«Dio concesse a questi quattro giovani di conoscere e comprendere ogni scrittura e ogni sapienza, e rese Daniele interprete di visioni e di sogni» (Dn 1,17). Daniele è uno dei quattro profeti scrittori maggiori, detti tali per la consistenza del libro loro attribuito. La sua vicenda si svolge a Babilonia alla corte dei re Nabucodonosor lo stesso che aveva saccheggiato Gerusalemme e condotto schiavi gli ebrei, Baldassarre e Dario il Medo. È tra i quattro giovani di nobile famiglia ebrea, «senza difetti, di bell’aspetto, dotati di sapienza, intelligenti ed istruiti», fatti scegliere dal re per essere addestrati per tre anni nella cultura caldea, lingua e scrittura ed entrare poi al suo servizio. Dovevano essere trattati con grande dignità e rispetto, godendo delle vivande prelibate della sua mensa. Si chiamavano Daniele, Anania, Azaria e Misaele. I giovani non volevano affatto contaminarsi con le vivande regali contenenti prodotti che mai un ebreo avrebbe mangiato per cui, trovando il favore del sovrintendente, furono cibati di verdura ed acqua. Il Signore che vegliava anche su questa decisione permise che i quattro, terminato il tempo della prova, fossero trovati sani alla pari degli altri, e furono ritenuti dieci volte superiori a tutti gli altri giovani presentati per essere ammessi al servizio del re. Daniele poi era superiore a tutti per sapienza. La fedeltà agli impegni di fede non è negoziabile con qualsiasi altra allettante proposta. Nel mondo attuale, nel quale facilmente si cede a qualsiasi altra forma di adesione e di comportamenti allettanti e leggeri, la testimonianza dei giovani ebrei diviene un solido insegnamento di coerenza, perché la fiducia nel Signore fa vedere strepitosi miracoli. P. Angelo Sardone