Questi, sono giorni di riflessione. Non sempre l’angoscia e la paura permettono di fermarsi e pensare; ma la mente considera, cerca di trovare la causa di ogni cosa, s’industria ad elaborare soluzioni per tenersi sotto controllo e non rischiare di soccombere. Non è facile: «Riflettevo per comprendere: ma fu arduo agli occhi miei, finché non entrai nel santuario di Dio e compresi» (Sal 72, 16-17). L’allontanamento da una vita sociale fatta di relazioni reali, non virtuali, di movimento a volte frenetico, di doveri scolastici, di impegni lavorativi, di servizio pastorale, ci ha relegati forzatamente nelle nostre abitazioni ed in nuove dinamiche di rapporti con noi stessi e con quelli che sono più vicini. C’è di mezzo il conseguimento di un bene maggiore, il bene comunitario oltre che personale, il senso civico del rispetto delle norme, il senso morale della coscienza e dell’obbedienza. Questo nuovo stato di cose ha stravolto le abitudini giornaliere e costretto a fare sosta. Quando ci si ferma, si rientra in se stessi, si va nella profondità del proprio essere, nella stanza più intima del cuore, ci si ritrova, si incontra Qualcuno. Da questo incontro nasce la speranza: la preghiera fortifica, la solitudine si riempie di presenza, lo scoraggiamento si anima di ottimismo, la fede consola e sorregge al di là di segni e prodigi. La speranza del futuro nasce da un abbandono fiducioso, ma non facile, nel Signore che «crea nuovi cieli e nuova terra, fa gioire per quello che sta per creare, per la gioia, per il gaudio» e mette a tacere le «voci di pianto, le grida di angoscia» (Is 65, 17 passim). Questa è consolazione e speranza che non nasce solo dalla riflessione umana o da un ripiegamento rassicurante ma è, prima di tutto, dono di Chi dall’alto guarda, guida ed amministra con amore la vita di ogni sua creatura. P. Angelo Sardone