«Pel Rogate non diciamo nulla: vi si dedicò; o per zelo o fissazione, o l’uno e l’altro». Così, in forma decisa e chiara, scriveva di se stesso S. Annibale M. Di Francia nell’autoelogio funebre che approntò per evitare che altri potessero esagerare negli elogi. Come era suo costume, calcò tanto sui suoi difetti, ma nella sua semplicità e sincerità, in riferimento al carisma del Rogate, ossia la preghiera e l’azione per le vocazioni, non poté non affermare che questa straordinaria verità. Era mercoledì 1° giugno 1927, alle ore 6.30 del mattino, quando in Contrada Guardia, la residenza estiva delle suore Figlie del Divino Zelo, ad una dozzina di chilometri da Messina, all’ombra del santuario mariano omonimo, dopo una notte insonne e sofferente, all’età di 76 anni, chiudeva la sua giornata terrena. Per volere dei medici si era lì trasferito il 9 maggio per godere dell’aria salubre nel tentativo di rimettersi in salute. Ma così non fu. Trascorsero 22 giorni ed il mistero della morte si compì proprio all’inizio del mese successivo, dopo che il 31 maggio a prima mattina, aveva goduto dell’apparizione della Madonna Bambina che veniva ad aprirgli le porte del Paradiso. Un vecchietto del luogo affermò candidamente: «Si è chiusa la bocca che non disse mai no!». Alle 21.30, dopo una giornata intensa di emozioni e di dolore, il feretro portato a spalla per la fiumara nella via litoranea, sopra una camionetta raggiunse il santuario di S. Antonio in Messina e fu collocato sopra un catafalco. Tutti poterono ammirare «il santo che dorme». Da allora quel giorno ha segnato la storia rogazionista, divenendo commemorazione annua e, dalla sua beatificazione prima e dalla canonizzazione dopo, il giorno della festa dell’Apostolo della preghiera per le vocazioni e Padre degli orfani e dei poveri. P. Angelo Sardone