Santa Rosalia, la “santuzza”
«Noi verremo rapiti insieme con loro nelle nubi, per andare incontro al Signore in alto, e così per sempre saremo con il Signore» (1Ts 4,17). Il problema dei morti era vivo presso la comunità cristiana di Tessalonica e destava afflizioni diverse. S. Paolo afferma che coloro che sono morti, per mezzo di Gesù Dio li condurrà con sé. Inoltre, resuscitando, essi saranno raggiunti da noi e condotti all’incontro col Signore ed al giudizio, inizio del nuovo ed eterno regno. Oggi si fa memoria di S. Rosalia, una vergine eremita del XII secolo, patrona della città di Palermo. Non ci sono notizie biografiche certe e tante sono avvolte nella leggenda, anche se sono stati rinvenuti documenti dai quali risulta che già dal 1196 veniva chiamata Santa Rosalia. Nobile di nascita, in un periodo nel quale era stato inaugurato in Sicilia da parte dei Normanni il rinnovamento cristiano, lasciò gli agi della corte e si ritirò in contemplazione e preghiera in una grotta sul monte Pellegrino, a Palermo, cibandosi del necessario e lì morì il 4 settembre 1160. Nel corso di una terribile epidemia di peste nel 1624, apparve in sogno prima ad una donna ammalata e poi ad un cacciatore, indicando loro il luogo delle sue reliquie e chiedendo di portarle in processione nella città. A seguito del gesto la città fu liberata dal contagio ed i malati guarirono. Tuttora in Sicilia viene invocata come la «santuzza». Il suo nome è composto da due fiori, la rosa ed il giglio (in latino lilium) che indicano allo stesso tempo bellezza e purezza. Auguri a tutte coloro che portano questo bel nome, particolarmente diffuso in Italia e beneficiano della protezione di una santa che ancora oggi attrae pellegrini e devoti. P. Angelo Sardone