«O stolti Gàlati, chi vi ha incantati? Proprio voi, agli occhi dei quali fu rappresentato al vivo Gesù Cristo crocifisso!» (Gal 3,1). Anche Paolo apostolo aveva i suoi sfoghi di apparente intemperanza ed impazienza. Ma a tutta ragione. La predicazione in Galazia aveva richiesto da parte sua enormi sacrifici, rinunzie e soprattutto era stata condotta coi parametri della verità e della coerenza. Non si trattava di un solitario che brandiva un’arma con la quale intendeva instaurare un nuovo regime di fede assoluta, ma di una sollecitazione profonda frutto dello spirito che animava tenacemente la sua fede e lo induceva a trasmettere quanto aveva ricevuto, basato sulla Scrittura e sulla sua personale esperienza. Le maggiori difficoltà prima di tutto le aveva trovate nei predicatori avventizi che si erano a lui sostituiti e che insistevano su una fedeltà assoluta alla legge mosaica ed alla circoncisione a tutti i costi. Le difficoltà poi si riverberavano sugli stessi Galati, insultati in maniera ferma con l’appellativo di “stolti”, perché si erano lasciati facilmente ammaliare dai predicatori di occasione: ad essi peraltro augura di andare a farsi castrare, perché non tenevano conto di quanto avevano ricevuto con solidità di dottrina e soprattutto, ispirati dallo Spirito che guida i passi della Chiesa nell’opera della prima evangelizzazione. La storia si ripete. Anche oggi ci sono predicatori avventizi che pur di far proseliti annacquano il vangelo di Cristo: non sempre però la reazione da chi di dovere è così ferma come quella paolina. Talora una sorta di paura o di eccessiva tolleranza può favorire anche nelle comunità cristiane l’insorgere di dottrine accomodanti o modi di fare che richiamano in maniera ossessiva ed anacronistica un passato ormai superato ed obsoleto. P. Angelo Sardone