Venerdì santo: sofferenza e morte
«Annoverato fra gli empi, egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli» (Is 53,12). Oggi è il giorno della Passione di Gesù, il giorno per eccellenza dell’adorazione della santa Croce. La Chiesa ricorda la morte di Cristo che ha portato la salvezza e non celebra la Messa. Nel pomeriggio la solenne azione liturgica si articola con la proclamazione della Parola ed in particolare il racconto della Passione di Gesù, l’intercessione orante per la salvezza del mondo, l’adorazione della Croce, la comunione. La prassi liturgica raccomanda che nessun altro pio esercizio deve sostituire nel suo apprezzamento questa celebrazione. Tutto il cammino della Via Crucis quaresimale, si ferma ora silente sul Calvario nella contemplazione di Cristo crocifisso e morto dopo una terribile agonia. Lo strazio della flagellazione, la coronazione di spine e le volgarità di cui fu oggetto, si fermano ora attaccate al legno della croce. Dall’alto, con gli occhi impediti dai grumi di sangue, Gesù dà un ultimo sguardo a Gerusalemme ed all’intera umanità prima di chiudere gli occhi alla vita nel mistero della sua morte come uomo. La poesia spesso non aiuta a considerare l’asprezza dei dolori ed il prolungarsi di sei lunghe ore di acerba sofferenza da quando fu crocifisso. L’oscuramento del sole e le tenebre furono un preavviso di come la terra intera si sarebbe oscurata dinanzi a questo mistero. La gente numerosissima che aveva acclamato «Osanna al figlio di Davide», ha gridato con maggiore intensità «crocifiggilo» e poi è tutta fuggita, compresi i suoi più fidati, presi dal panico, dall’incertezza di fede. Il silenzio della morte rotto da raffiche di vento e dalla lagrima divina scesa dal cielo sulla terra, accompagna questo giorno triste e cupo, aperto però alla speranza. Il segno concreto di penitenza di oggi è il prescritto digiuno pasquale con le solite modalità, per giungere con cuore libero alla gioia della risurrezione. P. Angelo Sardone