«Nessuno era bisognoso: quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli e distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno» (At 4,34-35). La vita della prima comunità di Gerusalemme è scandita oltre che dalla preghiera da una organizzazione sociale e spirituale. Alla comunione dei cuori e delle anime, si aggiungeva quella dei beni materiali. Infatti i primi cristiani pur non rinunziando al possesso dei loro beni, erano pronti a metterli a disposizione dei bisognosi o li vendevano per andare incontro alle necessità di coloro che non ne avevano. Si viveva così la vera comunione fraterna che non era solo questione organizzativa, ma soprattutto spirituale. Era infatti la vita nuova nello Spirito che determinava queste scelte che risultavano anacronistiche se non assurde agli occhi dei pagani. Veniva infatti dato un valore relativo a tutto ciò che si possedeva per rendere partecipe anche i meno fortunati. Ecco perché la constatazione riportata da Luca è inequivocabile: nessuno era bisognoso. Ciò adempiva quanto già nel libro del Deuteronomio era riportato: «Non vi sarà in Israele alcun bisognoso!» (Dt 15,4). Gli Apostoli poi, inizialmente, erano gli amministratori fidati di quanto veniva loro consegnato con generosità e liberalità perché tutto era distribuito secondo le reali necessità, senza imbrogli e parzialità. L’insegnamento e l’annuncio del Vangelo da parte degli Apostoli corre di pari passo con la direzione delle attività dei credenti. Oggi, in una società ricca di poveri, abbiamo bisogno di tornare a questi elementi, pur nella discrezione di chi dona e di chi riceve, per rendere attuale, nonostante le contraddizioni e gli scandali, la verità del Vangelo che supera le miserie umane e gli interessi egoistici. P. Angelo Sardone