«Rivestiti dello splendore della gloria che ti viene da Dio per sempre» (Bar 5,1). Le attenzioni dei profeti sono rivolte a Gerusalemme. I motivi sono diversi: è il centro della fede e del culto del popolo; da essa verrà la salvezza col Bambino che nascerà e che come Servo di Jahwé darà compimento alla volontà del Padre donando la sua vita. Soprattutto nella Comunità ebraica della dispersione, la cosiddetta “diaspora” la vita religiosa e di fede era mantenuta attraverso i rapporti con la città santa, Gerusalemme, avendo come mezzi la preghiera, l’osservanza della legge, i sogni messianici colmi di benedizione. Le vesti del lutto e dell’afflizione testimoniano la sofferenza per la deportazione in Babilonia e la perdita della libertà, senza speranza di restaurazione. Il profeta Baruc, compagno ed amanuense di Geremia, nel libro che porta il suo nome, invita il popolo ed in particolare Gerusalemme a rivestirsi invece dello splendore della gioia che viene direttamente dal Signore. I tempi calamitosi e duri dell’esilio saranno superati dalla luce nuova della liberazione e della gloria che verrà con la misericordia e la giustizia. E ciò sarà per sempre. In un tempo nel quale con molta facilità e leggerezza si abbandona il certo per l‘incerto anche nella dimensione di fede, nel quale si fa guerra anche a livello europeo a tutto ciò che richiama radici cristiani e sentimenti che per millenni hanno regolato la vita e l’opera degli uomini di tutto il mondo, bisogna riscoprire e valorizzare queste indicazioni che superano di gran lunga, anche nell’impatto sociale, il sentire malsano di certe correnti che sanno di barbaro, se non di diabolico. P. Angelo Sardone