La lingua di S. Antonio di Padova
«Beato l’uomo che non segue il consiglio degli empi, non indugia nella via dei peccatori. Sarà come albero piantato lungo corsi d’acqua» (Sal 1,1-3). Con questa beatitudine si apre il notissimo libretto del Vecchio Testamento detto «Libro dei Salmi», 150 composizioni letterarie e teologiche di preghiera, attribuite al re Davide, divenute liturgiche perchè scelte dalla Chiesa come sua preghiera ufficiale. Le primissime espressioni si addicono particolarmente a S. Antonio di Padova del quale oggi si ricorda la traslazione delle reliquie nell’attuale sede della Cappella dell’Arca (15 febbraio 1350), volgarmente detta della Sacra Lingua per il fatto che, nella ricognizione dell’8 aprile 1263, presente il Ministro Generale dell’Ordine francescano S. Bonaventura da Bagnoregio, fu ritrovata incorrotta, flessibile, viva e rosseggiante, come di chi non fosse morto. Prendendola tra le mani S. Bonaventura esclamò: «O Lingua benedetta che sempre benedicesti il Signore, e Lui facesti benedire dagli altri, ora si vede all’evidenza di quanto merito tu fosti presso Dio!». Con questo prodigio Dio ha premiato uno dei più grandi studiosi ed annunziatori della sua Parola, mettendo insieme la preghiera contemplativa e la frenetica azione pastorale. «Le labbra del sacerdote, infatti, devono custodire la scienza e dalla sua bocca si ricerca l’istruzione, perché egli è messaggero del Signore» (Ml 2,7). S. Annibale M. Di Francia, grande devoto antoniano e divulgatore del suo culto, oltre la festa del santo padovano volle nei suoi Istituti quella della Sacra Lingua, «tuttora vivida e quasi parlante» che loda Dio, lo ringrazia, lo prega incessantemente. Quanto bene può fare la lingua se adoperata in maniera adeguata; quanto male può farne, invece, usata male o prestata al chiacchiericcio, all’insulto, alla bestemmia e al turpiloquio. P. Angelo Sardone