«Il re si mise a letto e cadde ammalato per la tristezza, perché non era avvenuto secondo quanto aveva desiderato» (1Mac 6,8). L’arroganza e la superbia di Antioco IV si scontra con la realtà che non sempre riserva il profitto ed il raggiungimento degli obiettivi prefissi. Le sue vittorie ed il suo dominio accecato dal desiderio del possesso di città e beni materiali arriva al capolinea quando non riesce nell’intento e viene vilmente rigettato, costretto a tornarsene a Babilonia sconfortato e depresso. Il mancato raggiungimento del suo scopo vittorioso, lo fa ammalare e lo costringe a letto. Fa memoria della sua vita valutando la sua fortuna, le sue vittorie ed i trofei, al contrario di ora che ha grave tribolazione e terribile agitazione. Si rende conto però dei mali commessi a Gerusalemme e delle spedizioni punitive senza alcuna ragione contro Giuda. Comprende che ciò che sta vivendo è il risultato conseguente degli atroci mali commessi. La sua fine è irreparabile: muore triste in un paese straniero. Il racconto storico si muove sulla falsa riga di quanto anche lo storico greco Polibio aveva anche scritto definendolo “abile in battaglia ed ardito nei suoi progetti”. Tutto finisce. Anche la gloria e l’ambizione di un re si scontrano con la delusione di progetti non realizzati e di forze maggiori delle proprie capacità volitive e di fatto. La chiusura in se stessi e la facile depressione costringono dentro un letto di frustrazioni e di buio impenetrabile. La grazia di Dio ed il sostegno vigile ed intelligente di medici e sacerdoti possono curare ed alleviare uno stato così provato di morte anzitempo. P. Angelo Sardone