La divina misericordia
«Quelli che erano stati battezzati erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere» (At 2,42). Dopo il cammino di catecumenato gli aspiranti al battesimo ricevevano la notte di Pasqua il sacramento della rigenerazione. La domenica successiva tornavano in chiesa con la veste bianca che avevano portato per otto giorni e la deponevano. Era questa la manifestazione della loro nuova identità di figli di Dio purificati ormai dalla colpa originale e dalle colpe attuali. Si specifica così, sin dai primi secoli di vita della Chiesa, l’odierna domenica detta «in albis», abbreviativo di «in albis vestibus deponendis». I nuovi battezzati erano accolti festosamente e si inserivano nella dinamica ecclesiale caratterizzata nella prima comunità cristiana di Gerusalemme da alcuni elementi divenuti il prototipo di ogni comunità. Innanzitutto la perseveranza o assiduità, basilare per condurre una vita cristiana sistematica ed in crescita, espressa con l’utilizzazione dei mezzi di grazia messi a loro disposizione. Tra questi, particolarmente, l’insegnamento degli Apostoli, cioè la catechesi ordinata ed ordinaria, basata su kerigma, l’annuncio del mistero della morte e risurrezione di Cristo. Quindi la comunione dei beni materiali e spirituali, caratteristica tipica della comunità che permetteva di usufruire dei benefici derivanti dallo stare insieme e dalla condivisione fraterna. Di seguito l’aspetto propriamente liturgico, la frazione del pane, cioè il memoriale eucaristico e le preghiere. Si determina così lo sviluppo numerico crescente di aderenti e la stima da parte della comunità giudaica. Per volere di S. Giovanni Paolo II si celebra oggi la festa della divina misericordia da lui istituita il 1992, a compimento delle visioni avute da santa Faustina Kowalska, polacca, per evidenziare lo stretto suo legame col mistero pasquale della Redenzione. P. Angelo Sardone