«Gli furono dati potere, gloria e regno; il suo potere è eterno e il suo regno non sarà mai distrutto» (Dan 7,14). La sezione apocalittica del libro di Daniele si colora di immagini e segni propri di questo filone letterario e teologico da lui inaugurato. Nelle sue visioni notturne il profeta vede quattro bestie differenti l’una dall’altra che salgono dal mare: un leone con ali di aquila che si trasforma in uomo, con cuore umano; un orso vorace al quale viene comandato di divorare molta carne; un leopardo potente con quattro ali d’uccello sul dorso e quattro teste ed infine una bestia diversa da tutte le altre, spaventosa, terribile, con dieci corna, dotata di forza straordinaria che divorava, stritolava, calpestava. Di contro tra una serie di troni, spunta un vegliardo con una veste candida come la neve, i capelli candidi come la lana seduto su un trono di fuoco che scorreva ed usciva davanti a lui. Come davanti ad una corte inizia il giudizio: le bestie sono sbaragliate e distrutte. Ad un essere soprannaturale simile ad un figlio d’uomo presentato al vegliardo, sono concessi potere eterno, gloria e regno imperituro con la servitù di tutti i popoli di ogni lingua. Non si può far nulla contro il potere di Dio: il potere umano che non si sottomette a Dio risulta crudele, miserabile, inconsistente, anche se appare fermo, deciso, implacabile ed intramontabile. Questo potere Dio l’ha conferito a Gesù Cristo. Questa non è una favola mitologica artificiosamente inventata, ma una realtà che Egli ha incarnato nel mistero della sua vita, morte e risurrezione coinvolgendo gli uomini in questa avventura senza fine. P. Angelo Sardone