L’esattore convertito

«A ciascuno di noi è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo» (Ef 4,7). La liturgia odierna celebra la festa di S. Matteo, apostolo ed evangelista. Parlando della sua chiamata è l’unico che riporta il suo primo nome, Matteo, il pubblicano e peccatore. Gli altri evangelisti lo chiamano Levi. L’incontro con il Signore Gesù e la sua misericordia gli ha cambiato la vita: è rinato da un’esistenza egoista che ruotava attorno alla sua professione di esattore delle tasse asservito ai Romani. L’economia della sua vita era basata sul guadagno, a volte anche disonesto, rimproverato dai suoi conterranei che lo consideravano alleato dei dominatori. Gesù ha un conto da saldare con lui. Va ad incontrarlo direttamente al banco delle imposte e non si perde in parole, gli dice soltanto «seguimi!». In quell’incontro, nello sguardo amorevole di Cristo c’è tutto un condensato di grazia, perdono, misericordia e di amore che lo chiama alla sequela. Lo squarcio di luce intensa penetra nel suo cuore e nella sua anima mettendo in luce la realtà di grazia che il Maestro gli offre ed eludendo il buio della sua riprovevole condizione morale e relazionale. Gesù gli dice semplicemente «seguimi», cioè «imitami». E lui, docile, si alza e lo segue senza proferire parola. Il Vangelo annoterà il pranzo da lui preparato per il maestro. Sarà l’esemplificazione della nuova vita intrapresa staccandosi a quella antica, con disagio di comprensione da parte di tanti. La scelta e la sequela di Cristo comporta un cambiamento radicale lasciando al passato ciò che è passato, compresi ricordi, testimonianze, nostalgie, ed affidandosi unicamente alla grazia che ha reso nuova l’esistenza. Auguri a tutti coloro che portano il nome di Matteo, che dall’ebraico significa «dono di Dio». P. Angelo Sardone

I santi martiri coreani

«La casa di Dio è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità» (1Tim 3,15). Particolarmente ricco di dottrina ecclesiologica è questo versetto col quale S. Paolo avverte Timoteo su come comportarsi nella casa di Dio, la Chiesa. Essa è molto grande: chi la guida deve conoscere bene l’arte del servizio ecclesiale per evitare che ci si improvvisi come capi. La Chiesa è casa dove Dio abita ed incontra i suoi figli. Ma é anche robusta, perenne e stabile: ciò è dato dalle verità che essa proclama. Non c’è pienezza di verità se non nella Chiesa di Dio. Su queste verità si è fondata la testimonianza cruenta dei martiri coreani 103 (10 stranieri, 3 vescovi 7 sacerdoti, catechisti e fedeli), tra cui Andrea Kim Taegon, il primo presbitero coreano ed il laico Paolo Chong Hasang. Di essi si celebra oggi la memoria liturgica. A partire proprio da un laico, nel 1784 la fede cattolica si era impiantata nel paese e fu sottoposta a tante persecuzioni che determinarono al contrario uno sviluppo significativo dei cristiani e la fede che era ritenuta dal governo un’autentica “follia”. Secondo ricostruzioni storiche e biografiche nelle persecuzioni perirono più di 10.000 martiri. Il martirio ed i martiri cristiani non sono solo un fenomeno dei primi tempi del cristianesimo ma una realtà che continua anche oggi in tutto il mondo. Centinaia e centinaia di cristiani sono torturati, massacrati, le chiese incendiate, vescovi e sacerdoti vessati da autorità senza scrupoli. Vince sempre la costanza nella fede ed il coraggio indomito di uomini e donne che credono davvero e con la loro testimonianza ed il martirio, come diceva Tertulliano, sono seme di nuovi cristiani. P. Angelo Sardone

La Madonna della Salette

«Avvicinatevi figli miei, non abbiate paura: sono qui per annunciarvi un grande messaggio». Con queste parole, il 19 settembre 1846 la Madonna invitava
due pastorelli, Maximin Giraud e Mélanie Calvat, di 11 e 15 anni, che pascolavano le mucche sul monte della Salette vicino ad una fontana disseccata. Intorno alle due pomeridiane, furono attratti da una luce folgorante che mise in evidenza i contorni di una donna, seduta sulle pietre poste attorno alla fontana, con uno scialle ed un grembiule giallo. Una corona di rose le scendeva dal collo, con due catene, una delle quali col crocifisso al cui lato c’erano una tenaglia ed un martello. Con i gomiti appoggiati sulle ginocchia e la testa tra le mani, piangeva in silenzio e le sue lagrime scendevano vistosamente. Era la Santissima Vergine. Si trattenne coi due pastorelli circa un’ora e prima in lingua francese, poi nel loro dialetto parlò loro: «il braccio del Figlio è appesantito per le mancanze degli uomini in particolare per l’inosservanza del precetto festivo della domenica, la bestemmia contro il suo Nome e la burla della religione. Se si continua così il grano sarà mangiato dagli insetti, quello maturo ridotto in polvere, le noci guastate e l’uva marcia». La Vergine comandò quindi di far conoscere questo a tutto il popolo ed affidò a ciascuno di loro un segreto. Il 1851 a seguito dei risultati d’una commissione d’inchiesta, il vescovo di Grenoble dichiarava: «l’apparizione ai due pastorelli sulla montagna de La Salette porta in sé tutte le caratteristiche della verità e che i fedeli possono fondatamente crederla indubitabile e vera». La Vergine fu invocata come Riconciliatrice dei peccatori. Sul monte de La Salette, nacque la Congregazione dei Missionari di Nostra Signora de La Salette che fece proprio il messaggio della Vergine. Mélanie Calvat sarà a Messina nell’istituto delle Figlie del Divino Zelo nell’anno di benedizione 1897-1898 e morirà ad Altamura. Qui S. Annibale aprirà il 1916 una Casa dedicata alla Madonna della Salette per conservare le spoglie mortali della pastorella. P. Angelo Sardone

L’Addolorata Maria

«O quam tristis et afflícta fuit illa benedícta Mater Unigeniti!» Quanto grande è il dolore della benedetta fra le donne, Madre dell’Unigenito! (Dallo Stabat Mater). Collegata direttamente alla festa di ieri, si celebra oggi la memoria liturgica della Beata Vergine Maria Addolorata che ha significativa importanza dottrinale e pastorale perché associa la Madre alla passione salvifica del Figlio. In Lei si concentra il dolore dell’universo per la morte di Cristo e si personificano le madri che, lungo la storia, hanno pianto e piangono la morte di un figlio. Questa devozione è una delle più commoventi e tenere perché esprime il più intimo e filiale affetto verso la SS. Vergine. Sotto la croce, il dolore di Maria diventa sommo. L’impossibilità e l’incapacità di fare qualcosa per il crocifisso Gesù, straziano il suo cuore di madre: Lo contempla innalzato da terra, scorge attorno a sé il vuoto del tempo e dello spazio, ha paura, vede l’inesorabile fuga di tutti. Maria diviene tutt’uno con Gesù, così com’era nel tempo della gravidanza e genera ancora una volta divenendo Madre di tutti. Sotto la croce, ancor più di altre volte, la spada profetizzata da Simeone trafigge il suo cuore. La popolare sequenza dello «Stabat Mater» attribuita a Jacopone da Todi, che in genere accompagna la Via Crucis ed è molto amata dai fedeli, è recitata in maniera facoltativa durante la Messa. Guardando Maria che ha tanto sofferto, il suo cuore, bersaglio delle sventure e delle afflizioni, i cristiani tribolati si sentono rianimare e La invocano in aiuto nelle difficoltà e nei travagli della vita. La devozione popolare mariana ha collegato alla Madonna Addolorata i sette dolori, traendoli dai testi evangelici, dalla profezia di Simeone fino alla deposizione di Gesù nel sepolcro. P. Angelo Sardone

La croce esaltata

«O croce santa, segno di vittoria e di salvezza, guidaci al trionfo nella gloria di Cristo» (Antifona liturgica). Si celebra oggi la festa dell’Esaltazione della Croce di Cristo, storicamente legata alla costruzione della basilica del santo Sepolcro a Gerusalemme ad opera di Costantino, la cui dedicazione avvenne il 13 settembre 335 e l’indomani vi fu l’ostentazione di quel che rimaneva della croce. Essa è strumento e simbolo di salvezza, talamo, trono ed altare come canta il prefazio della Messa; è «espressione del trionfo sul potere delle tenebre, segno di benedizione sia quando viene tracciata su di sé che su altre persone e oggetti» (Direttorio pietà popolare). La croce è il simbolo cristiano più diffuso e noto in tutto il mondo: richiama il supplizio inflitto a Gesù Cristo, l’opera «più meravigliosa di ogni miracolo di Cristo» (S. Giovanni Damasceno). Platone nella sua opera sullo Stato la «Politeia», prova ad immaginare quale destino sarebbe riservato in questo mondo al giusto perfetto e giunge alla conclusione che egli sarebbe stato crocifisso. Gesù Cristo è Il crocifisso per eccellenza, «Scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani», manifestazione della più grande sua impotenza, l’amore fino alla morte. La croce è l’atto finale di un Dio che stupisce col suo nuovo stile di amare (Benedetto XVI), trono dal quale domina da vero re e al quale attira tutti. S. Annibale Di Francia riferisce alla croce parole mirabili: «È un libro nel quale possono leggere ed imparare i dotti e gl’ignoranti, i grandi e i piccoli, i giusti e i peccatori. … libro aperto per tutti, nel quale si può apprendere la più sublime teologia degli attributi di Dio, la sua potenza, la sua misericordia, la sua giustizia, la sua carità; libro nel quale a caratteri di sangue non terreno, sta scritto e spiegato il mistero dell’amore eterno di un Dio verso gli uomini. … in esso si sono formati i più grandi santi della Chiesa, e senza di esso è impossibile comprendere e praticare virtù alcuna». Verità sapiente e perenne della croce, unica nostra speranza. P. Angelo Sardone

Il Santissimo Nome di Maria

«Anna si purificò, porse il seno alla bimba e la chiamò Maria» (PdG, V). Così il testo apocrifo denominato «Protoevangelo di Giacomo», annota, dopo la nascita da Anna moglie di Gioacchino, l’imposizione del nome Maria dato alla bambina tanto desiderata. È il tratto più significativo della «bibbia che non fu scritta da Dio», come recita una nota raccolta degli Apocrifi, che si riferisce a Maria la Madre di Gesù, della quale oggi si celebra il Nome santissimo. La devozione, molto popolare, è coeva a quella del nome di Gesù e fu introdotta in ambito liturgico alcuni secoli fa. Il nome Maria richiama diverse etimologie che restano comunque probabili e che vanno da Myriam, «amarezza» da una radice ebraica, a «maestra e signora del mare», messa in parallelo con la sorella di Mosè ed il passaggio del mar Rosso; a «stella del mare»: in lei, mare di grazia, sono confluite tutte le grazie degli angeli e dei santi. Ed infine, «altezza», indicando il Padre e Colei che ha generato il Figlio. Il Nuovo Testamento in maniera succinta riporta le vicende di Maria. Anche il Corano, testo sacro dei Musulmani la cita 70 volte. Maria fu dato come primo nome a S. Annibale Di Francia e ciò fu per lui come un segno di predestinazione a coltivarne un’autentica e vera devozione. «Beato e mille volte beato chi ha la fortuna di portare un sì augusto Nome, perchè Maria gli darà grazie speciali; io esorto tutti i padri e le madri di famiglia ad imporre ai loro figliuoli questo Nome», soleva ripetere ai fedeli, ed ancora «Al tuo Nome di Maria, il demonio fugge via, nell’abisso si confina». Auguri a tutte coloro che portano questo bellissimo nome, perché sull’esempio di Maria di Nazaret siano docili all’azione dello Spirito e testimonino la scelta del Padre nell’amore del Figlio. P. Angelo Sardone

La preghiera dell’evangelizzatore

«Non cessiamo di pregare per voi e di chiedere che abbiate piena conoscenza della sua volontà» (Col 1,9). La bella notizia dell’adesione alla fede cristiana con il corredo della speranza e del vicendevole amore, fa sgorgare nel cuore di Paolo la preghiera assidua di sostegno ai Colossesi perché si distinguano nella pienezza della loro azione formativa ed apostolica attingendo direttamente da Dio e dalla conoscenza della sua volontà, con ogni sapienza ed intelligenza. Questo dato teorico deve necessariamente sfociare nella pratica che si traduce innanzitutto nel piacere a Dio e nel portare frutto in ogni opera buona. La potenza stessa della gloria di Dio rende forti e, di conseguenza, perseveranti e magnanimi in tutto. L’attenzione e la preoccupazione dell’Apostolo nei confronti di questi cristiani è il loro effettivo avanzamento nel cammino di fede che può e deve essere sostenuto ogni giorno dalla preghiera, perché possa portare concretamente ad una conoscenza vera della volontà di Dio. È molto bello considerare come l’atteggiamento dell’evangelizzatore sia entusiasta ed allo stesso tempo realista, notando la difficoltà per i cristiani nella società di allora come di oggi, di avanzare nel cammino nella pienezza dell’azione dello Spirito ed in corrispondenza analoga alla Grazia. Tante volte purtroppo le preoccupazioni e gli interessi più vivi dei ministri, con malcelata compiacenza dei cristiani stessi superficiali e languidi, sono rivolti alla dimensione meramente psicologica e si rischia di trascurare nel cammino formativo il riferimento fermo e deciso all’accoglienza della Grazia che giunge attraverso i sacramenti ed il conseguente impegno di ciascuno nella seria, se pure difficile perseveranza. P. Angelo Sardone

Epafra, fedele collaboratore

«Egli è presso di voi un fedele ministro di Cristo e ci ha pure manifestato il vostro amore nello Spirito» (Col 1,8). La lettera di S. Paolo agli abitanti di Colossi, molto probabilmente scritta da Roma nel corso della sua prigionia tra il 61 ed il 63, si colloca con quella agli Efesini ed a Filemone, in un gruppo detto omogeneo. Da questa città che Paolo non aveva evangelizzato personalmente è giunto Epafra, suo compagno di ministero e di prigionia, evangelizzatore a Colossi, e gli ha riferito informazioni positive della comunità ed in particolare l’amore nei confronti del Signore, tra loro e verso Paolo, nello Spirito Santo. All’iniziale rendimento di grazie a Dio che sottolinea la presenza delle tre virtù teologali, forza stessa della comunità, segue un bell’elogio di Epafra che lo supplisce nell’opera apostolica come autentico fondatore della chiesa colossese. Il suo nome, forma abbreviata di Epafrodito, significa «altamente desiderabile». Si sa ben poco della sua vita, ma si comprende bene da quello che dice Paolo, che amava la Chiesa nella quale è un «fedele ministro di Cristo» per gli abitanti di Colossi. È molto importante questa sottolineatura che determina la caratteristica dell’uomo di Dio chiamato a vivere la fedeltà come esigenza della sua vocazione. Come nell’amore coniugale questa caratteristica è essenziale, anche nella vocazione sacerdotale e religiosa è esigita per la natura stessa di questo amore particolare e l’efficacia della sua azione apostolica. In un tempo come quello attuale nel quale la fedeltà ad ogni livello e vocazione è diventata fluida se non opzionale, una testimonianza di questo genere elogiata dall’Apostolo, fa molto riflettere e diviene sprone efficace ed emulativo soprattutto per noi sacerdoti ed anime consacrate. P. Angelo Sardone