S. Giovanni, l’acuto evangelista

«Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi» (1Gv 1,3). La più grande, bella e ricca testimonianza su Gesù di Nazaret, il Maestro seguito sin dal primo incontro sul lago di Gennezaret e su precisa indicazione di Giovanni il Battista, la manifesta in maniera straordinaria ed autorevole nei suoi scritti Giovanni, figlio di Zebedeo: il quarto Vangelo, l’Apocalisse, le tre lettere. Dopo S. Paolo è l’autore più fecondo del Nuovo Testamento. L’immagine biblica dell’aquila che la tradizione gli attribuisce, spiega l’altezza e nello stesso tempo la profondità del suo pensiero teologico. Anche se non fu direttamente insignito di alcun compito direttivo da Gesù, divenne l’apostolo da Lui particolarmente amato. Il gesto emblematico col quale posò il suo capo sul petto di Gesù nel corso dell’ultima cena e la sua presenza fedele e perseverante fin sotto la croce accanto a Maria, testimonia oltre la familiarità col Maestro, l’intimità di affetto ed il qualificato discepolato. Si tratta di un amore perfetto da parte di Gesù che non può che avere una natura divina. Giovanni è «la personificazione del discepolo perfetto, del vero fedele di Cristo, del credente che ha ricevuto lo Spirito» (Max Thurian). La scuola di teologia di Efeso, dove si pensa si sia ritirato insieme con Maria la Madre di Gesù a lui direttamente affidata, divenne per lui il luogo dell’insegnamento, donde scaturì il quarto vangelo, il più teologico dei vangeli, un capolavoro di arte letteraria e di altissima teologia che testimonia nei secoli il grande amore da lui ricevuto e significativamente ricambiato al Maestro e Salvatore Gesù Cristo. P. Angelo Sardone

Il protomartire Stefano: fermezza e costanza

«Gridando a gran voce si scagliarono tutti insieme contro Stefano, lo trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo» (At 7,57-58). Subito dopo la solennità del Natale di Gesù, la Liturgia celebra il ricordo dei cosiddetti «comites Christi», i compagni di Cristo, i vicini a Lui e primi suoi testimoni anche con il martirio. Oggi ricorre il «dies natalis», come si definisce nel gergo liturgico la morte, di S. Stefano, il primo dei martiri dell’era cristiana, testimone della fede. Egli si pone come pietra miliare nel tempo nuovo inaugurato da Cristo con la sua nascita in terra ed ancor più col mistero della sua morte e risurrezione. Anche se sono scarse le notizie biografiche, si sa di certo che apparteneva al gruppo dei Diaconi istituiti dagli Apostoli a Gerusalemme e probabilmente, era di origine greca, dato il suo nome che significa «corona, coronato». Godeva di buona reputazione ed era pieno di Spirito Santo e saggezza, grazia e fortezza (At 6,3.8).
Gli Atti degli Apostoli lo descrivono come intraprendente missionario della risurrezione di Cristo e per questo tradotto dinanzi al Sinedrio perché si scolpasse delle accuse di anziani e scribi. Imperterrito e per nulla pauroso, partendo da Abramo e finendo ai suoi giorni, offrì una magnifica lezione di teologia storica dimostrando che tutto il passato del popolo d’Israele conduceva a Cristo, il Giusto. La reazione dei capi e degli astanti fu di scandalo e di ferocia inaudita: fu trascinato fuori della città e lapidato. I cristiani di oggi sono chiamati come lui a formarsi adeguatamente alla scuola degli apostoli per apprendere la sana dottrina e testimoniarla se occorre, anche col martirio. Auguri a tutte le persone uomini e donne che portano il suo nome. P. Angelo Sardone

Felice e santo Natale 2022

Natale 2022. «Il Signore mi ha detto: Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato» (Sal 2,7). Nella solennità odierna il Salmo 2, classico della preghiera messianica, come affermava S. Ambrogio è il «canto del Natale di Cristo». Jahwé seduto sul trono mentre esprime la sua superiorità su tutto il creato e le creature umane, dichiara solennemente la grandezza della dinastia di Davide, re di Israele, potente sulla terra, e preconizza il Messia. Il canto stesso, mentre dichiara il re, figlio adottivo di Dio, esprime in forma poetica e teologica in maniera piena l’identità di Cristo come autentico Figlio di Dio, che è nel seno del Padre ed è da Lui generato. Il mistero del Natale, almeno come era concepito nel primo Millennio Cristiano, esprimeva questi concetti sostanziali di grande spessore teologico. L’avvento di S. Francesco d’Assisi e del presepio di Greggio (1223), ha aggiunto una dimensione più umana, fatta di cose che evidenziano e manifestano la grandiosità del mistero espressa in maniera analoga alla nascita di un bambino ed al coinvolgimento dei suoi genitori. Oggi si celebra questo grande mistero nella solennità della nascita in terra del Figlio di Dio, Figlio dell’uomo, generato da una donna promessa sposa a Giuseppe della stirpe di Davide, cui è imposto il nome di Gesù, cioè «Dio salva». La grandiosità del mistero evocata nei giorni scorsi dalle antifone maggiori e da una preparazione adeguata con la Novena, oscura il consumismo natalizio che si allinea ad uno stucchevole buonismo fatto a volte di panettoni, regali sotto l’albero e smancerie augurali, e conduce invece silenziosi alla Grotta a contemplare nel presepe, termine latino col quale si indica la mangiatoia, un Bimbo che vagisce ed è per il mondo Salvatore e Redentore. Auguri vivissimi, Buon Natale del Signore Gesù. P. Angelo Sardone

La vera casa di Dio: Gesù il Messia

«Il Signore ti annuncia che farà a te una casa. Io susciterò un tuo discendente dopo di te. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio» (1Sam 7,13-14). Al grande re e profeta Davide preoccupato di voler costruire un tempio a Dio fino ad allora dimorante sotto una tenda nel segno delle tavole della legge, tramite il profeta Natan Jahwé assicura che sarà Lui stesso a costruirgli una Casa fondandola sul suo casato. La casa non sarà una costruzione materiale ma una persona, il Messia, cioè Gesù Cristo proveniente dalla sua discendenza. È questo il primo anello delle profezie sul Figlio di Davide. Il re in effetti si sentiva in forte disagio con Dio per il fatto di dimorare lui in una casa di cedro, mentre l’Arca era custodita sotto una tenda mobile e fragile. L’intervento di Dio è risolutorio e toglie il re da qualsiasi forma di imbarazzo, allineandolo però al suo progetto di amore attraverso la presenza nel mondo e la missione del Messia, a partire proprio dalla sua incarnazione. Il bellissimo linguaggio è denso di reminiscenze storiche ed ambientali e vuole ricordare al fulvo e giovane re che gli interventi di Dio a cominciare da quelli operati proprio nei suoi confronti quando lo scelse tra i suoi fratelli per costituirlo signore, e quelli verso il suo popolo per farlo dimorare nella terra promessa hanno fatto sempre riferimento al progetto salvifico. La vera casa di Dio, come la sua parola più autentica, viva e vera è Gesù Cristo che è lo stesso ieri, oggi e sempre. L’evento della sua nascita, celebrata nella grandiosità della liturgia cristiana, testimonia il principio della salvezza che dalla Incarnazione guarda e mira alla Redenzione. Buona vigilia di Natale. P. Angelo Sardone

Il grande messaggero

«Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate» (Ml 3,1). La via per accogliere il Signore che viene è preparata nella storia sacra sin dai primordi. La venuta del Messia intravista già nell’Eden come prospettiva di sicura salvezza dell’uomo e di pace con Dio offeso ed allontanato dal peccato, si è concretizzata nel corso del tempo attraverso immagini simboliche e personaggi diversi che hanno incarnato il desiderio e prospettato il tempo propizio. Uno dei personaggi che in ordine di tempo ha maggiormente rappresentato questo desiderio diventandone simbolo emblematico è il profeta Elia. Il suo nome si ripercuote nel Nuovo Testamento sia nella predicazione di Gesù come anche nella identità di Giovanni Battista spesso a lui equiparato. Certamente la missione profetica di entrambi fu molto chiara, accompagnata da una predicazione decisa e ferma per combattere il male, la finzione e l’ipocrisia e mirare decisamente al vero, al concreto, all’essenziale della vita spirituale. L’Ecco della Scrittura non è un intercalare proprio di tanti predicatori, ma la dichiarazione di un evento. Il Signore stesso si è impegnato ad inviare il preparatore della strada del Messia ed è diventato egli stesso una strada percorrendo la quale si ha la garanzia di accedere alla meta. La traduzione nella realtà oggi fa guardare ai messaggeri, soprattutto a quelli un po’ più scomodi per il loro linguaggio e soprattutto per il comportamento di vita che contrasta la leggerezza e la superficialità di tanti altri e di pii e devoti che di fatto cercano un cristianesimo accomodante e “moderno”. Elia e Giovanni Battista insegnano in maniera inequivocabile che il Signore si accoglie con una preparazione seria e matura. P. Angelo Sardone

La storia di Anna

«Per questo fanciullo ho pregato e il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho richiesto» (1Sam 1,27). Continua la narrazione di eventi straordinari del Vecchio Testamento a corredo storico-salvifico dell’evento del Natale di Gesù. É la volta della nascita di Samuele, il grande profeta. La sua storia è nota: Anna e suo marito sono una coppia felice ma incompleta. Mentre la prima moglie ha partorito figli ad Elkana, la seconda, Anna è misteriosamente sterile. Per una donna ebrea la sterilità era considerata una sorta di maledizione di Dio. Per questo il suo dolore è grande, ed intenso anche l’amore di suo marito che giunge a dirle: «Non sono forse io per te meglio di dieci figli!». Ma si sa, l’amore di un marito non è come quello di un figlio. Recatisi insieme al tempio di Silo, Anna effonde in lagrime tutto il suo dolore fino a compromettersi con Dio con un voto: «Se mi darai un figlio, ti prometto che non passerà rasoio sul suo capo e sarà consacrato a Te!». La prova cui è sottoposta viene superata dalla fede ardente. Finalmente rimane incinta ed allo svezzamento del bambino torna con Elkana al tempio per donarlo al Signore, secondo l’impegno preso. «Tu mi hai concesso la grazia della maternità che ti ho chiesto, io lo do in cambio a Te, lo cedo a Te per tutti i giorni della sua vita!». Ciò che proviene da Dio come dono, non appartiene all’uomo ma viene ridonato a Dio. Nella storia di Samuele c’è anche la storia di tante persone votate a Dio nel ministero sacerdotale e nella vita consacrata, molte delle quali ridonate a Dio con l’eroico criterio della gratitudine e dell’offerta del bene più prezioso ricevuto da Lui. P. Angelo Sardone