«Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione lo celebrerete come un rito perenne» (Es 12,14). La liturgia della Parola giornaliera spesso non riporta la lettura sistematica del testo sacro. Lo scopo è quello di proporre avvenimenti e tematiche di grande senso in un quadro compiuto. Dopo essere apparso a Mosè, Jahwé gli ingiunge di tornare in Egitto, di parlare agli anziani, di comunicare loro il fatto nuovo della rivelazione del suo nome e di cominciare a pianificare l’esodo dall’Egitto. Mosè obbedisce: da Madian ritorna in Egitto, si presenta al faraone insieme con suo fratello Aronne, il suo profeta, ma risultano inutili le richieste di lasciar partire il popolo. Anzi l’ira del faraone si fa più dura e si moltiplicano le angherie contro gli Ebrei. Interviene il Signore con le cosiddette piaghe d’Egitto nel tentativo di persuadere il faraone ad acconsentire alla richiesta. Non valgono le straordinarie gesta di Mosè: dall’acqua cambiata in sangue, dalle rane alle zanzare, dai mosconi alla mortalità del bestiame, dalle ulcere alla grandine, dalle cavallette alle tenebre. L’ultima piaga sarà la morte dei primogeniti di Egitto, elemento determinante che convincerà il faraone a lascarli andare. Nel frattempo Jahwé dà istruzioni ben precise sulla celebrazione della Pasqua che segnerà l’evento della liberazione. Secondo l‘etimologia più probabile del termine “pasqua”, Jahwé salta le case degli Ebrei i cui stipiti sono sporcati dal sangue dell’agnello. Tutto prepara la Pasqua di Gesù di Nazaret che, vero agnello, si offre al Padre ed il rito rimane per sempre come memoriale, cioè riattualizzazione. P. Angelo Sardone