«Quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per confondere i forti» (1Cor 1,27). La logica di salvezza attuata da Dio è paradossale: segue la legge del contrario. La stoltezza confonde la sapienza; la debolezza scompagina la fortezza; il nulla confonde il tutto. L’unico vanto è Dio e la sua forza. Di questo ne era consapevole S. Monica di Tagaste (331-387), la madre di S. Agostino, «donna di fede virile, di assennata gravità, di cristiana pietà e materna carità» (S. Agostino), determinata e contemplativa. Lo studio della Scrittura e la crescita nella fede cristiana la preparò non solo alla precoce vedovanza ed alla responsabilità verso i suoi tre figli, ma anche e soprattutto ad affrontare con rispetto e discrezione la vicenda umana dell’estroso Agostino proiettato alla ricerca della verità attraverso l’adesione pluriennale all’eresia manichea, la strada della conoscenza e poi l’approdo a Gesù Cristo attraverso il Battesimo. Nella quiete di Ostia prima del ritorno in patria dona conforto ed edifica con garbo e dolcezza il figlio che ha generato per la seconda volta nella fede e che è ormai conquistato da Cristo, testimoniando una maternità di grande intensità spirituale, fecondata dalle numerose lagrime versate. Questa impronta rimase indelebile nella vita del figlio e segnò profondamente il seguito della sua vita di asceta e vescovo di Ippona. La testimonianza di Monica può essere insegnamento alle mamme di ogni tempo, soprattutto quando devono insistere e lottare per la buona riuscita dei loro figli, sapendo attendere e gettando nel cuore di Dio con la preghiera e le lagrime le richieste e le attese di bene. P. Angelo Sardone