Emmaus

Gesù si fa compagno nel nostro cammino, ogni giorno. Ci è accanto e non sempre ne accorgiamo. E’ l’invisibile compagno nel nostro itinerario, ci sostiene con la forza della grazia, ci illumina con la profondità della sua Parola, ci nutre col cibo dei sacramenti. Pasqua in fondo, significa anche saperLo riconoscere. L’incapacità umana di far fronte al mistero sublime della sua conoscenza, viene stemperata dalla sua continua iniziativa di mettersi accanto, come un viandante qualunque, prendendo la nostra stessa direzione, senza specificare le motivazioni che lo inducono a camminare con noi. Come un amico coglie la stanchezza degli occhi, la delusione del viso, il peso degli avvenimenti e delle situazioni, la paura di un futuro ancora oscuro. Come un amico vero, apre il cuore a noi, stanchi ed attardati, raccontando la grande storia di amore di Dio-Padre che si riferisce a Lui ed a noi. Partendo dalla creazione e giungendo fino ad oggi, spiega le esemplificazioni della Legge di Mosè (la Torah), dà piena luce agli scritti profetici, cose magari conosciute ma ancora tutte da comprendere nella profondità e nella verità. Lo svelamento completo ai nostri occhi si attua quando nella S. Eucaristia spezza il pane e ripetendo il gesto del giovedì santo, lo offre e si offre a noi come cibo e bevanda di vita. Lo ha fatto anche in questi giorni e continua a farlo, nonostante che i nostri occhi siano appesantiti dal sonno della tribolazione e della stanchezza, dall’incertezza e dalla paura del futuro. E’ accanto a noi. Ce ne dobbiamo accorgere, per non correre il grave rischio evidenziato da S. Agostino «Timeo Dominum transeuntem!», «Ho paura che il Signore mi passi accanto ed io non me ne accorga!». Nel momento in cui ci si accorge che è davvero il Signore, Lui, però, sparisce. Ha compiuto quanto voleva e lascia alla nostra responsabilità il compito di tornare indietro e di annunciare con gioia le verità finalmente comprese. In questi giorni, in questa particolare situazione ambientale, sociale, relazionale e spirituale, il Signore ci è accanto e ci sostiene. La fede in Lui morto e risorto, fa guardare altro e considerare oltre. Coraggio: il Signore Gesù doni nuovo entusiasmo e tanto equilibrio di mente e di cuore per non cedere alla tentazione della stanchezza e della delusione ma rimanere in piedi e stare saldi. P. Angelo Sardone

Risurrezione: storia di incontri

La risurrezione è storia di incontri. Nell’incontro si rinasce: dall’incontro si riparte. Il mistero del corpo di carne di Gesù di Nazaret risuscitato da morte dalla potenza del Padre creatore, genera ferma convinzione, fa scaturire la fede. Tutto comincia dalla tomba vuota: la vita e la morte dell’uomo si rendono più comprensibili proprio a partire da quel luogo e da quella situazione. Occorre un incontro. Chi ama non solo va incontro ma si lascia incontrare da Dio prima di tutto nella prostrazione dolorosa, quando la propria vita languisce nel peccato, nella leggerezza, nel nonsenso. La prima forma di risurrezione ed i suoi primi effetti partono proprio da un incontro purificante e sanante, nel momento programmato dalla Provvidenza di Dio che «non vuole la morte del peccatore ma che si converta e viva» (Ez 33,9). La certezza della propria risurrezione viene col tempo, si conferma dinanzi al luogo che nascondeva la morte e dalla ricerca di Chi era deposto in quel sepolcro. La custodia della morte è in un giardino come quello con delizie dell’Eden, come quello con gli olivi macchiati di sangue nel Getsemani. Per comprendere bisogna voltarsi verso Gesù anche quando non si capisce che è proprio Lui. La sagoma di Cristo, infatti, confusa con quella di un ortolano, si rivela gradualmente quando il risorto stesso chiede «uomo, donna perchè piangi, chi cerchi?» e poi si rivela pronunziando il nome di ciascuno. Solo allora lo si “vede” bene, si comprende, si corre verso di Lui, ci si afferra alle sue mani, ci si aggrappa ai suoi piedi ma non si è trattenuti. Da questo incontro nasce la missione: «va ad annunziare!». Si instaura il Vangelo, la grande gioia della “buona novella”, nuova e definitiva che rende salda la fede, ispira la testimonianza, genera nuovi figli nel Battesimo. La gioia pasquale parte dal vuoto della tomba con la presenza di due angeli che attestano la verità della risurrezione, e dall’incontro personale con Cristo. La certezza della risurrezione cambia la vita. Si acquista la maturità necessaria per affrontare ogni giorno il suo affanno e la sua pena e diventare così uomini e donne nuovi, figli e figlie della risurrezione. Essa è speranza, è certezza di un mondo ed un futuro migliore: quello che attendiamo dopo il momento buio di solitudine, di costrizione, di tanti morti di questi giorni; quello che possiamo e dobbiamo costruire noi con la caparbia di una volontà illuminata e sostenuta dalla fede più matura e dalla certezza che il nostro Dio è risurrezione e vita. P. Angelo Sardone

Pasquetta 2020

Oggi è ancora Pasqua. In consonanza con la mentalità e la prassi ebraica, nella Liturgia lo sarà per otto giorni di seguito con la cosiddetta “Ottava di Pasqua”. La tradizione cristiana definisce la giornata “Lunedì dell’Angelo”, in riferimento all’incontro degli Angeli del sepolcro che annunziano alle donne la risurrezione di Gesù. Non si tratta di un furto perpetrato dai discepoli del Maestro, ma di un evento straordinario operato dalla potenza di Dio Padre. Le donne, abbandonato in fretta il sepolcro, con timore e gioia grande corrono a dare l’annuncio ai discepoli. Gesù stesso va loro incontro, le saluta affettuosamente, dissolve ogni loro paura, si lascia abbracciare i piedi ed adorare e conferisce loro il mandato di andare ad annunciare il grandioso evento perché gli apostoli prima, e noi oggi, ne diveniamo testimoni. Per antica tradizione oggi è Pasquetta, termine vezzeggiativo di Pasqua, quasi a proseguire in forma più leggera la giornata immediatamente successiva al “grande giorno” principio di tutti i giorni. Da sempre si caratterizza come momento di festa, con la gita fuori porta e molto spesso il consumo degli avanzi del giorno prima. La fraternità, l’incontro con gli amici, il contatto con l‘aria aperta e la natura, la scampagnata, sono in genere gli elementi portanti della giornata quasi un prolungamento della gioia pasquale. La particolare ed attuale situazione non permette questa ritualità consolidata nel tempo. Si continua a dimorare tra le mura domestiche. I balconi delle case, per chi li ha, diventano una limitata imitazione dell’aria aperta e della libertà della campagna. Pazienza: questo è il ritmo e la modalità imposta per necessità quest’anno. Rimane ferma ed assodata la gioia del mistero della Pasqua come mistero di risurrezione e pienezza: per essa «la fede e la speranza, fisse in Dio» (1 Pt 1, 21) nutrono la vita di ogni giorno ed anche tra le limitate mura domestiche e gli angusti spazi della relazione fisica, permettono l’esercizio più ampio, spazioso ed efficace della carità. Essa raggiunge con immediatezza e senza spostarsi, i luoghi, le persone e gli affetti più cari. Buona Pasquetta. P. Angelo Sardone

Buona Pasqua 2020

«Giorno radioso e splendido, giorno senza tramonto»: così la Liturgia saluta in canto la Risurrezione di Cristo che celebra nella “Pasqua”, cioè il passaggio, il tempo che non è più tempo, l’evento che ha sconvolto la storia e l’ha condizionata per sempre come “chairos” cioè tempo propizio, tempo di grazia. La liberazione del popolo di Israele dalla cattività egiziana alla libertà della Terra Promessa diede origine alla festa: Gesù la fece propria riattualizzandola e caratterizzandola col mistero della sua morte e risurrezione. Il cielo terso di questa mattina con i suoi colori meravigliosi, il profumo della natura risvegliatasi dal letargo invernale, il silenzio e la pace che circondano le case e le strade, richiamano la bellezza e l’intensità di questa, che non è semplicemente una festa di primavera, ma è la “festa della vita”. Essa proietta nella città di Dio, nel Paradiso, dove la luce è perenne, la gioia è esaltante, la contemplazione è vita. Oggi celebriamo la Pasqua avvolti in un silenzio irreale: serve per ascoltare e leggere quanto Dio continua a dire e a scrivere nel cuore dell’uomo e nell’universo. Le campane che suonano a festa proclamano che la Quaresima si è conclusa. La Pasqua si protrarrà ancora per quaranta giorni fino all’Ascensione ed ancora per altri dieci fino alla Pentecoste, suo compimento. Le sirene che continuano a suonare ricordano però che non è finita la quarantena, perdura nel timore e nella speranza. La Pasqua è l’inizio di una vita nuova, non “ottimismo ma dono di Dio”. Timore e tremore, i sentimenti delle donne e degli Apostoli Pietro e Giovanni accorsi al sepolcro, devono caratterizzare questo nuovo principio di vita. Il Signore ci insegna il timore vero che non promana dalla trepidazione della natura umana contaminata dal virus della pandemia ed ancor di più del peccato, ma lo si apprende con l’osservanza dei comandamenti e della legge di Dio stampata nel cuore, con le opere di una vita innocente, con la conoscenza e la pratica della verità. Gesù che ha ricostruito il tempio del suo corpo in tre giorni, «ricostruirà in te il suo tempio con gioia» (Tb 13,11). Questa è la speranza e la certezza di questa Pasqua come vita nuova, occasione di grazia per ri-cominciare da uomini e donne nuovi con sentimenti nuovi, cuore nuovo, amore vero, decisione ferma, impegno duraturo. Ri-sorgere significa stare in piedi nuovamente, nascere di nuovo, ri-prendere in mano la propria vita, ri-programmare il futuro in docile ed attento discernimento con Dio. Gesù rimesso in piedi dalla potenza di Dio è il segno più evidente che ce la possiamo fare nonostante la debolezza, la miseria, la sofferenza. Ci riusciremo se cercheremo il risorto che è già dentro di noi. Auguri vivissimi. Buona e santa Pasqua. P. Angelo Sardone

Caterina Giannulli non è più tra noi

Nel silenzio della notte tra il venerdì ed il sabato santo il Signore Gesù ha chiamato alla Pasqua eterna del cielo la signorina Caterina Giannulli, un membro attivo del Cenacolo Vocazionale di Altamura. Sempre sorridente, disponibile e generosa, ha percorso con noi questi ultimi anni nella condivisione del carisma rogazionista con una presenza costante nel cammino formativo mensile di preghiera ed adorazione, nei pellegrinaggi e nel coinvolgimento di tante persone. Il Signore l’abbia nella sua misericordia e nel suo riposo. A nome di tutti i membri del cenacolo, esprimo di cuore alla famiglia Giannulli la viva partecipazione al loro dolore per questa perdita chiedendo al Signore di dare loro tanto conforto in un momento nel quale non è neppure possibile celebrare con le modalità ordinarie le sue esequie. Offriamo la nostra preghiera di suffragio per lei e di consolazione per la sua famiglia. Quando si rimetterà in sesto l’ordinarietà della vita liturgica e sociale, celebreremo l’Eucaristia in sua memoria per ringraziare il Signore della sua testimonianza di vita cristiana e della vocazione rogazionista. La salma sarà trasferita questo pomeriggio direttamente nel cimitero di Altamura. Riposi in pace. P. Angelo Sardone

Il silenzio del sabato santo

L’attesa della risurrezione si riempie di silenzio. L’intero creato è avvolto dal misterioso silenzio della morte di Gesù Cristo, l’Uomo-Dio. La terra tace sbigottita; il cielo si adorna di buio; i cuori gemono nel dolore; la mente vaga alla ricerca di una riposta; il vuoto regna sovrano. Il mistero dell’amore, consumato nell’eccidio della crocifissione, giace ora nel silenzio della tomba. E’ stato portato alla svelta. Una grande pietra lo sottrae agli occhi. La mano dell’uomo non è capace di smuoverla; la mente umana non comprende, rimane in attesa e ricorda le parole del Maestro che annunciavano solo tre giorni di morte e di buio. Il grembo vergine di Maria aveva accolto per nove mesi il corpo di Gesù mentre si formava nel prodigio della gestazione, dandolo poi alla luce. Il grembo della madre terra accoglie, ma solo per tre giorni, il corpo esanime di Gesù per consegnarlo alla luce del sole e della vita, mediante la potenza del Padre. Al calore materno delle viscere di Maria abitate per la prima ed unica volta dal corpo immacolato del Figlio di Dio, si sostituisce ora il freddo di un sepolcro nuovo scavato nella roccia che accoglie per la prima ed unica volta il corpo straziato del Redentore. Fuori nello spazio adiacente vigila e piange composta la Madre Addolorata. Ha nel cuore la tragedia della perdita del figlio, il dolore immane per la modalità della sua morte. Ma anche e soprattutto vive la speranza inaudita che qui, al sepolcro non è finito nulla, anzi tutto comincia. La paura, lo sconforto, la delusione, la percezione che tutto sia finito tiene distanti gli apostoli e i seguaci del Rabbì. Con Maria sono rimasti gli intimi, Maria Maddalena nella quale più che il peccato potè la grazia, Giovanni che racconterà per filo e per segno ciò che sta avvenendo e ciò che avverrà. Nell’attuale situazione, immersi nel silenzio irreale che avvolge gli ambienti di vita, le strade, le chiese, soffriamo il freno imposto alle normali attività e relazioni, e non abbiamo neppure la possibilità di sostare davanti ad un sepolcro. Coraggio: la Chiesa intera sosta e prega unanime affidando a Maria i gemiti del cuore, le speranze di una vita nuova. E Cristo che è risurrezione e vita ci fa guardare avanti, Lui che è anche verità e via, la nuova, unica via da seguire. La Pasqua imminente è un nuovo inizio di vita. P. Angelo Sardone

Il mistero della croce

Dio non abbandona la terra e l’uomo perché li ama profondamente. Se l’egoismo è fonte di miseria e di morte, l’amore di Dio manifestato nell’atto supremo della morte del suo Figlio, è l’attestato più convincente del suo interesse per tutte le creature. Oggi, venerdì santo, contempliamo e viviamo la morte di Gesù Cristo in croce, fatto storico e valore umano e spirituale che va ben oltre il credo cristiano. Attestata dalla Rivelazione e documentata dalla Storia e da Millenni di Tradizione, la croce di Cristo, insieme con la sua risurrezione, è la fonte ed il centro della fede cristiana. Oggi siamo particolarmente avvolti da un cupo e misterioso silenzio che induce alla condivisione del dolore, fa tacere la mente e la immerge nella contemplazione del misterioso dato di fede. Esso induce alla compassione, impone la sosta, genera una riflessione profonda. Il silenzio della natura, l’irreale silenzio che in questi giorni avvolge le strade, le attività, le chiese, si conforma al silenzio di Gesù sulla croce, interrotto da poche parole, sette in tutto. L’epilogo del suo annunzio evangelico è la consegna dell’umanità a Maria, madre di tutti i redenti, il grido lacerante del dolore per l’abbandono subito anche da parte del Padre, il grido soffocante del distacco dalla vita e la consegna dello Spirito. In questa morte trova risposta il perché della nostra morte, ed anche quella di tanti fratelli e sorelle in questa assurda pandemia. Gesù è il grande sconfitto dalla vana giustificazione di una religiosità ottusa e legalista, dalla superbia e dall’egoismo dell’uomo, dalla sua volontà perversa, capace di stravolgere la natura fisica ed umana. Vero agnello che toglie i peccati del mondo, esaltato dal Padre sulla croce, è soprattutto il grande trionfatore sulla morte e sul peccato. Nella croce c’è tutto il peso dell’amore, quello di Dio e quello dell’uomo: la croce è la più grande opera di salvezza. La mente superba dell’uomo che ha “cambiato la gloria dell’incorruttibile Dio con l’immagine dell’uomo corruttibile” si arrende ora dinanzi al fatto eclatante: Dio ha salvato l’uomo con la croce e la morte del suo Figlio. Proprio questa morte “ha rotto la nostra indifferenza” (G. Papini). Tutto questo esige silenzio e contemplazione. P. Angelo Sardone

Eucaristia e sacerdozio: due doni di amore

Questi sono i giorni santi. Il tempo non è semplicemente una categoria filosofica, è un dono di Dio. Ogni giorno è un dono, ma quelli che cominciano oggi, il Triduo Pasquale di morte e risurrezione di Cristo, sono i giorni santi per eccellenza. Il giovedì santo è memoriale dell’Eucaristia e del Sacerdozio, sacramenti sgorgati dal “Cuore di Cristo, come da un parto gemello” (S. Annibale). Entrambi manifestano il grande, infinito ed eterno amore di Dio che in Gesù ha dato compimento al suo progetto di redenzione ed ha stabilito di rimanere per sempre in mezzo agli uomini nella realtà materiale del suo corpo velato dal segno del pane, nella persona dei suoi ministri. Sono i sacramenti della “presenza” di Cristo come cibo e bevanda di vita, attraverso gli elementi del pane e del vino, misericordia e tenerezza infinita, attraverso l’umanità di uomini deboli e fragili costituiti in straordinaria grandezza per tutto ciò che si riferisce al Signore. L’Eucaristia, mistero della fede tra i più difficili da credere, è il centro della giornata odierna, presenza viva di Cristo, cibo vero, pane del cammino, farmaco di immortalità. In funzione dell’Eucaristia e per l’Eucaristia, il sacerdozio, dono grande di amore dato al mondo mediante la scelta di uomini ad essa consacrati, confezionatori e distributori del pane di vita eterna, del perdono e della tenerezza di Dio. Grembiule ed acqua, stola, pane e vino sono i segni che unificano le due grandiose realtà sacramentali ed esprimono il fondamentale carattere del servizio, dell’oblazione, del sacrificio: “sacerdos et hostia, servitium et oblatio” (sacerdote e vittima, servizio ed oblazione). Ogni sacerdote oggi dice: «Senza mio merito, sono stato generato sacerdote e padre; sacerdote del Dio altissimo, “padre di una moltitudine di gente”. È Dio che, per sua bontà, mi ha reso tale». La paternità viene spiritualmente assunta nell’interezza della dimensione umana, fragile, caduca, non esente da peccato, ed esercitata nel nome di Dio che è Padre e misericordia infinita. Proprio perchè fragile, l’umanità e la sacralità del sacerdote esige vigilanza e diligente cautela da parte sua e da parte degli altri, amore tenero, delicato, vicinanza e distacco, pudore e contemplazione. Il sacerdote, avvolto nel suo mistero di vita umana e spirituale, insieme con Gesù dona se stesso, il suo tempo, la sacralità del suo corpo, la profondità dei suoi affetti, la verità del suo amore. Il suo compito è la propria ed altrui «santificazione senza la quale nessuno vedrà mai il Signore, vigilando che nessuno venga mai meno alla grazia di Dio» (Eb 12,14). Come il Servo di Dio Romano Guardini anche io, oggi, con molta umiltà, vorrei aiutare gli altri a guardare queste realtà grandiose con occhi nuovi, quelli di un bambino innocente ed estatico dinanzi alla sublimità di questi misteri. P. Angelo Sardone

La perenne adorazione

La presenza reale di Gesù Cristo sulla terra è garantita sino alla fine dei secoli dalla celebrazione della Santa Messa e dalle specie eucaristiche conservate nel santo tabernacolo. Il termine richiama la tenda nella quale era custodita l’Arca dell’Alleanza, ed è una sorta di piccola casa. La “custodia”o “ciborio”, che contiene il pane celeste che dà la vita (cfr. Gv 6) è il luogo sacro per eccellenza dinanzi al quale ci si inginocchia e si adora il corpo e il sangue di Cristo, mistero della fede di difficile comprensione. S. Annibale M. Di Francia, grande innamorato dell’Eucaristia afferma che notte e giorno Gesù nel santo tabernacolo, mentre è in contatto con l’eterno Padre, gli rende “adorazioni di infinito valore”. E’ il misterioso dinamismo di amore col quale Cristo prega e adora il Padre per noi, è pregato ed adorato da noi, prega in noi. Il Figlio, insieme con lo Spirito che intercede per noi con gemiti inesprimibili, presenta al Padre ogni nostra lode, gratitudine, richiesta e supplica, sia quando siamo dinanzi al tabernacolo che quando, come in questi giorni, impediti per forzate necessità, aneliamo alla sacra custodia e desideriamo ricevere Gesù sacramentalmente. In questo “gioco di amore” si rende efficace la potenza della preghiera cristiana, espressione del cuore, ed atteggiamento di vita. Il Signore esaudisce al «momento favorevole» e soccorre «nel giorno della salvezza». E questo, ora, «è il momento favorevole e il giorno della salvezza!» (2Cor 6,1). Il rapporto personale con Cristo si completa con l’incontro e la condivisione con i fratelli nel quale si concretizza un’altra presenza del Signore: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro!» (Mt 18,20). Con cuore umile e penitente stiamo accanto al tabernacolo di Gesù come lampada con fiamma perenne e fiori profumati, per essere sentinelle di amore che vivono di Lui, che operano per Lui. P. Angelo Sardone.

Non siamo soli

L’anima di Gesù è triste fino alla morte. E’ una delle parole che da sempre impressiona il mondo e turba il pensiero dell’uomo. Cristo avverte e vive un’angoscia mortale, preludio della sua “kenosi”, l’annientamento. E’ una delle manifestazioni più toccanti riportate dai Vangeli, che caratterizzano in pieno la più profonda umanità del Figlio di Dio fatto uomo. Sulla soglia della passione redentiva, fine ultimo della sua missione di Salvatore, Egli vive la tristezza amara della solitudine, dell’abbandono, della incomprensione del messaggio di amore che, per volere del Padre, deve necessariamente passare attraverso la sofferenza e la morte. Con delicatezza espressiva segnala agli apostoli più fidati che si è portato con sé, il bisogno di una presenza confortante in un momento così difficoltoso, in un travaglio così angosciante, quasi ad elemosinare un po’ di attenzione anche in silenzio; presenza e silenzio che esprimono affetto, partecipazione, sostegno, aiuto. Avverte finanche l’abbandono di Dio. Gli apostoli non capiscono questo insolito linguaggio: sono lì con Lui nel podere illuminato dalla luna piena, per fargli compagnia, ma portano il peso della loro umanità sopraffatta dalle preoccupazioni giornaliere, dalla stanchezza e dal sonno della poca fede, dallo scoraggiamento, dall’incertezza del futuro. Testimoni silenziosi di questo inizio di passione sono gli ulivi le cui radici sporgenti sono accarezzati e colorati dal rosso vivo del sangue anzitempo sgorgato dal suo corpo ancora intatto. Gesù non chiede di capire, ma di far compagnia, fermarsi di a vegliare con Lui. Per tre volte, si allontana da loro e prega. Per tre volte li trova addormentati. Al compimento dell’ultimo tratto del suo cammino di salvezza, è solo. La solitudine si traduce in profonda tristezza, delusione, paura della morte. Questa situazione, tante volte, come oggi, è lo specchio della vita di ciascuno. Anche se soli, siamo confortati dalla certezza che così «Gesù prese su di sé la nostra morte e fece nostra la sua vita» (S. Agostino). Anche se nel nostro “orto degli ulivi” ci sentiamo terribilmente soli, a pochi metri da noi veglia e prega per noi e con noi Gesù. Col suo silenzio misterioso e la sua tristezza profonda, sostiene la nostra tristezza, riempie la nostra solitudine, conforta i nostri cuori, asciuga le nostre lagrime. Coraggio, non siamo soli! P. Angelo Sardone