Mosè e S. Rocco
«Questa è la terra per la quale io ho giurato ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe. Te l’ho fatta vedere con i tuoi occhi, ma tu non vi entrerai!» (Dt 34,4). Ad una frettolosa lettura sembra spietata la conclusione di Jahwé nei confronti di Mosè e della fine della sua vita. Quando il popolo d’Israele giunse al monte Nebo il Signore lo fece salire sulla cima del Pisga, di fronte a Gerico e gli mostrò tutta la terra promessa confermando il suo giuramento. Erano passati quarant’anni dall’uscita dall’Egitto tra stenti, fatiche, battaglie, stanchezza, infedeltà da parte di tutti, compreso anche Mosè. Alle acque di Massa e Meriba proprio lui aveva avuto un tentennamento e non si era fidato ciecamente di Dio, battendo due volte alla roccia dalla quale era scaturita l’acqua. Ora ne raccoglieva la conseguenza. Dinanzi ad un uomo umile che si era sobbarcato l’immane fatica di condurre un popolo difficile da amministrare per un lungo lasso di tempo ed un cammino impervio, la fine della vita potrebbe sembrare ingiusta e senza un minimo di riconoscenza. Anche una trama avvincente come quella dell’Esodo avrebbe forse meritato una conclusione diversa con l’ingresso nella Terra Promessa ed il riposo meritato. Invece non fu così. Sarà che era anziano e che quindi naturalmente doveva andare incontro alla morte; sarà che la giustizia di Dio voleva offrire un esempio per tutti i tempi. Mosè vide tutta la terra promessa ma non vi entrò. Le considerazioni in merito possono essere tante e giuste. Lì morì e fu sepolto. Della sua tomba se ne è perduto il ricordo. «Imperscrutabili misteri di Dio», avrebbe detto S. Annibale M. Di Francia. Con Dio non si scherza: il suo amore pesa quanto la sua giustizia. In tante parti si festeggia oggi S. Rocco di Montpellier (1345-1376), le cui notizie sono affidate in gran parte alla leggenda che lo ritrae dedito alla carità ed al servizio dei malati soprattutto di peste. Auguri a tutti coloro che ne portano il nome. P. Angelo Sardone