«A ciascuno di noi è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo» (Ef 4,7). La liturgia odierna celebra la festa di S. Matteo, apostolo ed evangelista. Parlando della sua chiamata è l’unico che riporta il suo primo nome, Matteo, il pubblicano e peccatore. Gli altri evangelisti lo chiamano Levi. L’incontro con il Signore Gesù e la sua misericordia gli ha cambiato la vita: è rinato da un’esistenza egoista che ruotava attorno alla sua professione di esattore delle tasse asservito ai Romani. L’economia della sua vita era basata sul guadagno, a volte anche disonesto, rimproverato dai suoi conterranei che lo consideravano alleato dei dominatori. Gesù ha un conto da saldare con lui. Va ad incontrarlo direttamente al banco delle imposte e non si perde in parole, gli dice soltanto «seguimi!». In quell’incontro, nello sguardo amorevole di Cristo c’è tutto un condensato di grazia, perdono, misericordia e di amore che lo chiama alla sequela. Lo squarcio di luce intensa penetra nel suo cuore e nella sua anima mettendo in luce la realtà di grazia che il Maestro gli offre ed eludendo il buio della sua riprovevole condizione morale e relazionale. Gesù gli dice semplicemente «seguimi», cioè «imitami». E lui, docile, si alza e lo segue senza proferire parola. Il Vangelo annoterà il pranzo da lui preparato per il maestro. Sarà l’esemplificazione della nuova vita intrapresa staccandosi a quella antica, con disagio di comprensione da parte di tanti. La scelta e la sequela di Cristo comporta un cambiamento radicale lasciando al passato ciò che è passato, compresi ricordi, testimonianze, nostalgie, ed affidandosi unicamente alla grazia che ha reso nuova l’esistenza. Auguri a tutti coloro che portano il nome di Matteo, che dall’ebraico significa «dono di Dio». P. Angelo Sardone