I santi martiri coreani
«La casa di Dio è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità» (1Tim 3,15). Particolarmente ricco di dottrina ecclesiologica è questo versetto col quale S. Paolo avverte Timoteo su come comportarsi nella casa di Dio, la Chiesa. Essa è molto grande: chi la guida deve conoscere bene l’arte del servizio ecclesiale per evitare che ci si improvvisi come capi. La Chiesa è casa dove Dio abita ed incontra i suoi figli. Ma é anche robusta, perenne e stabile: ciò è dato dalle verità che essa proclama. Non c’è pienezza di verità se non nella Chiesa di Dio. Su queste verità si è fondata la testimonianza cruenta dei martiri coreani 103 (10 stranieri, 3 vescovi 7 sacerdoti, catechisti e fedeli), tra cui Andrea Kim Taegon, il primo presbitero coreano ed il laico Paolo Chong Hasang. Di essi si celebra oggi la memoria liturgica. A partire proprio da un laico, nel 1784 la fede cattolica si era impiantata nel paese e fu sottoposta a tante persecuzioni che determinarono al contrario uno sviluppo significativo dei cristiani e la fede che era ritenuta dal governo un’autentica “follia”. Secondo ricostruzioni storiche e biografiche nelle persecuzioni perirono più di 10.000 martiri. Il martirio ed i martiri cristiani non sono solo un fenomeno dei primi tempi del cristianesimo ma una realtà che continua anche oggi in tutto il mondo. Centinaia e centinaia di cristiani sono torturati, massacrati, le chiese incendiate, vescovi e sacerdoti vessati da autorità senza scrupoli. Vince sempre la costanza nella fede ed il coraggio indomito di uomini e donne che credono davvero e con la loro testimonianza ed il martirio, come diceva Tertulliano, sono seme di nuovi cristiani. P. Angelo Sardone