Mostraci il Padre Misericordioso

La semina del mattino
73. «Mostraci il Padre e ci basta!» (Gv 14,8).
Il desiderio di conoscere Dio come Padre e di gustare la sua dolcezza è insito nella natura umana ed è proprio della vita cristiana. Il bisogno arcaico dell’uomo, la sua innata esigenza di risalire alle origini e di contemplare il volto di Dio viene appagato da Cristo che è la via al Padre. Nelle sue parole e nelle sue opere si manifesta e si rivela pienamente il volto di un Padre benevolo e misericordioso che parla al cuore dei suoi figli e sempre li attende. Allontanarsi da Dio, voltargli le spalle col peccato è sempre un grave rischio: si prende la strada del fallimento, del suicidio psicologico, della cupa tristezza. Dio attende l’uomo dopo l’amara separazione ed il crollo dei suoi sogni puramente terrestri e gli va incontro quando egli decide di tornare indietro, condonandogli tutto il debito della colpa. E’ rimasto sempre sull’uscio aperto della sua casa con lo sguardo proteso all’orizzonte ed il cuore in pena ad attendere il figlio per accoglierlo e stringerlo tra le braccia. Attende perché è ricco di bontà previdente e provvidente, perché è grande nell’amore: risana e fa festa per ogni peccatore che si salva. I suoi atti di amore superano la dimensione umana meramente giuridica legata a situazioni, ad errori imperdonabili ed al loro numero. Apre costantemente gli orizzonti del cuore concedendo il perdono dei peccati dinanzi al pentimento e all’autentica conversione. Nasce allora un’atmosfera di gioia, e nell’anima si genera come una nuova creazione, una riabilitazione soprannaturale, una trasfigurazione che fa recuperare la dignità perduta di figli. P. Angelo Sardone

Il Nome di Maria

La semina del mattino
72. «Anna impose alla bambina il nome Maria» (PdG, 5).
Nel linguaggio biblico il nome indica l’essenza della persona, la sua identità. Nella Tradizione cristiana dopo il Nome di Gesù non c’è nome più dolce e soave di quello di Maria di Nazaret, sua e nostra madre. Il suo significato più comune è «dono avuto da Dio», riferito soprattutto a Gioacchino ed Anna, gli anziani suoi genitori, ma anche «raduno di tutte le grazie» (S. Luigi M. Grignon de Montfort), pioggia di grazia che scende dall’alto. Un’altra terminologia evoca Maria come «mare di misericordia e di grazia» nel quale Dio ha riversato la sua bellezza; «fortezza nelle tribolazioni», «stella» che illumina e guida la vita. «Beato e mille volte beato chi ha la fortuna di portare un sì augusto Nome, perché Maria gli darà grazie speciali; io esorto tutti i padri e le madri di famiglia ad imporre ai loro figliuoli questo Nome, ed io ho la fortuna di avere per primo nome quello di Maria. Il nome della dolcissima Madre nostra Maria, sia incremento nell’amore di Gesù Sommo Bene, del suo SS. mo Nome, di avanzamento in ogni santa virtù, di consumata santificazione, di scudo e di difesa contro tutti gli assalti del demonio e delle umane cattive volontà» diceva S. Annibale M. Di Francia. Al pronunziare il suo Nome gli Angeli si inchinano, i demoni tremano. Alla scuola di Maria si impara a vivere la propria vocazione nel servizio ai fratelli. La sua presenza nella vita dei cristiani e, soprattutto di chi ne porta il nome, è stimolo per realizzare il percorso di santificazione; è sostegno e forza nel cammino. P. Angelo Sardone

Tutto per il Vangelo

 

La semina del mattino
71. «Tutto io faccio per il Vangelo per divenirne partecipe» (1Cor 9,23).
Il Vangelo di Cristo è la «buona novella», il «lieto annunzio» che Dio trasmette all’umanità per manifestarle il suo amore, la sua Provvidenza, il suo sostegno. Non è semplicemente il testo scritto e proclamato, la lettera di amore più completa indirizzata da Dio: è la stessa persona di Gesù Cristo, presentato ed annunziato Salvatore del mondo. Ascendendo al cielo Egli lo lasciò agli Apostoli come missione, unita all’ingiunzione di fare discepole tutte le nazioni battezzandole nel nome della SS.ma Trinità (Mt 28,19). I Dodici distribuendosi nelle varie parti del mondo allora conosciuto, lo divulgarono annoverando discepoli e divenendo martiri, cioè testimoni del Vangelo, custodito fino al versamento del sangue. La Tradizione cristiana, confermata da numerosi riferimenti storici e magisteriali, attribuisce a S. Paolo una sorta di primato nell’evangelizzazione, come «apostolo per eccellenza». I primi Padri della Chiesa quando lo citano lo indicano semplicemente come «l’Apostolo». Egli fece della sua vita il Vangelo, il suo tutto, trasformando la sua esistenza in Vangelo, diffuso, difeso da insidie e proclamazioni differenti, anche se fatte da un Angelo. Il cristiano che si dice tale perchè ricopia Cristo nella sua esistenza, deve fare del Vangelo la norma fondamentale della sua vita. Anche se non vi riesce «sine glossa», come dicevano gli antichi, cioè alla lettera, con le sue radicali esigenze, senza annacquamenti e compromessi, almeno per averlo reso parte integrante del suo essere e del suo agire. P. Angelo Sardone.

Dio ama e conosce in profondità

La semina del mattino
70. «Chi ama Dio è da Lui conosciuto» (1Cor 8,3).
La conoscenza è uno degli elementi indispensabili per vivere e relazionarsi con Dio e con gli uomini. Se non si conosce non si possono fare scelte, avviare cammini, determinarsi. La conoscenza è apprendimento e comprensione di fatti, situazioni, informazioni, verità, attraverso l’esperienza. Fa parte della natura più intima dell’essere e dell’agire di Dio e degli uomini. Dante Alighieri in una celebre terzina dell’Inferno fissa nella conoscenza la vocazione più arcaica dell’uomo: «Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza» (XXVI, 120). La considerazione della propria identità, mette l’uomo nella condizione di usare la ragione per dominare i propri istinti, valutare le situazioni, conseguire la conoscenza adeguata della realtà secondo i criteri legati alla dimensione limitata di creatura. L’amore sviluppa maggiormente la conoscenza. Nella misura in cui si ama si conosce e viceversa. Dio ha la conoscenza perfetta dell’uomo. Al contrario l’uomo è soggetto al vincolo subordinato della creazione e della limitatezza conoscitiva dovuta al peccato. Amare Dio nella totalità del suo essere significa consegnarsi a Lui, entrare nel circuito di un amore grande che permea la vita e la indirizza allo scopo ultimo: la salvezza e la gloria senza fine. Chi ama Dio ha la certezza di essere conosciuto da Lui, nella sua essenza, nella sua intimità. La conoscenza, se pure limitata, che noi abbiamo di Lui, è sostegno e vita per noi. P. Angelo Sardone

Solo Dio serve e basta!

La semina del mattino
69. «Passa la figura di questo mondo» (1Cor 7,31).
Il ritmo dell’esistenza umana oltre che di impegni legati alla propria personale vocazione, è costituito, soprattutto oggi, da programmazioni, verifiche, scadenze e proiezioni. Sembra come se il futuro appartenga alle capacità che ha l’uomo di saperlo determinare secondo calcoli e previsioni. Si fatica, ci si impegna, si incontrano difficoltà, si accumulano gioie e speranze. I tempi tristi si alternano con quelli sereni ed appaganti. Gesù con un sottile insegnamento fa quasi un esame della situazione di oggi, come quella di sempre, guardando al futuro: «Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti. Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà» (Lc 17, 26-30). Una lettura attenta della pagina evangelica induce a riflettere seriamente sul senso della vita, soprattutto quando essa è condotta nella superficialità o nel mero meccanicismo evoluzionista ed economico. I Santi insegnano ad affrontare la vita col senso e la fiducia nella Provvidenza, tenendo conto che tutto passa. «Niente ti tubi, nulla ti spaventi. Per chi ha Dio nulla manca. Solo Dio basta!» (S. Teresa). Non è semplicemente un canone musicale, ma una grande e vera realtà. P. Angelo Sardone

Maria SS.ma Bambina

La semina del mattino
68. «Anna, si parlerà in tutta la terra della tua discendenza» (PdG, 5).
«Anna partorì e domandò alla levatrice: “Che cosa ho partorito?”. Ella rispose: “Una bambina”. Quando furono compiuti i giorni, Anna si purificò, diede poi la poppa alla bambina e le impose il nome Maria». Così il Protoevangelo di Giacomo descrive la nascita di Maria Santissima. Si tratta di un testo apocrifo, cioè non ritenuto ispirato e non annoverato nella Bibbia, ma evocativo della festa odierna della Natività di Maria sulla cui devozione ha influito. Il Signore premia la fiducia e la richiesta accorata dei genitori Gioacchino ed Anna che non avevano figli e ormai data l’età, non ne avrebbero potuti avere. Una tenera e filiale devozione alla Madonna ha segnato l’intera vita di S. Annibale. Essa si specificò in forma singolare nei riguardi di Maria Bambina, per la quale andava pazzo. In ogni Casa religiosa voleva la statua della Madonna Bambina, la festa solenne preceduta da una novena, la veglia la notte della vigilia, e la sera concludeva il tutto con la processione per tutta la casa. Era la dolce poesia del suo cuore: ne parlava con l’ingenuità di un bambino e con la sapienza dell’adulto conduceva spiritualmente i piccoli, i religiosi e le suore a visitare la neonata Maria. La notte dell’8 settembre animava la veglia per la Natività di Maria SS.ma celeste Bambinella, invitando a trasportarsi in spirito mezz’ora prima della mezzanotte attorno alla casa di S. Anna, e qui ad attendere in preghiera la nascita. Poi si entrava, si contemplava la Bambinella in fasce in braccio a sua madre e la si venerava cantando le sue lodi. Maria Bambina lo premiò apparendogli il 31 maggio 1927, il giorno prima della sua morte. P. Angelo Sardone

Il bene immenso

La semina del mattino
67. «Vi ho scritto per farvi conoscere l’affetto immenso che ho per voi» (2Cor 2,4). Una eccellente mediazione umana di relazioni e condivisione è la pratica dello scritto. Insieme con quanto viene detto, costituisce un elemento importante di comunicazione diretta e che rimane. «Ciò che ho scritto, ho scritto» disse Pilato (Gv 19,22). L’azione manuale permette di fissare pensieri e considerazioni, offrire indicazioni e percorsi, esortare e testimoniare, lasciare un segno. Mente e mani diventano un tutt’uno; il pensiero fluisce e si materializza nei caratteri convenzionali che compongono le parole ed esprimono i pensieri, i sentimenti. Il bene ed il male, l’amore e l’odio, i progetti, le esortazioni e le attestazioni di amore, passano attraverso questa mediazione. Era grande, immenso l’affetto che l’apostolo Paolo nutriva nei confronti dei cristiani da lui evangelizzati e formati. Per questo o prima o dopo le sue visite, indirizzava loro delle lettere nelle quali oltre l’altissimo contenuto teologico, riversava la ricchezza dei suoi sentimenti. Non si trattava di convenzione, ma erano vere espressioni di trasporto umano ed affettivo avvalorato ancor di più dall’amore di Dio che sorpassa ogni conoscenza. Eppure poteva sembrare un uomo apparentemente schivo e distante. Il mio affetto sacerdotale è immenso. Il limite del pudore e della sacralità dei sentimenti, non sempre permette l’esplicitazione, con termini appropriati, della portata interiore e reale dell’affetto. I sentimenti e le parole rimangono perle preziose donate ad intenditori ed a coloro che vogliono usufruire del loro valore. P. Angelo Sardone

Seminare abbondantemente

La semina del mattino
66. «Chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà» (2Cor 9,6).
È una legge di natura. Ma è anche conseguenza di una azione superficiale, di un impegno non adempiuto, di pigrizia, di superficialità. Per raccogliere con abbondanza bisogna seminare tanto. Per farlo bisogna avere il seme. Può essere quello ricavato dalla mietitura della stagione precedente conservato nei granai, o quello acquistato dai commercianti. La natura, poi, è una maestra straordinaria che si attiene alla legge impressa dal Creatore, ma spessissimo oltraggiata dal dissesto ambientale e da irresponsabilità e interventi dissennati dell’uomo. Se la stagione è favorevole, se non mancano le piogge, se il campo è stato sufficientemente preparato e coltivato, il contadino potrà raccogliere con abbondanza quello che semina. La metafora adoperata da S. Paolo per stimolare la colletta di carità a favore dei poveri di Gerusalemme, si addice bene alla realtà spirituale, dove il tempo della semina non è stagionale, ma continuo. Ogni momento è buono per spargere con generosità ed accortezza il seme della Parola, della condivisione, degli affetti, degli insegnamenti, della carità. Nel linguaggio evangelico il seme della Parola di Dio gettata con abbondanza nei cuori e nelle vite dei fedeli porta molto frutto. L’impegno, il servizio, il dono, la generosità, la condivisione, la profondità, la responsabilità, premiano sempre. In ogni campo: lavoro, studio, professione, missione. Se nella vita vuoi raccogliere tanto, semina il bene con abbondanza e verso tutti! P. Angelo Sardone