). Accecato dall’invidia e dalla gelosia, Saul ha ingaggiato una vera e propria guerra contro Davide che è costretto a fuggire e diventa errante. Un giorno la situazione diviene a lui propizia perché entrambi, ignari l’uno dell’altro, finiscono in una grande caverna. Davide che è nel fondo si avvede della presenza del re che era entrato per un bisogno naturale e pur avendo la possibilità di ucciderlo, impedisce ai suoi soldati di farlo, limitandosi a tagliare un lembo del mantello del re. Dopo averlo fatto sente in sé uno scrupolo per avere agito contro il re. A ciò è spinto da un timore riverenziale verso il consacrato del Signore. Ha nelle sue mani colui che si dichiara suo nemico ma non l’offende; ha sotto gli occhi chi vuole ucciderlo, ma non l’uccide. Anzi, una volta fuori entrambi dalla caverna, Davide chiama a gran voce Saul, gli si prostra dinnanzi, gli chiede di non ascoltare la voce di quelli che affermavano che egli voleva la sua rovina e gli mostra il lembo del mantello. Il re ascolta Davide che afferma in verità di non avere alcun disegno iniquo nei suoi confronti, né ribellione. Saul ascolta, piange e finalmente pronunzia una parola saggia: «Sei più giusto di me; mi hai fatto del bene mentre io ti ho reso il male». «Historia docet: la storia insegna», dicevano gli antichi. «Historia magistra vitae: la storia è maestra di vita» scriveva Cicerone nel De Oratore, perché è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria. Non occorre essere teologi né tanto meno cristiani per comprendere queste verità: l’invidia accecante di chi crede di essere potente, alla fine si arrende dinanzi alla verità luminosa di chi è piccolo ed onesto. P. Angelo Sardone
L’attentato a Davide
«Saul comunicò a Giònata, suo figlio, e ai suoi ministri di voler uccidere Davide» (1Sam 19,1). Il regno di Saul, primo re di Israele, cominciò a vacillare quando si rese conto che Davide, giunto alla corte, era benvoluto e le sue imprese erano straordinarie. Prese posto nel suo cuore una diabolica invidia ed una gelosia senza pari che lo portò gradualmente a nutrire terribili pensieri di morte nei suoi confronti. Una volta tentò di infilzarlo con la lancia non riuscendovi per la destrezza del giovane che scansò il colpo fatale. Sia con l’abbattimento di Golia il filisteo, che nelle numerose battaglie Davide riportava trionfi inauditi. Il popolo guardava con attenzione e riservava al giovane rampollo attestazioni di gioia e di apprezzamento. Si aggiungeva anche il fatto che Gionata, figlio di Saul aveva allacciato con Davide una profonda e fraterna amicizia, fatta di confidenza, sostegno e confronto continuo. L’indivia di Saul giunse al colmo quando decise di uccidere Davide e lo comunicò espressamente a suo figlio ed ai suoi ministri. Nella vita dell’uomo un pernicioso elemento che distrugge la sua esistenza e la mina profondamente nei suoi valori umani, sociali ed affettivi è la gelosia e l’invidia. Non per niente nella casistica morale essa è inserita tra i vizi capitali. Tante cose nei rapporti umani e sociali sono impedite e rese difficoltose proprio da questi atteggiamenti. Avviene di tutto nella società, nella Chiesa, nelle comunità parrocchiali, nelle Famiglie religiose. Quando una simile realtà prende possesso del cuore dei laici ed anche degli ecclesiastici è la fine, perché segna l’alleanza produttiva col demonio che non solo stimola vigorosamente questi atteggiamenti e sguazza nel pantano torbido della sua gioia contaminata di male, ma anche investe di odori pestiferi e studiati orpelli che sviano la vita, rendendola apparentemente piena, ma realmente vuota e nauseante. P. Angelo Sardone
Davide unto re
. «Samuèle prese il corno dell’olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli, e lo spirito del Signore irruppe su Davide da quel giorno in poi» (1Sam 16,13). Una volta ripudiato Saul a causa della sua disobbedienza, Jahwé rivela a Samuele di aver scelto al suo posto nella carica regale Davide, figlio di Iesse, il betlemmita. Con il corno pieno di olio, il profeta parte alla volta di Betlemme, consapevole di incorrere nell’ira del re, ma fiducioso ed obbediente a Dio. La scelta, infatti, è sua e sarà Lui stesso a dare indicazioni precise sull’eletto. La motivazione del sacrificio da compiere salverà il profeta da qualunque pregiudizio da parte del popolo. Iesse, incuriosito e nello stesso tempo orgoglioso, fa passare davanti a Samuele i suoi figli, ma per ciascuno, a cominciare dal primo, Eliab, il Signore avverte di non guardare l’aspetto né la statura. Dio, infatti, al contrario dell’uomo che vede ed è sedotto dall’apparenza, guarda il cuore. Passano sotto gli occhi del profeta sette figli. Ne manca uno, il più piccolo, con begli occhi e bello di aspetto, che stava pascolando il gregge. Samuèle fece mandare qualcuno a prenderlo. Il suo cuore sobbalzò quando udì dal Signore: «Àlzati e ungilo: è lui!». E così fece. Da quel giorno lo Spirito del Signore prese possesso della vita di Davide. La storia umana passa sotto il controllo di Dio; le sue scelte contrastano con le vedute umane: ciò che agli occhi degli uomini è debolezza, ai suoi è fortezza. Dai piccoli e gli scartati spesso Dio riserva sorprese eclatanti e fondamentali per la vita della società e della Chiesa, superando le vedute umane che rimangono sempre ristrette e parziali. P. Angelo Sardone
Saul ripudiato da Dio
«Ecco, obbedire è meglio del sacrificio, essere docili è meglio del grasso degli arieti» (1Sam 15,22). Con Dio non si scherza. L’obbedienza al suo volere è superiore a qualsiasi cosa, finanche ai sacrifici offerti a Lui. Ampiamente lo dimostra la terribile esperienza vissuta da Saul, il primo re di Israele, che Dio stesso aveva indicato e fatto ungere come tale. Nella lotta contro gli Amaleciti, una popolazione circostante pronta ad invadere e possedere, il Signore aveva dato ordini precisi: attaccare e votare tutto allo sterminio, bottino e bestiame. In parte il re aveva obbedito, ma insieme con l’esercito vittorioso ed il popolo, aveva preferito tenere il bestiame minuto e grosso, con lo scopo di sacrificarlo al Signore a Gàlgala. Sicuramente si trattava di una buona intenzione che però contrastava con quanto il Signore perentoriamente aveva ordinato. La conclusione di questa vicenda contiene innanzitutto una considerazione di Dio: l’obbedienza alla sua Parola è gradita più di tutti gli olocausti ed i sacrifici. Obbedire è meglio che sacrificare. La ribellione alla sua Parola e l’ostinazione non sono ammessi da Dio. La conseguenza per Saul è terribile: dal momento che non ha obbedito ed ha rigettato la Parola di Dio, da Dio stesso è rigettato come re. A Dio piace, infatti, l’obbedienza interiore più che il rito esterno. Nella mentalità biblica agire contro il volere di Dio significa esaltare il volere di qualcun altro e quindi cadere nell’idolatria a cominciare da se stessi. Le perplessità sicuramente derivanti dal dato storico, devono indurre a comprendere la diversità dell’operato di Dio che è sempre comunque fedele alla parola data e se ordina qualcosa, lo fa per l’esclusivo bene del credente. P. Angelo Sardone