«Stabat Mater dolorósa iuxta crucem lacrimósa, dum pendébat Fílius». L’inizio della celebre sequenza attribuita al frate francescano Jacopone da Todi, scritta fra 1303 e il 1306, è una tra le più belle rievocazioni dell’odierna memoria liturgica di importante rilevanza dottrinale e pastorale, la Beata Vergine Maria Addolorata. Maria di Nazaret, la donna del dolore, accanto al suo figlio Gesù fu partecipe della sua passione. I dolori già sentenziati dal santo vecchio Simeone nel segno della spada che le avrebbe trafitto l’anima (Lc 22,35) e che in un certo senso «scavava nella sua vita i gradini della via crucis» (Papa Francesco), si concretizzarono nella vita pubblica di Gesù ed ancor più nel mistero della sua passione e morte. La Tradizione popolare cristiana ne ha identificati sette, espressi nell’iconografia e nella statuaria dalle sette spade che solitamente sono collocate nel petto di Maria Addolorata e che corrispondono a sette episodi evangelici. Non si può rimanere indifferenti dinanzi al volto pallido e pietoso di Maria, alle sue mani strette sul cuore quasi a dire: «Compatitemi, io sono stata la madre più afflitta, più addolorata che mai ci sia stata» (S. Annibale). La Vergine è la desolata: in Lei si concentra e si appoggia il dolore dell’intero universo per la morte del Figlio e si esprime con la bellissima immagine della Pietà, la Madre che sorregge sul grembo il Figlio morto. Maria continua a piangere ancora oggi, nonostante i suoi ripetuti richiami in diverse apparizioni, per lo smarrimento dei suoi figli ed il persistente peccato dell’umanità ed è sempre presente nella vita della Chiesa e dei suoi figli a Lei affidati da Cristo morente sulla croce. P. Angelo Sardone