«Essi non ascoltarono, anzi resero dura la loro cervìce, come quella dei loro padri, che non avevano creduto al Signore, loro Dio» (2Re 17,14). La storia del popolo di Israele è complessa. La Bibbia la descrive in tutta la sua trattazione, e particolarmente, nei cosiddetti libri storici. Si tratta della storia di amore di Dio cui segue sistematicamente l’infedeltà del popolo. Se il popolo è fedele al Signore ed osserva l’alleanza è benedetto. Se non l’osserva è castigato. La divisione del regno in due parti segue anche il corso dell’andirivieni tra fedeltà a Dio ed allettamento degli idoli, non solo materiali ma anche legati al potere ed al vassallaggio nei confronti di altri re. È il caso del regno del Nord. Il re dell’Assiria marcia contro il re Osea e dopo tre anni di assedio, il 721 a.C. espugna la capitale Samaria. La ragione è chiara: il popolo aveva peccato contro Dio ed aveva temuto altri dei costruendo pali sacri ed allontanandosi dal vero Dio. Le ragioni storiche si confondono ed esplicano con quelle teologiche. Israele ha fatto sempre fatica a stare a bada del suo popolo. La storia continua anche oggi, laddove il facile allettamento dei richiami seducenti di una vita godereccia e leggera, induce più facilmente anche tanti cristiani a seguire perverse tendenze illusorie di benessere effimero ed inconcludente. Il risultato è sempre lo stesso: lo sfacelo, la disgregazione, il ripiego su se stessi, il vuoto. Una cervice più malleabile alla fede ed all’accoglienza della Grazia rende veramente autonomi ed intelligenti nel distinguere ed accogliere il vero Dio che opera meraviglie, dà sostegno e fa nuove tutte le cose. P. Angelo Sardone