«Entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; e l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, eccolo venire» (Ml 31,1). L’immagine del Precursore del Signore evocata dal profeta Malachia, identificato in Elia ed applicato da Matteo a Giovanni Battista, nuovo Elia, designa il Signore Gesù che oggi è celebrato nella Festa della sua Presentazione al Tempio di Gerusalemme. Ciò avviene a distanza di 40 giorni dalla celebrazione del Natale, secondo la consuetudine imposta dalla legge mosaica che prescriveva la purificazione rituale della madre dopo il parto ed il riscatto del figlio. La legge, riportata nel libro del Levitico, riteneva infatti impura la donna dopo il parto, 40 giorni se si trattava di un figlio maschio e 80 di una femmina. Terminato questo tempo doveva presentarsi al sacerdote per il rito espiatorio, sacrificando un agnello con un colombo o una tortora. Nel caso si trattasse di povera gente, bastavano due colombi e due tortore (Lv 12,1-8). Osservanti della legge, Giuseppe e Maria si recarono al Tempio per offrire il bambino Gesù al Signore ed attuare il suo riscatto. A Gerusalemme li accolsero il vegliardo Simeone quasi alla soglia della morte e la profetessa Anna anch’essa molto avanzata in età. Entrambi pronunziarono oracoli sul Bambino. In particolare Simeone, prendendolo tra le braccia, lo esaltò come «luce per illuminare le genti, gloria del popolo Israele». L’ingresso di Gesù al Tempio che evoca il suo incontro con Dio Padre, nella tradizione cristiana orientale era detto «ipapante», cioè «incontro». In quella occidentale, a partire dal secolo VI, fu caratterizzata dalla benedizione delle candele, portate accese nella processione penitenziale in onore di Cristo «luce che illumina le genti» (Lc 2, 32), donde poi il nome di Candelora. P. Angelo Sardone